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PROVVEDIMENTI E NOMINE

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI – RAPOLLA – VENOSA

 

PROVVEDIMENTI E NOMINE

 

“Io sono la vite vera e il Padre mio è
l’agricoltore. (…). Rimanete in me e io in voi.
Come il tralcio non può portare frutto da se stesso
se non rimane nella vite, così neanche voi se non
rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci” (Gv15, 1. 4-5)

 

 

Carissimi fratelli Presbiteri,
Carissimi diaconi, religiosi e religiose,
Fratelli e sorelle,

1. in questo tempo sinodale – mentre ci apprestiamo a vivere la Visita Pastorale, che abbiamo aperto domenica scorsa 1° ottobre – per il bene della nostra Chiesa locale, affinché essa sia sempre più “comunione evangelizzatrice”, vi scrivo per comunicarvi i nuovi incarichi pastorali che ho affidato ad alcuni presbiteri della nostra Diocesi. Mi preme precisare che ogni scelta ecclesiale nasce sempre nella preghiera, dall’ascolto della realtà diocesana, che ho potuto compulsare anche lo scorso anno, incontrando i presbiteri e le comunità con la visita ai Consigli Pastorali delle singole Parrocchie. Queste scelte sono il frutto di un dialogo sereno e fraterno con i singoli presbiteri. Per questa ragione desidero ringraziare tutti ed ognuno, in modo particolare coloro che hanno dato la loro disponibilità per gli avvicendamenti.

2. Il Signore chiama tutti nella Chiesa ad un servizio generoso e disinteressato in vista dell’evangelizzazione; a noi ministri, mediante la sacra ordinazione, il Signore però chiede di non
anteporre nulla all’amore verso di Lui e al servizio ecclesiale. Questi atteggiamenti richiedono una grande fiducia nel Signore, che si serve sempre del discernimento ecclesiale per manifestare nelle circostanze concrete la sua volontà per il bene delle anime. Ogni servizio ecclesiale deve essere accolto da tutti, ministri e fedeli, in una prospettiva soprannaturale sia quando il Signore chiede un distacco doloroso, sia quando desidera che ci affidiamo alla sua grazia per avviare nuovi cammini e sia quando ci chiede di attendere. Il discernimento ecclesiale e la generosa adesione personale ad esso, però, sono possibili soltanto nella consapevolezza che è il Signore che guida il suo popolo e accompagna con premura le nostre storie. La volontà di Dio è sempre per il nostro bene; egli arricchisce noi e la sua Chiesa, attraverso l’avvicendamento delle persone, impreziosendo ogni cosa di nuovi doni e carismi.

3. In questa circostanza desidero ringraziare cordialmente tutti i sacerdoti della diocesi e tutte le comunità parrocchiali, ma in modo particolare voglio esprimere la mia gratitudine a don Felice Dinardo e alla Parrocchia del S. Cuore di Venosa per la generosa collaborazione mostrata in questo lungo tempo di attesa del nuovo Parroco, dopo l’improvvisa dipartita del carissimo don Filippo Santoliquido. E’ stato lungo il tempo di attesa, lo comprendo. Ma il Signore, che scruta i cuori conosce il mio impegno unicamente proteso alla ricerca del bene delle anime. Non sono mancate le difficoltà. Comunque tutto sia sempre per la maggior gloria di Dio.

4. Esorto i fratelli presbiteri ad accogliere i nuovi incarichi pastorali con spirito di servizio ecclesiale, con saggezza, serenità ed equilibrio, favorendo sempre la comunione e l’apertura missionaria. Pertanto, dopo attento discernimento, essendosi verificate le necessarie condizioni previste dalla disciplina ecclesiastica, avvalendomi della mia potestà ordinaria in ordine alla provvista delle parrocchie (cann. 519 – 523 del CIC), in base alla Delibera n. 17 della Conferenza Episcopale Italiana in vigore dal 1984,

NOMINO

– Parroci ad tempus certum e Amministratori Parrocchiali ad nutum episcopi, dispensando tutti dalle modalità per la presa di possesso, secondo quanto previsto dal can. 527 § 2 CIC –

I SEGUENTI PRESBITERI:

1) Don Michele Cavallo, Parroco della Parrocchia S. Cuore in Venosa;
2) P. Antonio Mario Leva, Parroco della Parrocchia di Santo Stefano Martire in Montemilone;
3) Don Samuè Francesco Pio Cripezzi, Amministratore Parrocchiale della Parrocchia S.Giuseppe in Foggiano.

I Parroci e gli Amministratori Parrocchiali uscenti, a partire dalla data odierna, cesseranno dall’Ufficio di Parroco e assumeranno quello di Amministratori parrocchiali (cfr. cann. 539-540 C.I.C.), fino all’inizio del ministero del presbitero subentrante. Sarà cura di ognuno ottemperare a quanto dispone il diritto circa l’emissione della professione di fede (can. 833, 6° CIC) e circa il giuramento di diligente e fedele amministrazione dei beni di proprietà della Parrocchia e degli enti da essa dipendenti (can. 1283 CIC).

5. Ai fedeli laici delle comunità parrocchiali, che sono coinvolte in questi avvicendamenti pastorali, chiedo di accogliere in spirito di fede, con gioia e disponibilità, i nuovi pastori, assicurando
per essi il dono della preghiera, la docilità e la piena collaborazione. In tutti, anche attraverso la Visita Pastorale, cresca la convinzione che “nella successione e nella continuità del ministero si esprime l’indole pastorale della Chiesa, in cui Cristo vive e opera per mezzo di coloro ai quali il vescovo affida una porzione del suo gregge” (Benedizionale n. 1985). A tutti e ad ognuno rinnovo il mio sincero e cordiale augurio, avvalorato dalla preghiera, affinché il Signore possa donare alla nostra Diocesi un rinnovato slancio vocazionale, per avere la gioia – nei prossimi anni – di nuovi e santi sacerdoti, così da assicurare alla nostra Chiesa diocesana il servizio ministeriale adeguato e da poter rispondere con più risorse alla cooperazione missionaria tra le Chiese.
Mentre vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, Vi benedico di cuore nel Signore Gesù, nostra unica Speranza.

Melfi, 6 ottobre 2023.

+ Ciro Fanelli
Vescovo

Mons. Ciro Guerra
Cancelliere Vescovile

Lettera decreto per le nomine 6 ottobre 2023


accordo Stellantis e sindacati 5 ottobre 2023 – comunicato del vescovo

 

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI – RAPOLLA – VENOSA

 

 

COMUNICATO

 

UN TEMPO DI FIDUCIOSA ATTESA

PER LE LAVORATRICI E I LAVORATORI

DELLO STABILIMENTO “STELLANTIS” DI MELFI

 

  1. In questo momento storico, ancora così complesso e delicato per le lavoratrici e i lavoratori del nostro territorio del Vulture-Melfese, come Vescovo, non voglio far mancare la vicinanza della comunità cristiana, profondamente preoccupata ma anche desiderosa che per essi si possano aprire concreti orizzonti di speranza. Gli echi che provengono dai recenti incontri tra Stellantis e le rappresentanze categoriali sembrano carichi di attese e foriere di un buon inizio per le attuali sorti produttive dello stabilimento di Melfi e per tutta la nostra comunità. La Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, che vive anch’essa in questo tempo – caratterizzato da una straordinaria, ma rischiosa e difficile, transizione –   disidera mostrarsi non solo presente, ma anche condividere umilmente il proprio pensiero.

 

  1. L’ora presente è un tempo di grande trepidazione che impatta sulla vita delle donne e degli uomini, delle famiglie e dei giovani in difesa del loro lavoro e in cerca di occupazione. Tutto ciò che tocca la vita delle persone, in quanto comunità cristiana, ci interessa! Per questa ragione nelle nostre scelte ecclesiali è sempre più fondamentale l’esigenza di accogliere le ragioni e le prospettive del mondo del lavoro, nella sua evoluzione; è doveroso leggere i segni più positivi e preoccuparsi delle derive e dei fenomeni di degrado e fragilità che lo attraversano, nella consapevolezza che il lavoro umano «è la chiave essenziale di tutta la questione sociale» (Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica, Laborem Exercens, 3), perché tale questione deve essere sempre orientata a «rendere la vita umana più umana» (Conc. Ecum. Vaticano II, Gaudium et Spes, 38).

 

  1. In quanto discepoli del Risorto sentiamo forte il dovere di stare dalla parte di quanti, nelle nuove condizioni dei processi tecnologici e della innovazione digitale, operano e plasmano il futuro di un’economia dove – come ripetutamente ricorda Papa Francesco – la cultura della “cura” può sostituire quella dello “scarto” e dell’indifferenza. Abbiamo tutti bisogno di un’economia che non lasci indietro nessuno e che faccia in modo che le “pietre scartate” dalla mentalità dominante diventino, invece, realmente “pietre angolari”. Siamo consapevoli che questo modo di parlare esula dal pensiero predominante: è il ‘paradosso’ evangelico, che strenuamente pone al centro l’uomo, senza compromessi ed alienazioni, che cerca di farsi carico di tante povertà da superare e che desidera promuovere molte potenzialità già presenti nel nostro territorio e in grado di essere generative di uno sviluppo pienamente umanizzante.

 

  1. Questo progetto, questa meta ed aspirazione, vogliamo che diventino la speranza di tutti, specie di chi vive le gravi problematiche del lavoro, per provare, con le ragioni della speranza – cioè con uno sguardo nuovo, vivo e vigile –   a dare alle vicende e agli sviluppi del nuovo programma Stellantis una prospettiva diversa. I nostri occhi, illuminati dalla luce del Vangelo, vogliono scrutare questo nostro tempo, controverso e drammatico per tanti nostri fratelli –   specie per coloro che sono maggiormente coinvolti nel meccanismo di un cambiamento che è ancora tutto da capire e da orientare –   per aiutarli a non rimanerne esclusi e schiacciati. Con la forza del Vangelo noi vogliamo essere compagni di strada e amici affidabili di quanti sono alla ricerca di un “futuro buono” che sappia garantire le generazioni odierne e quelle che verranno. Vogliamo essere non una struttura burocratica ed asettica, ma una famiglia che si interroga insieme a tutti coloro che si appassionano alle prospettive del bene comune e del progresso integrale della nostra comunità del Vulture e che lotta con la forza della coscienza per sostenere visioni che emancipano realmente la gente comune e aprano orizzonti concreti nella vita di tutti.

 

  1. Per la nostra terra questo è ancora, purtroppo il ‘tempo delle scelte’; tempo che per l’ennesima volta, però, noi ci auguriamo che sia realmente positivo, così come sembra, anche alla luce della direzione che dovrebbe scaturire dal recente incontro convocato da Stellantis, in uno scenario di giuste e crescenti mobilitazioni delle maestranze. Nel corso di esso si sono finalmente palesati i passaggi significativi e concreti per allocare nello stabilimento di Melfi le nuove produzioni-auto, ossia, cinque modelli concordati come previsto nell’accordo tra le parti sottoscritto il 12 luglio scorso. Questo nuovo assetto aprirebbe per lo stabilimento di Melfi una nuova centralità nel panorama dei notevoli punti produttivi dell’universo

 

  1. Gli auspici della comunità che vi lavora sembrano accolti. Ma bisogna guardare sempre in avanti e cogliere obiettivi e possibili equilibri più avanzati. Per consolidare l’occupazione e promuovere una nuova organizzazione del lavoro in grado di contenere l’esubero che si verificherà con l’ingresso dei nuovi modelli e l’uscita dei vecchi (fino al 2025). Tutto questo comporta che – oltre a non cessare di preoccuparsi dei problemi riguardanti le condizioni, i carichi di lavori e la sicurezza –  bisogna anche riuscire ad impiegare particolare attenzione e rispetto ai nuovi scenari che si ipotizzano. Proprio rispetto al su citato incontro tra le parti è bene sottolineare il peso imprescindibile che il “settore automotive” esercita sull’intera economia Regionale, della Basilicata e del Vulture in specie. A tal proposito quindi è di fondamentale importanza, a mio parere, preservare e rilanciare la centralità di Melfi all’interno del piano industriale di Stellantis. Una crisi radicale ed una caduta tendenziale dell’assetto auto di Melfi produrrebbe un indicibile tracollo dell’intera economia regionale, con effetti negativi anche in altre aree del Mezzogiorno d’Italia. Per questo la comunità produttiva dell’auto di Melfi può, di fatto, superare tutte le attuali criticità, se ci si adopera affinché, di fronte a questo tema pregnante, siano coinvolte anche le Istituzioni civili a livello nazionale.

 

  1. Dunque, nell’alveo di un progetto industriale sull’automotive per l’Italia può e deve trovare spazio anche il ruolo e la funzione dello stabilimento di Melfi e del suo indotto. Un mercato, come quello italiano, che già oggi assorbe – secondo alcuni studi –   oltre 1 milione e duecentomila veicoli prodotti dal gruppo, vede nel nostro Paese prodotte ancora e solo meno della metà della richiesta interna, che è venuta decrescendo nel decennio scorso. E’ questo un punto cruciale del confronto, che dal nostro contesto locale deve elevarsi forte. Accrescere la dimensione produttiva in Italia è fondamentale nel momento in cui si chiede al governo nazionale e a quello della Regione Basilicata, con le altre Regioni coinvolte, un impegno a sostenerne la competitività.

 

  1. Diventa strategico potenziare l’attrattività dell’area mediante nuovi interventi all’interno dei piani industriali per l’auto, aperti anche ad altri investimenti in nuovi settori produttivi. Bisogna elevare lo sguardo e guardare oltre. Serve un “Piano” per Melfi che guardi anche alle altre economie internazionali. Con queste attese e queste  domande nel cuore la Chiesa diocesana si appresta ad avviare la  Visita pastorale, favorendo anche momenti di riflessioni in tutte le comunità del Vulture-Melfese, coinvolgendo realtà comunitarie strutturate insieme ad Enti e soggetti pubblici e privati. Bisogna guardare più su, oltre quello che già abbiamo! Ce la faremo a generare insieme uno “spirito nuovo”? Saremo in grado di dar vita ad un pensiero originale, creativo, oltre le parole ed i concetti spesso abusati, per fare concretamente la differenza e non essere indifferenti alle sfide dei nuovi processi di riconversione produttiva? Riusciremo ad arrivare preparati dinanzi alle prossime sfide ai nostri assetti civili, oltre ogni distinzione di sorta?

 

  1. La spinta, etica e civica, è tutta nel credere che la speranza e il buon senso prevalgano sulle paure e i ritardi. Solo “insieme” potremo superare in maniera feconda questa fase complessa e delicata, facendo leva sul sapere e la perspicacia di tutti, radicati nella nostra memoria storica, che può farsi maestra del presente, per orientare il futuro, nella certezza che lo ‘Spirito di Dio’, che soffia dove vuole, fa vedere sempre e ovunque e per tutti “cose nuove” per edificare società che si rigenerano prevalentemente mediante un lavoro libero, creativo, partecipativo, solidale.

 

Melfi, 5 ottobre 2023

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER L’APERTURA DELL’INCHIESTA DIOCESANA SULLE VIRTÙ EROICHE DEL VESCOVO MONS. VINCENZO COZZI – OMELIA DEL VESCOVO

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

OMELIA

IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

PER LA SESSIONE DI APERTURA DELL’INCHIESTA DIOCESANA

SULLE VIRTU’ EROICHE DEL SERVO DI DIO MONS. VINCENZO COZZI

(Melfi, Basilica Cattedrale, 16 settembre 2023)

 

 

Fratelli e sorelle,

Eccellenze Reverendissime,

Mons. Rocco Talucci, Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni

e Mons. Francesco Sirufo, Arcivescovo di Acerenza e Segretario della Conferenza Episcopale di Basilicata,

Carissimi fratelli presbiteri,

Carissimi diaconi, religiosi e religiose, seminaristi,

pace e gioia a tutti voi!

 

  1. Oggi la nostra Chiesa locale sta vivendo un singolare “evento di grazia”: l’avvio della fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di S.E. Mons. Vincenzo Cozzi, che fu Vescovo della nostra Diocesi dal 1981 al 2002. In questa particolare circostanza desidero raggiungere con un saluto grato e cordiale tutti i presenti: voi fedeli, i parenti e gli amici; tutte e singole le autorità presenti di ogni ordine e grado, in particolare i Sindaci di Melfi, di Lauria, di Lagonegro e di Trecchina. E’ doveroso, questa sera, da parte mia e dell’intero collegio dei presbiteri, esprimere la gratitudine a quanti in diverso modo hanno lavorato e pregato perché si giungesse a questo fausto giorno; il mio sincero e cordiale saluto va a S.E. Mons. Sirufo e agli altri Ecc.mi fratelli Vescovi della Chiesa di Basilicata, che pur non presenti fisicamente hanno assicurato la loro convinta e cordiale adesione a questa celebrazione e, in modo speciale, ringrazio sentitamente S.E. Mons. Vincenzo Carine Orofino, in quanto ha espresso il suo consenso affinché la competenza giuridica sulla causa di canonizzazione venisse trasferita dalla diocesi di Tursi-Lagonegro a quella di Melfi-Rapolla-Venosa. La gratitudine ecclesiale va anche ai componenti del Tribunale (don Francesco Distasi, don Francesco Zaccara, Avv. Silvia Anna Petagine, don Davide Endimione), che hanno accolto la proposta di seguire l’indagine diocesana e alla Postulatrice, l’Avv. Anna Teresa Borrelli, che con competenza e puntualità sta accompagnando il complesso iter della causa di canonizzazione di Mons. Cozzi.

 

  1. Siamo qui in Cattedrale, questa sera, per celebrare la Pasqua del Signore, l’Eucaristia, pienamente consapevoli che in essa “nasce e rinasce la Chiesa”, sperimentando la verità delle parole della lettera agli Ebrei: Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede (Eb 13, 7-8). Mons. Vincenzo Cozzi è stato per questa Chiesa locale per oltre 20 anni Padre e Pastore, Maestro e Guida, testimone e compagno di viaggio: egli, infatti, in ragione del suo ministero ha annunziato senza stancarsi la parola di Dio ed ha mantenuto sempre in mezzo al suo popolo un tenore di vita esemplare, mostrandosi in ogni situazione animato da una fede robusta. Egli seppe parlare a tutti con la passione dell’apostolo, inculcando in ognuno l’amore alla Chiesa, promuovendo in ogni circostanza un generoso e competente servizio al territorio ed esortando soprattutto con l’esempio alla carità verso gli ultimi.

 

  1. La liturgia della parola odierna, a mio parere, illumina questo evento ecclesiale di quella “dolce luce” che ha guidato i passi del ministero sacerdotale ed episcopale di Mons. Cozzi: il Vangelo della riconciliazione. L’evangelista Matteo, infatti, al termine del suo discorso sulla comunità, ci aiuta a comprendere che nella Chiesa non cresce nulla senza la forza dell’amore, che nelle situazioni di conflitto ognuno deve essere pronto a farsi perdono. Vivere le beatitudini, riconoscere i segni del Regno di Dio, avvertire lo slancio missionario, aprirsi all’escathon  – afferma perentorio l’evangelista Matteo –   non è possibile se non attraverso la mediazione di una comunità che sa perdonare “fino a settanta volte sette”. Il santo, il vero discepolo di Gesù, è colui che vive la dimensione del perdono come prospettiva unificante di tutta la vita: il discepolo di Gesù sa di essere un peccatore perdonato, ma è anche consapevole che la fraternità proclamata nel Vangelo non è utopia, ma realtà concreta che si nutre dell’amore di Dio e diventa arte della riconciliazione, accolta e donata. Gesù, rispondendo alla domanda di Pietro “Maestro, quante volte dovrò perdonare …” , lo conduce  – soprattutto attraverso il racconto parabolico –   a rendersi conto che la logica umana del calcolo è sempre fuorviante per vivere le cose di Dio e quindi inefficace per comprendere il tipo di relazioni che devono avere i suoi discepoli tra loro.

 

  1. “Vivere riconciliati” è la grande meta della comunità cristiana di ieri e di sempre; ma questa è anche la singolare missione che il Cristo Risorto ha affidato alla Chiesa: annunciare il Vangelo della riconciliazione. L’apostolo Paolo, in quanto ministro del Vangelo di Cristo, morto per la nostra riconciliazione, ha fortemente sentito questa urgenza dinanzi alle molteplici lacerazioni che spesso ferivano la comunità e ne rallentavano l’entusiasmo missionario. L’anelito per la comunione ha sempre animato e angustiato anche Mons. Cozzi. Quante volte nelle sue lettere pastorali, nella predicazione, negli incontri personali e, soprattutto, nella preghiera, ha fatto sue le parole di San Paolo: Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 20). Cozzi era fortemente convinto che la gioia del cristiano scaturisce dall’ascolto e dall’accoglienza della Buona Notizia della morte e risurrezione di Gesù: il kerygma. Infatti, egli ha sempre insegnato che chi crede in questo annuncio respinge la menzogna secondo cui la nostra vita sarebbe originata da noi stessi, mentre in realtà essa nasce dall’amore di Dio Padre, dalla sua volontà di dare la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Perciò egli scelse per il suo stemma episcopale l’immagine del “pellicano” e la frase di san Paolo Consumerò me stesso per le vostre anime  ( 2 Cor 12, 15).

 

  1. La strategia del menzognero, il diavolo (cfr Gv 8,45) è tutta diretta ad ostacolare la comunione e la fraternità: egli vuole farci sprofondare nel baratro del non-senso, sperimentando l’inferno già qui sulla terra, come testimoniano purtroppo molti eventi drammatici dell’esperienza umana personale e collettiva. Gesù, nel brano evangelico che è stato proclamato, attraverso la parabola, vuole allontanarci dal campo del nemico, facendoci cogliere la grande differenza di comportamento tra i due creditori. Questa radicale differenza è messa in luce dalla terza scena del racconto parabolico. Quando il re viene a sapere dagli altri servi ciò che ha fatto il servo da lui perdonato, lo fa chiamare e lo apostrofa: Servo cattivo, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo con-servo, così come io ho avuto pietà di te?. Ecco rivelato il fondamento di ogni azione di perdono nella comunità cristiana: l’essere stati perdonati. Il cristiano perdona non per debolezza psicologica o per mantenere equilibri di buon galateo, ma perché sa di essere stato perdonato dal Signore con una misericordia gratuita e preveniente, sa di aver beneficiato di una grazia insperata, per questo non può non fare misericordia a sua volta ai fratelli e alle sorelle, debitori verso di lui.

 

  1. Il Vangelo di questa liturgia ci esorta a riconoscere che non solo siamo stati perdonati da Dio, ma che siamo chiamati a perdonare chi ci offende e ferisce. Se uno non sa perdonare l’altro – senza calcoli, senza guardare al numero di volte in cui ha concesso il perdono, e non sa farlo con tutto il cuore –   in definitiva  non riconosce ciò che gli è stato donato in abbondanza da Dio, non si avvede del perdono di cui è stato destinatario. Dio perdona gratuitamente, il suo amore non è mai meritato, ma va semplicemente accolto come  dono e, in una logica diffusiva, esso deve essere esteso e condiviso con gli altri. Alcuni intimi ricorderanno che Mons. Cozzi, proprio spinto da questa logica evangelica, giunse a compiere un gesto inaudito: inginocchiarsi davanti ad un sacerdote per chiedergli perdono qualora lo avesse offeso. Illuminante in tal senso è la bellissima pagina del suo diario spirituale del novembre 2002, quando scrive: Sono lieto, però, o Signore, di poter dire che nel mio lungo ministero, di prete, di parroco e di vescovo, non ho tralasciato di deporre nel cuore dei tanti preti e di innumerevoli fedeli il seme della Chiesa e, perciò, il seme dell’unità …”. Queste note fanno da eco a quasi tutte le sue lettere pastorale e soprattutto alla lettera scritta per l’anno Santo della Redenzione del 5 marzo 1983.

 

  1. Il Dio che ci ha rivelato Gesù non fa i calcoli, ma ama senza misura; i veri discepoli del Vangelo, infatti, sull’esempio del Maestro non si lasciano paralizzare nel fare il bene dalla logica del do ut des. La vita di Mons. Cozzi ne è stato un esempio: il Vescovo Cozzi si è lasciato in tutte le sue scelte guidare unicamente dalla carità, vissuta secondo un principio molto semplice e pratico, che San luigi Orione, il gigante della carità del secolo scorso, ha espresso in questo modo: “non fare male a nessuno, fare sempre il bene, farlo a tutti”. Questo principio è il frutto maturo della certezza evangelica che “solo la carità salverà il mondo”. In questa avventura nessuno è esente dalla lotta e dal combattimento. Come Gesù nel deserto, anche il suo discepolo, nel momento di maggiore bisogno e di massima stanchezza, incontra  il tentatore che sa farsi presente con ragionamenti apparentemente logici, ma profondamente disumanizzanti. Anche Mons. Cozzi, come Gesù nei quaranta giorni del deserto, è rimasto solo in tanti momenti del suo ministero ed ha provato, fino all’ultimo, come dice san Paolo, angoscia e tribolazione, ma è rimasto saldo nella fede: non si è lasciato ingannare dalla voce menzognera che anche a lui, come a Gesù, prospettava soluzioni plateali rispetto al disagio del momento e alle possibili difficoltà della sua missione.

 

  1. Come ogni vero apostolo del Vangelo il Vescovo Cozzi è passato spesso attraverso il crogiuolo delle prove – fisiche morali e pastorali –  che cercavano di distoglierlo dalla via indicatagli dal Vangelo, spingendolo a separarsi dall’amore di Cristo, per condurlo a strumentalizzare Dio e a servirsi della Chiesa: egli, invece, si è attaccato sempre più fortemente alla croce di Cristo, si è rivestito di umiltà ed ha creduto fortemente nella legge dell’amore.Negli scritti personali di Mons. Cozzi, scopriamo che la passione per l’evangelizzazione e l’amore alla Chiesa, sono maturati giorno per giorno in questo crogiolo spirituali e ai piedi del Tabernacolo, ma egli ha sempre rafforzato la sua ferma decisione di non volersi distaccare mai dal progetto del Padre; si è sempre sentito chiamato a vivere il ministero, prima sacerdotale e poi episcopale,  in modo esemplare, non secondo una logica  mondana e populista, ma con stile, direi, “francescano” e crescendo progressivamente nel dono della propria vita: morire per amore.

 

  1. Il messaggio di questa liturgia odierna riletto alla luce della figura di Mons. Cozzi ci dice con chiarezza che solo nutrendoci dell’amore di Dio possiamo vivere la fedeltà al nostro Battesimo: Chi dice di amare Dio che non vede e odia il proprio fratello è un bugiardo. Oggi la grande tentazione che dobbiamo sconfiggere ha prevalentemente i tratti della cultura dell’egoismo, che insinua l’illusione che soltanto la “protezione di sé stessi” può dare sicurezza e futuro; questa strategia menzognera non risparmia nulla e nessuno. Questa cultura egoistica e quindi anti-evangelica, però, genera odio e distrugge il valore della fraternità. Nella fede, invece, dobbiamo rinvenire la luce per compiere tutte le scelte della nostra vita sia quelle quotidiane e sia quelle che danno forma stabile alla nostra esistenza: i santi ci insegnano, con il magistero della loro vita, che dobbiamo credere alla Parola del Signore sempre; che dobbiamo seguirlo anche quando il cammino si fa difficile e che dobbiamo abbandonarci con fiducia e amore nelle sue mani. Mons. Cozzi ha camminato su questa strada, attingendo molto dalla “spiritualità francescana”; la povertà e l’amore per i poveri erano per lui “la siepe” che doveva custodire il suo amore per il Cristo povero e crocifisso; egli, proprio perché sostenuto da questa ricca spiritualità, è stato in mezzo al suo popolo il Padre buono, il fratello affidabile e l’amico sincero. La regola della sua vita era tutta racchiusa nella semplicità evangelica che ritroviamo espressa nella preghiera semplice di Francesco di Assisi e che egli consentivano di mostrare sempre sul suo volto una radioso e contagioso sorriso.

 

  1. Questo stile gli ha consentito di vivere in maniera eroica la carità pastorale e al tempo stesso il difficile governo della diocesi, che però egli ha sempre amato di vero amore sponsale. Infatti, l’amore che egli ha mostrato nei confronti della Chiesa diocesana ha anche dato forma a tutta la sua spiritualità, fino all’ultimo istante della sua vita, specialmente quando fu segnata dalla sofferenza fisica. Mons. Cozzi e la “sua” Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa oggi, con questo atto ecclesiale altamente significativo, l’avvio del processo in vista della sua canonizzazione, dimostrano che la santità intesa in questo caso come “forma alta” di servizio pastorale non solo è possibile ma esiste. Forse Mons. Cozzi, non ha fatto cose eclatanti ed eccezionali nel corso della sua vita e del suo ministero, ma indubbiamente è stato costante e fedele nei doveri del proprio stato, non cedendo mai alla stanchezza e alla ripetitività; la monotonia non ha mai attaccato l’esercizio del suo ministero episcopale, soprattutto in un tempo in cui bisognava incarnare, anche in modo profetico, le istanze del Concilio Vaticano II e in momento difficile per la Basilicata, quale era quello del dopo terremoto. Egli è stato, da cristiano e da Vescovo, veramente un “santo della porta accanto”, che ha fatto le cose ordinarie in modo straordinario, mai sfiduciato anche se le difficoltà incalzavano. Di Mons. Cozzi, si potrebbe dire ancora tanto, ma questa sera voglio soltanto sottolineare un aspetto: Egli rispetto alla Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa ha vissuto quanto il Vangelo dice di Gesù: avendo amato i suoi… li amò sino alla fine (Gv13,1). Il sacrificio pastorale di questo amato e venerato Pastore, per il quale oggi iniziamo la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione, testimonia che solo chi ha il coraggio di donarsi totalmente – a Dio e al prossimo – realizza se stesso.

 

  1. La logica del perdono mentre ci rivela innanzitutto che Dio è amore, ci indica la via per la nostra felicità; essa deve spronarci ad essere fedeli al nostro battesimo, vivendo riconciliati e rimanendo fedeli alle nostre scelte di vita. Non temiamo, dunque, di affrontare anche noi il buon combattimento della fede: il Signore è sempre con noi.

 

E per essere sicuri di stare sempre uniti a Lui rivolgiamoci alla Vergine Maria, che ieri abbiamo Venerato come l’Addolorata, la Vergine della nuova alleanza: invochiamola con fiducia filiale sempre e in modo particolare nell’ora della prova, e Lei, con la sua tenerezza materna, ci farà sentire la potente presenza del suo Figlio divino, per farci credere sempre di più nel valore della fraternità, così da  rimettere Dio al centro della nostra vita. Amen

 

 

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

SOLENNE CONCELEBRAZIONE DI APERTURA DELLA VISITA PASTORALE – OMELIA DEL VESCOVO

 

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

OMELIA
IN OCCASIONE DELL’APERTURA
DELLA VISITA PASTORALE

 

(Melfi – Basilica Cattedrale – 1° ottobre 2023)

 

 

Fratelli e sorelle,

Carissimi fratelli presbiteri,

Carissimi diaconi, religiosi e religiose, seminaristi,

Carissimi componenti dei Consigli Pastorali,

Carissimo fratello Antonio Piacentini, pastore della Chiesa evangelica della riconciliazione,

Illustrissime autorità,

pace e gioia a tutti voi!

 

  1. Oggi la nostra Chiesa locale sta vivendo un singolare “evento di grazia” che ci apre alla speranza e alla lode: l’apertura della Visita Pastorale, indetta lo scorso 7 dicembre in occasione della riapertura al culto di questa maestosa Basilica Cattedrale. Unitamente al collegio dei presbiteri, a cui va la mia stima e la mia gratitudine, ciò che mi spinge ad intraprendere questo “pellegrinaggio pastorale” è unicamente l’ansia di portare la gioia del Vangelo (EG 1) in tutti gli angoli della diocesi per sperimentare insieme la bellezza dell’incontro con il Signore Gesù (cfr. Lc 23, 13-53), che desidera ridare Speranza a tutti e ad ognuno.

 

  1. Il tema biblico scelto per questa Visita Pastorale è racchiuso nelle parole del libro dell’Apocalisse “Sto alla porta e busso” (Ap 3, 20). “E’ una citazione tratta dall’ultima delle sette Lettere alle Chiese con cui si apre l’Apocalisse: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Espressione di incomparabile densità, in cui diversi richiami dall’Antico Testamento (per esempio: Ct 5,2, Is 20,5) si uniscono a reminiscenze di alcune parole di Gesù (cf Gv 14,23; Lc 22,29-30) per indicare la certezza del venire di Gesù, il suo carattere misterioso, la trepidazione dell’attesa, la gioia dell’incontro imminente, la felicità alla quale esso darà luogo per sempre” (cfr. C.M. Martini, Sto alla porta, Lettera pastorale 1992). E’ il Signore Risorto, il “bel Pastore”, che pronuncia queste parole mentre sta dinanzi alle porte delle nostre comunità e dei nostri cuori con il desiderio di incontrarci e di far festa con noi.

 

  1. Verrò, dunque, tra voi quale segno del Signore Gesù, Pastore e Vescovo delle nostre anime, che si prende cura di tutti e di ognuno (cfr. Gv 10, 13); verrò in amicizia e in fraternità (cfr. Gv 15, 12-17) per condividere con voi il pane della Parola e dell’Eucaristia, nella certezza che la Chiesa nasce e rinasce dall’ascolto della Parola e dall’Eucaristia (cfr. LG 4 e SC 10)

Per rendere visibile questa duplice dimensione della Vista Pastorale, l’amicizia e la fraternità, abbiamo scelto un’icona, detta appunto dell’amicizia, che questa sera consegnerò a Mons. Ciro Guerra, in rappresentanza dei Con-visitatori – che ringrazio, unitamente alla Commissione preparatoria, per la preziosa collaborazione offerta, prima, nella preparazione e, poi, a partire da oggi, nell’attuazione della Visita Pastorale.

Questa “icona dell’amicizia” successivamente sarà consegnata a tutti i Segretari dei Consigli pastorali parrocchiali all’inizio della Visita nelle singole Zone pastorali.

E’ un’icona del VI secolo, che proviene dall’Egitto. Essa ci presenta il Cristo che mette la sua mano sulla spalla del suo amico-discepolo per camminare con lui, per accompagnarlo in ogni situazione della vita. Ognuno di noi deve riconoscersi in questo amico-discepolo del Cristo e non deve mai sentirsi solo nel cammino della vita, ma deve essere certo che da Lui è sempre accompagnato, amato e custodito.

 

  1. La Visita Pastorale è il tempo in cui, in questo orizzonte misericordioso, il Vescovo incontra – in modo più prolungato –  le singole comunità parrocchiali della diocesi per condividere con esse la vita di ogni giorno (cfr. EG 31). Attraverso la Visita il Vescovo è anche chiamato a mostrare la sua paternità spirituale, entrando con discrezione nelle situazioni più complesse delle comunità offrendo la luce del Vangelo e il balsamo della speranza cristiana (cfr. Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, Apostolorum successores, 221-225).

Con la Visita Pastorale incontrerò anche la società civile in tutte le sue componenti: le amministrazioni comunali, le forze dell’ordine, le scuole, il carcere, gli ospedali, i luoghi di lavoro.

In attesa di poterei incontrare prossimamente nei singoli Comuni, sin da ora, insieme ai parroci saluto e ringrazio tutti i sindaci, il vice-presidente della Provincia di Potenza, per la vicinanza collaborativa e per la loro presenza questa sera in Cattedrale; insieme a loro ringrazio anche tutte e singole le altre autorità civili e militari di ogni ordine e grado che sono presenti.

 

  1. L’auspicio all’inizio di questa Visita pastorale è che essa possa portare abbondanti frutti di grazia. Questo tempo deve aiutarci a ravvivare la passione per il Regno di Dio, prendendo con più slancio l’iniziativa di “andare a lavorare nella vigna” (cfr. Mt 21,28-32; Giovanni Paolo II, Christifideles Laici, n. 2) del Signore e facendo nostri i sentimenti di Cristo Gesù, che è si è fatto servo per amore.

L’invito a “lavorare nella vigna” che è risuonato nel brano evangelico di questa liturgia domenicale (Mt 21,28-32) deve spronarci innanzitutto a diventare Chiesa che si  fa “compagna di strada”, “amica” e “sorella” di ogni uomo e di ogni donna che incontra sul proprio suo cammino (EG 24). Il tempo della Visita è anche tempo di “seminagione evangelica” affinché, quanto prima, si possano raccogliere nella nostra Chiesa locale abbondanti frutti di evangelicità, di missionarietà, di ecclesialità e di gratuità.

Il ricordare la natura e le finalità della Visita non significa caricare questo evento di eccessive attese, ma vuole essere semplicemente l’invito a chiedere nella preghiera al Signore di farci sperimentare una “rinnovata effusione dello Spirito Santo” (cfr. Paolo VI, Udienza generale, 29 novembre 1972) per ritrovare entusiasmo nell’azione pastorale, gioia nella testimonianza del Vangelo e abnegazione nel servizio della carità (EG 259-261).

 

  1. La Visita Pastorale si caratterizza anche come “pellegrinaggio”: pellegrinaggio del Vescovo nelle varie comunità parrocchiali e nei singoli comuni della Diocesi. Per questa ragione sarà un tempo “missionario” ed è bello che questo cammino prenda avvio proprio oggi all’inizio del mese missionario sotto la protezione della Beata Vergine del S. Rosario e di S. Teresa di Lisieux. Anche per questa ragione vogliamo sentire particolarmente vicini nell’affetto ecclesiale i nostri fratelli presbiteri “fidei donum”, che operano in Honduras e in Urugay, quelli impegnati attualmente in altre forme ministeriali fuori dalla Diocesi e soprattutto quelli impediti dall’età e dalla malattia: un particolare ricordo, che trasformiamo in preghiera, per don Vincenzo D’Amato.

 

  1. Vengo tra voi, in semplicità, con il Vangelo nel cuore (cfr. 1 Cor 1, 17-18; 9, 19-2)3, confidando che da esso insieme possiamo imparare il “metodo” per diventare, come ci chiede il Signore Gesù, “sale” che da sapore alla vita; “luce” che può rischiare le tenebre della sfiducia, del disimpegno, dell’indifferenza e della disunione (cfr. Mt 5, 13-16); “lievito” che può fermentare ogni realtà con i valori del Regno (cfr. Mt 13, 33). Sappiamo tutti che, oggi, non è facile essere testimoni di Gesù. Ogni giorno sperimentiamo quanto sia difficile e complesso comunicare il Vangelo in un mondo che cambia continuamente. Anche il nostro territorio risente della secolarizzazione e della scristianizzazione (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 4), i cui effetti purtroppo sono evidenti: la scarsa partecipazione alla vita ecclesiale, la riduzione delle vocazioni di speciale consacrazione, l’assenza dei giovani dalle nostre comunità, lo scarso senso di appartenenza ecclesiale.

 

  1. Da qui il grande assillo su come rinnovare le nostre parrocchie e la nostra pastorale per intercettare le domande dell’umanità di oggi ed essere ancora portatori della novità del Vangelo nel nostro tempo (cfr. EG 26-28). Sembra oramai improrogabile una ‘svolta’ del nostro consueto modo di intendere la pastorale: la Chiesa italiana –  accogliendo l’invito di Papa Francesco, in questo tempo sinodale –  sta interrogandosi su come rinnovare le strutture ecclesiali per renderle più missionarie. E’ evidente che è necessario un maggiore coordinamento, in modo da far emergere le radici profonde della vita ecclesiale, lo stile evangelico, le ragioni dell’impegno nel territorio, cioè gli atteggiamenti e le scelte che pongono la Chiesa a servizio della speranza di ogni uomo (cfr. CEI, Rigenerati per una speranza viva, 2006, n. 22).

 

  1. Questa prospettiva deve aiutarci ad evitare di cadere in alcune trappole che rischiano di paralizzare lo slancio missionario nelle nostre comunità: ad esempio, la spinta a fare della parrocchia una comunità autoreferenziale e autosufficiente, in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme, coltivando solo rapporti ravvicinati e rassicuranti; cosa in sé non negativa, ma non sufficiente; oppure, la percezione della parrocchia solo come ‘centro di servizi’, per l’amministrazione dei sacramenti dando per scontata la fede in quanti li richiedono (cfr. EG 33).

 

  1. La Visita possa aiutarci a crescere nella comunione e a ripensare l’azione pastorale nella nostra diocesi e a guardare alle “unità pastorali” non come ad una scelta di ripiego per colmare la carenza di personale ecclesiastico, ma come ad un’opportunità per mettere in rete le diverse vocazioni ed attuare in modo operativo la comunione e la corresponsabilità ecclesiali. Questa prospettiva, sicuramente non è priva di difficoltà, ma può condurre le parrocchie, già ora, all’interno di una logica di missionarietà, a collaborare maggiormente tra loro, per offrire nelle diverse situazioni di vita, nuove opportunità di evangelizzazione. Lo stile missionario delle parrocchie è legato alla capacità che esse avranno di procedere non da sole, ma insieme e in sinergia con tutte le parrocchie vicine o nella zona pastorale. In questo modo sarà più facile anche la collaborazione tra i sacerdoti e la promozione dei laici, attraverso specifiche ministerialità, nella valorizzazione dei doni che lo Spirito Santo ha dato loro nonché delle singole competenze presenti nelle varie comunità.

 

  1. Chiudo con una riflessione di S. Ambrogio, che meditando sulle parole dell’Apocalisse “sto alla porta e busso”, scrive: “Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede la quale, se è forte, rafforza tutta la casa. E’ questa la porta per la quale entra Cristo. (…) Ascolta colui che bussa, ascolta colui che desidera entrare: (…) . Rifletti sul tempo nel quale il Dio Verbo bussa più che mai alla tua porta: (..). Infatti egli si degna di visitare quelli che si trovano nella tribolazione e nelle tentazioni perché nessuno, vinto per avventura dall’affanno, abbia a soccombere. (..). E’ allora che bisogna vegliare, perché quando lo Sposo verrà non si ritiri, vistosi chiuso fuori. Infatti, se dormi e il tuo cuore non veglia, egli bussa e domanda che gli si apra la porta. Abbiamo dunque la porta della nostra anima, abbiamo anche le porte delle quali è scritto: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria» (Sal 23, 7). Se vorrai alzare queste porte della tua fede, entrerà da te il re della gloria, recando il trionfo della sua passione. Anche la giustizia ha le sue porte. Infatti anche di queste leggiamo scritto quanto il Signore Gesù ha detto per mezzo del profeta: «Apritemi le porte della giustizia» (Sal 117, 19). L’anima dunque ha le sue porte, l’anima ha il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa, egli bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare, vuol trovare la sposa desta (S. Ambrogio, Commento sul salmo 118).

Il Signore ci trovi con questi sentimenti e benedica i nostri passi. Amen

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

 

OMELIA APERTURA VISITA Sabato 1 OTTOBRE 2023


Concertazione Stellantis / Sindacati stabilimento Melfi

COMUNICATO DEL VESCOVO MONS. CIRO FANELLI

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

 COMUNICATO

 

UN TEMPO DI FIDUCIOSA ATTESA

PER LE LAVORATRICI E I LAVORATORI

DELLO STABILIMENTO “STELLANTIS” DI MELFI

 

  1. In questo momento storico, ancora così complesso e delicato per le lavoratrici e i lavoratori del nostro territorio del Vulture-Melfese, come Vescovo, non voglio far mancare la vicinanza della comunità cristiana, profondamente preoccupata ma anche desiderosa che per essi si possano aprire concreti orizzonti di speranza. Gli echi che provengono dai recenti incontri tra Stellantis e le rappresentanze categoriali sembrano carichi di attese e foriere di un buon inizio per le attuali sorti produttive dello stabilimento di Melfi e per tutta la nostra comunità. La Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, che vive anch’essa in questo tempo – caratterizzato da una straordinaria, ma rischiosa e difficile, transizione –   disidera mostrarsi non solo presente, ma anche condividere umilmente il proprio pensiero.
  2. L’ora presente è un tempo di grande trepidazione che impatta sulla vita delle donne e degli uomini, delle famiglie e dei giovani in difesa del loro lavoro e in cerca di occupazione. Tutto ciò che tocca la vita delle persone, in quanto comunità cristiana, ci interessa! Per questa ragione nelle nostre scelte ecclesiali è sempre più fondamentale l’esigenza di accogliere le ragioni e le prospettive del mondo del lavoro, nella sua evoluzione; è doveroso leggere i segni più positivi e preoccuparsi delle derive e dei fenomeni di degrado e fragilità che lo attraversano, nella consapevolezza che il lavoro umano «è la chiave essenziale di tutta la questione sociale» (Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica, Laborem Exercens, 3), perché tale questione deve essere sempre orientata a «rendere la vita umana più umana» (Conc. Ecum. Vaticano II, Gaudium et Spes, 38).
  3. In quanto discepoli del Risorto sentiamo forte il dovere di stare dalla parte di quanti, nelle nuove condizioni dei processi tecnologici e della innovazione digitale, operano e plasmano il futuro di un’economia dove – come ripetutamente ricorda Papa Francesco – la cultura della “cura” può sostituire quella dello “scarto” e dell’indifferenza. Abbiamo tutti bisogno di un’economia che non lasci indietro nessuno e che faccia in modo che le “pietre scartate” dalla mentalità dominante diventino, invece, realmente “pietre angolari”. Siamo consapevoli che questo modo di parlare esula dal pensiero predominante: è il ‘paradosso’ evangelico, che strenuamente pone al centro l’uomo, senza compromessi ed alienazioni, che cerca di farsi carico di tante povertà da superare e che desidera promuovere molte potenzialità già presenti nel nostro territorio e in grado di essere generative di uno sviluppo pienamente umanizzante.
  4. Questo progetto, questa meta ed aspirazione, vogliamo che diventino la speranza di tutti, specie di chi vive le gravi problematiche del lavoro, per provare, con le ragioni della speranza – cioè con uno sguardo nuovo, vivo e vigile –   a dare alle vicende e agli sviluppi del nuovo programma Stellantis una prospettiva diversa. I nostri occhi, illuminati dalla luce del Vangelo, vogliono scrutare questo nostro tempo, controverso e drammatico per tanti nostri fratelli –   specie per coloro che sono maggiormente coinvolti nel meccanismo di un cambiamento che è ancora tutto da capire e da orientare –   per aiutarli a non rimanerne esclusi e schiacciati. Con la forza del Vangelo noi vogliamo essere compagni di strada e amici affidabili di quanti sono alla ricerca di un “futuro buono” che sappia garantire le generazioni odierne e quelle che verranno. Vogliamo essere non una struttura burocratica ed asettica, ma una famiglia che si interroga insieme a tutti coloro che si appassionano alle prospettive del bene comune e del progresso integrale della nostra comunità del Vulture e che lotta con la forza della coscienza per sostenere visioni che emancipano realmente la gente comune e aprano orizzonti concreti nella vita di tutti.
  5. Per la nostra terra questo è ancora, purtroppo il ‘tempo delle scelte’; tempo che per l’ennesima volta, però, noi ci auguriamo che sia realmente positivo, così come sembra, anche alla luce della direzione che dovrebbe scaturire dal recente incontro convocato da Stellantis, in uno scenario di giuste e crescenti mobilitazioni delle maestranze. Nel corso di esso si sono finalmente palesati i passaggi significativi e concreti per allocare nello stabilimento di Melfi le nuove produzioni-auto, ossia, cinque modelli concordati come previsto nell’accordo tra le parti sottoscritto il 12 luglio scorso. Questo nuovo assetto aprirebbe per lo stabilimento di Melfi una nuova centralità nel panorama dei notevoli punti produttivi dell’universo
  6. Gli auspici della comunità che vi lavora sembrano accolti. Ma bisogna guardare sempre in avanti e cogliere obiettivi e possibili equilibri più avanzati. Per consolidare l’occupazione e promuovere una nuova organizzazione del lavoro in grado di contenere l’esubero che si verificherà con l’ingresso dei nuovi modelli e l’uscita dei vecchi (fino al 2025). Tutto questo comporta che – oltre a non cessare di preoccuparsi dei problemi riguardanti le condizioni, i carichi di lavori e la sicurezza –  bisogna anche riuscire ad impiegare particolare attenzione e rispetto ai nuovi scenari che si ipotizzano. Proprio rispetto al su citato incontro tra le parti è bene sottolineare il peso imprescindibile che il “settore automotive” esercita sull’intera economia Regionale, della Basilicata e del Vulture in specie. A tal proposito quindi è di fondamentale importanza, a mio parere, preservare e rilanciare la centralità di Melfi all’interno del piano industriale di Stellantis. Una crisi radicale ed una caduta tendenziale dell’assetto auto di Melfi produrrebbe un indicibile tracollo dell’intera economia regionale, con effetti negativi anche in altre aree del Mezzogiorno d’Italia. Per questo la comunità produttiva dell’auto di Melfi può, di fatto, superare tutte le attuali criticità, se ci si adopera affinché, di fronte a questo tema pregnante, siano coinvolte anche le Istituzioni civili a livello nazionale.
  7. Dunque, nell’alveo di un progetto industriale sull’automotive per l’Italia può e deve trovare spazio anche il ruolo e la funzione dello stabilimento di Melfi e del suo indotto. Un mercato, come quello italiano, che già oggi assorbe – secondo alcuni studi –   oltre 1 milione e duecentomila veicoli prodotti dal gruppo, vede nel nostro Paese prodotte ancora e solo meno della metà della richiesta interna, che è venuta decrescendo nel decennio scorso. E’ questo un punto cruciale del confronto, che dal nostro contesto locale deve elevarsi forte. Accrescere la dimensione produttiva in Italia è fondamentale nel momento in cui si chiede al governo nazionale e a quello della Regione Basilicata, con le altre Regioni coinvolte, un impegno a sostenerne la competitività.
  8. Diventa strategico potenziare l’attrattività dell’area mediante nuovi interventi all’interno dei piani industriali per l’auto, aperti anche ad altri investimenti in nuovi settori produttivi. Bisogna elevare lo sguardo e guardare oltre. Serve un “Piano” per Melfi che guardi anche alle altre economie internazionali. Con queste attese e queste  domande nel cuore la Chiesa diocesana si appresta ad avviare la  Visita pastorale, favorendo anche momenti di riflessioni in tutte le comunità del Vulture-Melfese, coinvolgendo realtà comunitarie strutturate insieme ad Enti e soggetti pubblici e privati. Bisogna guardare più su, oltre quello che già abbiamo! Ce la faremo a generare insieme uno “spirito nuovo”? Saremo in grado di dar vita ad un pensiero originale, creativo, oltre le parole ed i concetti spesso abusati, per fare concretamente la differenza e non essere indifferenti alle sfide dei nuovi processi di riconversione produttiva? Riusciremo ad arrivare preparati dinanzi alle prossime sfide ai nostri assetti civili, oltre ogni distinzione di sorta?

La spinta, etica e civica, è tutta nel credere che la speranza e il buon senso prevalgano sulle paure e i ritardi. Solo “insieme” potremo superare in maniera feconda questa fase complessa e delicata, facendo leva sul sapere e la perspicacia di tutti, radicati nella nostra memoria storica, che può farsi maestra del presente, per orientare il futuro, nella certezza che lo ‘Spirito di Dio’, che soffia dove vuole,  fa vedere sempre e ovunque e per tutti “cose nuove” per edificare società che si rigenerano prevalentemente mediante un lavoro libero, creativo, partecipativo, solidale.

Melfi, 5 ottobre 2023.

+ Ciro Fanelli

Vescovo


APERTURA DELLA PRIMA VISITA PASTORALE

Domenica 1° ottobre - ore 18:00 Cattedrale di Melfi

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

APERTURA DELLA PRIMA VISITA PASTORALE

 

C o m u n i c a t o

Domenica 1° ottobre il vescovo Mons. Ciro Fanelli, alle ore 18, aprirà nella Cattedrale di Melfi la sua prima Visita Pastorale alla diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa.

“Sto alla porta e busso” sono le parole del Risorto riportate nel libro dell’Apocalisse che illustrano il senso della Visita. Il vescovo Fanelli si prepara a vivere la Visita Pastorale per la prima volta dalla sua elezione, avvenuta nel 2017. «In cinque anni di episcopato ho avuto già modo di conoscere la nostra comunità diocesana – dice Fanelli, ma nella visita pastorale l’incontro tra vescovo e popolo rappresenta una ricchezza speciale: umanamente coinvolgente ed ecclesialmente significativa». Al vescovo diocesano è chiesto di visitare il popolo affidato alle sue cure pastorali, al fine di rendere presente la permanente visita di Cristo Buon Pastore al gregge di oggi.

«Prima di essere un dovere – prosegue Fanelli, la visita è un’esigenza del cuore, che mi consentirà di vivere nella ferialità e in modo prolungato la carità pastorale, incrociando i miei passi con la vita delle comunità parrocchiale e con i ritmi di ogni realtà presente nella nostra compagine ecclesiale». La visita prenderà il via con una solenne celebrazione eucaristica nella cattedrale di Melfi, domenica 1° ottobre alle 18, si inserirà nel singolare momento di grazia del cammino sinodale.

Il dinamismo del Sinodo è, infatti, sostanzialmente identico a quello della visita pastorale: in entrambe si incontra, si ascolta e si riflette. Per il cammino di “pellegrinaggio missionario” del vescovo Fanelli nelle varie realtà della diocesi, dalle parrocchie, alle comunità di consacrate e consacrati, alle associazioni e alle diverse espressioni della società civile.

L’indizione della visita è avvenuta ufficialmente lo scorso 7 dicembre, nel giorno della solenne riapertura della Cattedrale di Melfi, dopo sei anni di restauri. Intenso il programma, che interesserà le 32 parrocchie delle 4 zone pastorali; la Visita si concluderà nell’ottobre 2025.

I cristiani di questo angolo di terra lucana, il Vulture-Melfese, attendono quindi il loro pastore per lavorare insieme in un simbolico grande “cantiere di evangelizzazione e umanità”, con il desiderio – afferma il Vescovo Fanelli – di diventare sempre più una comunità di discepoli-missionari che – come afferma l’Evangelii Gaudium (n. 24) – sanno prendere l’iniziativa, si coinvolgono, accompagnano, fruttificano e festeggiano.

INCONTRO CON DON LUIGI CIOTTI – GUARDA LA REGISTRAZIONE DELL’EVENTO

29 settembre 2023 - Rionero in Vulture, Piazza Giustino Fortunato ore 9:30

 

 

 


AGORA’ DEI DIRITTI – 2^ EDIZIONE 2023
INCONTRO CON DON LUIGI CIOTTI
GIUSTIZIA SOCIALE- CONDIZIONE PER RINASCERE

 
 

Il 29 settembre 2023, a Rionero in Vulture (PZ), in piazza Giustino Fortunato alle ore 9:30, si è svolto l’evento dal titolo “GIUSTIZIA SOCIALE- CONDIZIONE PER RINASCERE” organizzato dall’Ufficio della Pastorale Sociale e Legalità della Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa in collaborazione con Libera Basilicata, con i patrocini del Comune di Rionero in Vulture e l’Ufficio Scolastico Regionale di Basilicata.

Coordinamento: prof.ssa Donatina Allamprese – Ufficio della Pastorale Sociale e Legalità & Libera Basilicata.

Interventi:

  • don Luigi Ciotti, Presidente Nazionale di Libera “Nomi e Numeri contro le mafie”
  • Mario Di Nitto, Sindaco di Rionero in Vulture
  • S. E. Mons. Ciro Fanelli, Vescovo della Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa
  • Claudia Datena, Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale
  • don Marcello Cozzi, Delegato CEB presso l’Osservatorio Regionale sulla criminalità
  • Martina Montemurro, Presidente del Coordinamento regionale delle Consulte degli studenti di Basilicata
  • Giulio Pedota in rappresentanza della Consulta Provinciale Studentesca.

Alla manifestazione hanno preso parte più di duemila giovani studenti, provenienti dal Vulture Alto Bradano, invitati a ritrovarsi, insieme con il vescovo Mons. Ciro Fanelli, per accogliere Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera “Associazione Nomi e Numeri contro le mafie”, per riflettere sul tema della Giustizia sociale.  I i veri protagonisti dell’evento sono stati, infatti, proprio i giovani, terreno fertile per coltivare e promuovere la giustizia sociale. Il tema della manifestazione è la sensibilizzazione e la valorizzazione del nostro comune sentire, nell’affermazione e tutela del bene comune, a partire dall’Enciclica “Fratelli Tutti”.

Assemblea diocesana di Azione Cattolica

SABATO 30 SETTEMBRE ore 17.15 Hospitalis – MELFI

Si terrà sabato 30 settembre presso l’HOSPITALIS a Melfi l’assemblea diocesana di Azione Cattolica  con a tema l’anno assembleare che sta per iniziare per tutta l’ACI  a livello parrocchiale prima , diocesano poi ed infine quello nazionale. Un tempo quello dedicato al percorso assembleare bello ed entusiasmante da vivere insieme immersi nel cammino ordinario dell’ associazione ed immersi nel cammino della nostra Chiesa locale con la Visita Pastorale del nostro Vescovo alla diocesi ed il triennio dedicato all’Eucarestia . Un anno in cui siamo chiamati innanzitutto a riflettere insieme su come metterci al servizio, tracciare prospettive ed orizzonti, compiere scelte per costruire realmente l’AC che sogniamo, intraprendere il percorso assembleare,  sentirci davvero tutti corresponsabili dell’associazione. L’assemblea diocesana dedicherà ampio spazio alla visita della presidenza nazionale all’AC di Basilicata che si terrà a Melfi il 14 e 15 ottobre per l’incontro triennale con le associazioni locali.

SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELL’INIZIO DELLA PRIMA VISITA PASTORALE DEL NOSTRO VESCOVO CIRO

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

APERTURA DELLA PRIMA VISITA PASTORALE

 

C o m u n i c a t o

Domenica 1° ottobre il vescovo Mons. Ciro Fanelli, alle ore 18, aprirà nella Cattedrale di Melfi la sua prima Visita Pastorale alla diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa.

“Sto alla porta e busso” sono le parole del Risorto riportate nel libro dell’Apocalisse che illustrano il senso della Visita. Il vescovo Fanelli si prepara a vivere la Visita Pastorale per la prima volta dalla sua elezione, avvenuta nel 2017. «In cinque anni di episcopato ho avuto già modo di conoscere la nostra comunità diocesana – dice Fanelli, ma nella visita pastorale l’incontro tra vescovo e popolo rappresenta una ricchezza speciale: umanamente coinvolgente ed ecclesialmente significativa». Al vescovo diocesano è chiesto di visitare il popolo affidato alle sue cure pastorali, al fine di rendere presente la permanente visita di Cristo Buon Pastore al gregge di oggi.

«Prima di essere un dovere – prosegue Fanelli, la visita è un’esigenza del cuore, che mi consentirà di vivere nella ferialità e in modo prolungato la carità pastorale, incrociando i miei passi con la vita delle comunità parrocchiale e con i ritmi di ogni realtà presente nella nostra compagine ecclesiale». La visita prenderà il via con una solenne celebrazione eucaristica nella cattedrale di Melfi, domenica 1° ottobre alle 18, si inserirà nel singolare momento di grazia del cammino sinodale.

Il dinamismo del Sinodo è, infatti, sostanzialmente identico a quello della visita pastorale: in entrambe si incontra, si ascolta e si riflette. Per il cammino di “pellegrinaggio missionario” del vescovo Fanelli nelle varie realtà della diocesi, dalle parrocchie, alle comunità di consacrate e consacrati, alle associazioni e alle diverse espressioni della società civile.

L’indizione della visita è avvenuta ufficialmente lo scorso 7 dicembre, nel giorno della solenne riapertura della Cattedrale di Melfi, dopo sei anni di restauri. Intenso il programma, che interesserà le 32 parrocchie delle 4 zone pastorali; la Visita si concluderà nell’ottobre 2025.

I cristiani di questo angolo di terra lucana, il Vulture-Melfese, attendono quindi il loro pastore per lavorare insieme in un simbolico grande “cantiere di evangelizzazione e umanità”, con il desiderio – afferma il Vescovo Fanelli – di diventare sempre più una comunità di discepoli-missionari che – come afferma l’Evangelii Gaudium (n. 24) – sanno prendere l’iniziativa, si coinvolgono, accompagnano, fruttificano e festeggiano.