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accordo Stellantis e sindacati 5 ottobre 2023 – comunicato del vescovo

 

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI – RAPOLLA – VENOSA

 

 

COMUNICATO

 

UN TEMPO DI FIDUCIOSA ATTESA

PER LE LAVORATRICI E I LAVORATORI

DELLO STABILIMENTO “STELLANTIS” DI MELFI

 

  1. In questo momento storico, ancora così complesso e delicato per le lavoratrici e i lavoratori del nostro territorio del Vulture-Melfese, come Vescovo, non voglio far mancare la vicinanza della comunità cristiana, profondamente preoccupata ma anche desiderosa che per essi si possano aprire concreti orizzonti di speranza. Gli echi che provengono dai recenti incontri tra Stellantis e le rappresentanze categoriali sembrano carichi di attese e foriere di un buon inizio per le attuali sorti produttive dello stabilimento di Melfi e per tutta la nostra comunità. La Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, che vive anch’essa in questo tempo – caratterizzato da una straordinaria, ma rischiosa e difficile, transizione –   disidera mostrarsi non solo presente, ma anche condividere umilmente il proprio pensiero.

 

  1. L’ora presente è un tempo di grande trepidazione che impatta sulla vita delle donne e degli uomini, delle famiglie e dei giovani in difesa del loro lavoro e in cerca di occupazione. Tutto ciò che tocca la vita delle persone, in quanto comunità cristiana, ci interessa! Per questa ragione nelle nostre scelte ecclesiali è sempre più fondamentale l’esigenza di accogliere le ragioni e le prospettive del mondo del lavoro, nella sua evoluzione; è doveroso leggere i segni più positivi e preoccuparsi delle derive e dei fenomeni di degrado e fragilità che lo attraversano, nella consapevolezza che il lavoro umano «è la chiave essenziale di tutta la questione sociale» (Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica, Laborem Exercens, 3), perché tale questione deve essere sempre orientata a «rendere la vita umana più umana» (Conc. Ecum. Vaticano II, Gaudium et Spes, 38).

 

  1. In quanto discepoli del Risorto sentiamo forte il dovere di stare dalla parte di quanti, nelle nuove condizioni dei processi tecnologici e della innovazione digitale, operano e plasmano il futuro di un’economia dove – come ripetutamente ricorda Papa Francesco – la cultura della “cura” può sostituire quella dello “scarto” e dell’indifferenza. Abbiamo tutti bisogno di un’economia che non lasci indietro nessuno e che faccia in modo che le “pietre scartate” dalla mentalità dominante diventino, invece, realmente “pietre angolari”. Siamo consapevoli che questo modo di parlare esula dal pensiero predominante: è il ‘paradosso’ evangelico, che strenuamente pone al centro l’uomo, senza compromessi ed alienazioni, che cerca di farsi carico di tante povertà da superare e che desidera promuovere molte potenzialità già presenti nel nostro territorio e in grado di essere generative di uno sviluppo pienamente umanizzante.

 

  1. Questo progetto, questa meta ed aspirazione, vogliamo che diventino la speranza di tutti, specie di chi vive le gravi problematiche del lavoro, per provare, con le ragioni della speranza – cioè con uno sguardo nuovo, vivo e vigile –   a dare alle vicende e agli sviluppi del nuovo programma Stellantis una prospettiva diversa. I nostri occhi, illuminati dalla luce del Vangelo, vogliono scrutare questo nostro tempo, controverso e drammatico per tanti nostri fratelli –   specie per coloro che sono maggiormente coinvolti nel meccanismo di un cambiamento che è ancora tutto da capire e da orientare –   per aiutarli a non rimanerne esclusi e schiacciati. Con la forza del Vangelo noi vogliamo essere compagni di strada e amici affidabili di quanti sono alla ricerca di un “futuro buono” che sappia garantire le generazioni odierne e quelle che verranno. Vogliamo essere non una struttura burocratica ed asettica, ma una famiglia che si interroga insieme a tutti coloro che si appassionano alle prospettive del bene comune e del progresso integrale della nostra comunità del Vulture e che lotta con la forza della coscienza per sostenere visioni che emancipano realmente la gente comune e aprano orizzonti concreti nella vita di tutti.

 

  1. Per la nostra terra questo è ancora, purtroppo il ‘tempo delle scelte’; tempo che per l’ennesima volta, però, noi ci auguriamo che sia realmente positivo, così come sembra, anche alla luce della direzione che dovrebbe scaturire dal recente incontro convocato da Stellantis, in uno scenario di giuste e crescenti mobilitazioni delle maestranze. Nel corso di esso si sono finalmente palesati i passaggi significativi e concreti per allocare nello stabilimento di Melfi le nuove produzioni-auto, ossia, cinque modelli concordati come previsto nell’accordo tra le parti sottoscritto il 12 luglio scorso. Questo nuovo assetto aprirebbe per lo stabilimento di Melfi una nuova centralità nel panorama dei notevoli punti produttivi dell’universo

 

  1. Gli auspici della comunità che vi lavora sembrano accolti. Ma bisogna guardare sempre in avanti e cogliere obiettivi e possibili equilibri più avanzati. Per consolidare l’occupazione e promuovere una nuova organizzazione del lavoro in grado di contenere l’esubero che si verificherà con l’ingresso dei nuovi modelli e l’uscita dei vecchi (fino al 2025). Tutto questo comporta che – oltre a non cessare di preoccuparsi dei problemi riguardanti le condizioni, i carichi di lavori e la sicurezza –  bisogna anche riuscire ad impiegare particolare attenzione e rispetto ai nuovi scenari che si ipotizzano. Proprio rispetto al su citato incontro tra le parti è bene sottolineare il peso imprescindibile che il “settore automotive” esercita sull’intera economia Regionale, della Basilicata e del Vulture in specie. A tal proposito quindi è di fondamentale importanza, a mio parere, preservare e rilanciare la centralità di Melfi all’interno del piano industriale di Stellantis. Una crisi radicale ed una caduta tendenziale dell’assetto auto di Melfi produrrebbe un indicibile tracollo dell’intera economia regionale, con effetti negativi anche in altre aree del Mezzogiorno d’Italia. Per questo la comunità produttiva dell’auto di Melfi può, di fatto, superare tutte le attuali criticità, se ci si adopera affinché, di fronte a questo tema pregnante, siano coinvolte anche le Istituzioni civili a livello nazionale.

 

  1. Dunque, nell’alveo di un progetto industriale sull’automotive per l’Italia può e deve trovare spazio anche il ruolo e la funzione dello stabilimento di Melfi e del suo indotto. Un mercato, come quello italiano, che già oggi assorbe – secondo alcuni studi –   oltre 1 milione e duecentomila veicoli prodotti dal gruppo, vede nel nostro Paese prodotte ancora e solo meno della metà della richiesta interna, che è venuta decrescendo nel decennio scorso. E’ questo un punto cruciale del confronto, che dal nostro contesto locale deve elevarsi forte. Accrescere la dimensione produttiva in Italia è fondamentale nel momento in cui si chiede al governo nazionale e a quello della Regione Basilicata, con le altre Regioni coinvolte, un impegno a sostenerne la competitività.

 

  1. Diventa strategico potenziare l’attrattività dell’area mediante nuovi interventi all’interno dei piani industriali per l’auto, aperti anche ad altri investimenti in nuovi settori produttivi. Bisogna elevare lo sguardo e guardare oltre. Serve un “Piano” per Melfi che guardi anche alle altre economie internazionali. Con queste attese e queste  domande nel cuore la Chiesa diocesana si appresta ad avviare la  Visita pastorale, favorendo anche momenti di riflessioni in tutte le comunità del Vulture-Melfese, coinvolgendo realtà comunitarie strutturate insieme ad Enti e soggetti pubblici e privati. Bisogna guardare più su, oltre quello che già abbiamo! Ce la faremo a generare insieme uno “spirito nuovo”? Saremo in grado di dar vita ad un pensiero originale, creativo, oltre le parole ed i concetti spesso abusati, per fare concretamente la differenza e non essere indifferenti alle sfide dei nuovi processi di riconversione produttiva? Riusciremo ad arrivare preparati dinanzi alle prossime sfide ai nostri assetti civili, oltre ogni distinzione di sorta?

 

  1. La spinta, etica e civica, è tutta nel credere che la speranza e il buon senso prevalgano sulle paure e i ritardi. Solo “insieme” potremo superare in maniera feconda questa fase complessa e delicata, facendo leva sul sapere e la perspicacia di tutti, radicati nella nostra memoria storica, che può farsi maestra del presente, per orientare il futuro, nella certezza che lo ‘Spirito di Dio’, che soffia dove vuole, fa vedere sempre e ovunque e per tutti “cose nuove” per edificare società che si rigenerano prevalentemente mediante un lavoro libero, creativo, partecipativo, solidale.

 

Melfi, 5 ottobre 2023

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER L’APERTURA DELL’INCHIESTA DIOCESANA SULLE VIRTÙ EROICHE DEL VESCOVO MONS. VINCENZO COZZI – OMELIA DEL VESCOVO

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

OMELIA

IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

PER LA SESSIONE DI APERTURA DELL’INCHIESTA DIOCESANA

SULLE VIRTU’ EROICHE DEL SERVO DI DIO MONS. VINCENZO COZZI

(Melfi, Basilica Cattedrale, 16 settembre 2023)

 

 

Fratelli e sorelle,

Eccellenze Reverendissime,

Mons. Rocco Talucci, Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni

e Mons. Francesco Sirufo, Arcivescovo di Acerenza e Segretario della Conferenza Episcopale di Basilicata,

Carissimi fratelli presbiteri,

Carissimi diaconi, religiosi e religiose, seminaristi,

pace e gioia a tutti voi!

 

  1. Oggi la nostra Chiesa locale sta vivendo un singolare “evento di grazia”: l’avvio della fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di S.E. Mons. Vincenzo Cozzi, che fu Vescovo della nostra Diocesi dal 1981 al 2002. In questa particolare circostanza desidero raggiungere con un saluto grato e cordiale tutti i presenti: voi fedeli, i parenti e gli amici; tutte e singole le autorità presenti di ogni ordine e grado, in particolare i Sindaci di Melfi, di Lauria, di Lagonegro e di Trecchina. E’ doveroso, questa sera, da parte mia e dell’intero collegio dei presbiteri, esprimere la gratitudine a quanti in diverso modo hanno lavorato e pregato perché si giungesse a questo fausto giorno; il mio sincero e cordiale saluto va a S.E. Mons. Sirufo e agli altri Ecc.mi fratelli Vescovi della Chiesa di Basilicata, che pur non presenti fisicamente hanno assicurato la loro convinta e cordiale adesione a questa celebrazione e, in modo speciale, ringrazio sentitamente S.E. Mons. Vincenzo Carine Orofino, in quanto ha espresso il suo consenso affinché la competenza giuridica sulla causa di canonizzazione venisse trasferita dalla diocesi di Tursi-Lagonegro a quella di Melfi-Rapolla-Venosa. La gratitudine ecclesiale va anche ai componenti del Tribunale (don Francesco Distasi, don Francesco Zaccara, Avv. Silvia Anna Petagine, don Davide Endimione), che hanno accolto la proposta di seguire l’indagine diocesana e alla Postulatrice, l’Avv. Anna Teresa Borrelli, che con competenza e puntualità sta accompagnando il complesso iter della causa di canonizzazione di Mons. Cozzi.

 

  1. Siamo qui in Cattedrale, questa sera, per celebrare la Pasqua del Signore, l’Eucaristia, pienamente consapevoli che in essa “nasce e rinasce la Chiesa”, sperimentando la verità delle parole della lettera agli Ebrei: Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede (Eb 13, 7-8). Mons. Vincenzo Cozzi è stato per questa Chiesa locale per oltre 20 anni Padre e Pastore, Maestro e Guida, testimone e compagno di viaggio: egli, infatti, in ragione del suo ministero ha annunziato senza stancarsi la parola di Dio ed ha mantenuto sempre in mezzo al suo popolo un tenore di vita esemplare, mostrandosi in ogni situazione animato da una fede robusta. Egli seppe parlare a tutti con la passione dell’apostolo, inculcando in ognuno l’amore alla Chiesa, promuovendo in ogni circostanza un generoso e competente servizio al territorio ed esortando soprattutto con l’esempio alla carità verso gli ultimi.

 

  1. La liturgia della parola odierna, a mio parere, illumina questo evento ecclesiale di quella “dolce luce” che ha guidato i passi del ministero sacerdotale ed episcopale di Mons. Cozzi: il Vangelo della riconciliazione. L’evangelista Matteo, infatti, al termine del suo discorso sulla comunità, ci aiuta a comprendere che nella Chiesa non cresce nulla senza la forza dell’amore, che nelle situazioni di conflitto ognuno deve essere pronto a farsi perdono. Vivere le beatitudini, riconoscere i segni del Regno di Dio, avvertire lo slancio missionario, aprirsi all’escathon  – afferma perentorio l’evangelista Matteo –   non è possibile se non attraverso la mediazione di una comunità che sa perdonare “fino a settanta volte sette”. Il santo, il vero discepolo di Gesù, è colui che vive la dimensione del perdono come prospettiva unificante di tutta la vita: il discepolo di Gesù sa di essere un peccatore perdonato, ma è anche consapevole che la fraternità proclamata nel Vangelo non è utopia, ma realtà concreta che si nutre dell’amore di Dio e diventa arte della riconciliazione, accolta e donata. Gesù, rispondendo alla domanda di Pietro “Maestro, quante volte dovrò perdonare …” , lo conduce  – soprattutto attraverso il racconto parabolico –   a rendersi conto che la logica umana del calcolo è sempre fuorviante per vivere le cose di Dio e quindi inefficace per comprendere il tipo di relazioni che devono avere i suoi discepoli tra loro.

 

  1. “Vivere riconciliati” è la grande meta della comunità cristiana di ieri e di sempre; ma questa è anche la singolare missione che il Cristo Risorto ha affidato alla Chiesa: annunciare il Vangelo della riconciliazione. L’apostolo Paolo, in quanto ministro del Vangelo di Cristo, morto per la nostra riconciliazione, ha fortemente sentito questa urgenza dinanzi alle molteplici lacerazioni che spesso ferivano la comunità e ne rallentavano l’entusiasmo missionario. L’anelito per la comunione ha sempre animato e angustiato anche Mons. Cozzi. Quante volte nelle sue lettere pastorali, nella predicazione, negli incontri personali e, soprattutto, nella preghiera, ha fatto sue le parole di San Paolo: Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 20). Cozzi era fortemente convinto che la gioia del cristiano scaturisce dall’ascolto e dall’accoglienza della Buona Notizia della morte e risurrezione di Gesù: il kerygma. Infatti, egli ha sempre insegnato che chi crede in questo annuncio respinge la menzogna secondo cui la nostra vita sarebbe originata da noi stessi, mentre in realtà essa nasce dall’amore di Dio Padre, dalla sua volontà di dare la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Perciò egli scelse per il suo stemma episcopale l’immagine del “pellicano” e la frase di san Paolo Consumerò me stesso per le vostre anime  ( 2 Cor 12, 15).

 

  1. La strategia del menzognero, il diavolo (cfr Gv 8,45) è tutta diretta ad ostacolare la comunione e la fraternità: egli vuole farci sprofondare nel baratro del non-senso, sperimentando l’inferno già qui sulla terra, come testimoniano purtroppo molti eventi drammatici dell’esperienza umana personale e collettiva. Gesù, nel brano evangelico che è stato proclamato, attraverso la parabola, vuole allontanarci dal campo del nemico, facendoci cogliere la grande differenza di comportamento tra i due creditori. Questa radicale differenza è messa in luce dalla terza scena del racconto parabolico. Quando il re viene a sapere dagli altri servi ciò che ha fatto il servo da lui perdonato, lo fa chiamare e lo apostrofa: Servo cattivo, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo con-servo, così come io ho avuto pietà di te?. Ecco rivelato il fondamento di ogni azione di perdono nella comunità cristiana: l’essere stati perdonati. Il cristiano perdona non per debolezza psicologica o per mantenere equilibri di buon galateo, ma perché sa di essere stato perdonato dal Signore con una misericordia gratuita e preveniente, sa di aver beneficiato di una grazia insperata, per questo non può non fare misericordia a sua volta ai fratelli e alle sorelle, debitori verso di lui.

 

  1. Il Vangelo di questa liturgia ci esorta a riconoscere che non solo siamo stati perdonati da Dio, ma che siamo chiamati a perdonare chi ci offende e ferisce. Se uno non sa perdonare l’altro – senza calcoli, senza guardare al numero di volte in cui ha concesso il perdono, e non sa farlo con tutto il cuore –   in definitiva  non riconosce ciò che gli è stato donato in abbondanza da Dio, non si avvede del perdono di cui è stato destinatario. Dio perdona gratuitamente, il suo amore non è mai meritato, ma va semplicemente accolto come  dono e, in una logica diffusiva, esso deve essere esteso e condiviso con gli altri. Alcuni intimi ricorderanno che Mons. Cozzi, proprio spinto da questa logica evangelica, giunse a compiere un gesto inaudito: inginocchiarsi davanti ad un sacerdote per chiedergli perdono qualora lo avesse offeso. Illuminante in tal senso è la bellissima pagina del suo diario spirituale del novembre 2002, quando scrive: Sono lieto, però, o Signore, di poter dire che nel mio lungo ministero, di prete, di parroco e di vescovo, non ho tralasciato di deporre nel cuore dei tanti preti e di innumerevoli fedeli il seme della Chiesa e, perciò, il seme dell’unità …”. Queste note fanno da eco a quasi tutte le sue lettere pastorale e soprattutto alla lettera scritta per l’anno Santo della Redenzione del 5 marzo 1983.

 

  1. Il Dio che ci ha rivelato Gesù non fa i calcoli, ma ama senza misura; i veri discepoli del Vangelo, infatti, sull’esempio del Maestro non si lasciano paralizzare nel fare il bene dalla logica del do ut des. La vita di Mons. Cozzi ne è stato un esempio: il Vescovo Cozzi si è lasciato in tutte le sue scelte guidare unicamente dalla carità, vissuta secondo un principio molto semplice e pratico, che San luigi Orione, il gigante della carità del secolo scorso, ha espresso in questo modo: “non fare male a nessuno, fare sempre il bene, farlo a tutti”. Questo principio è il frutto maturo della certezza evangelica che “solo la carità salverà il mondo”. In questa avventura nessuno è esente dalla lotta e dal combattimento. Come Gesù nel deserto, anche il suo discepolo, nel momento di maggiore bisogno e di massima stanchezza, incontra  il tentatore che sa farsi presente con ragionamenti apparentemente logici, ma profondamente disumanizzanti. Anche Mons. Cozzi, come Gesù nei quaranta giorni del deserto, è rimasto solo in tanti momenti del suo ministero ed ha provato, fino all’ultimo, come dice san Paolo, angoscia e tribolazione, ma è rimasto saldo nella fede: non si è lasciato ingannare dalla voce menzognera che anche a lui, come a Gesù, prospettava soluzioni plateali rispetto al disagio del momento e alle possibili difficoltà della sua missione.

 

  1. Come ogni vero apostolo del Vangelo il Vescovo Cozzi è passato spesso attraverso il crogiuolo delle prove – fisiche morali e pastorali –  che cercavano di distoglierlo dalla via indicatagli dal Vangelo, spingendolo a separarsi dall’amore di Cristo, per condurlo a strumentalizzare Dio e a servirsi della Chiesa: egli, invece, si è attaccato sempre più fortemente alla croce di Cristo, si è rivestito di umiltà ed ha creduto fortemente nella legge dell’amore.Negli scritti personali di Mons. Cozzi, scopriamo che la passione per l’evangelizzazione e l’amore alla Chiesa, sono maturati giorno per giorno in questo crogiolo spirituali e ai piedi del Tabernacolo, ma egli ha sempre rafforzato la sua ferma decisione di non volersi distaccare mai dal progetto del Padre; si è sempre sentito chiamato a vivere il ministero, prima sacerdotale e poi episcopale,  in modo esemplare, non secondo una logica  mondana e populista, ma con stile, direi, “francescano” e crescendo progressivamente nel dono della propria vita: morire per amore.

 

  1. Il messaggio di questa liturgia odierna riletto alla luce della figura di Mons. Cozzi ci dice con chiarezza che solo nutrendoci dell’amore di Dio possiamo vivere la fedeltà al nostro Battesimo: Chi dice di amare Dio che non vede e odia il proprio fratello è un bugiardo. Oggi la grande tentazione che dobbiamo sconfiggere ha prevalentemente i tratti della cultura dell’egoismo, che insinua l’illusione che soltanto la “protezione di sé stessi” può dare sicurezza e futuro; questa strategia menzognera non risparmia nulla e nessuno. Questa cultura egoistica e quindi anti-evangelica, però, genera odio e distrugge il valore della fraternità. Nella fede, invece, dobbiamo rinvenire la luce per compiere tutte le scelte della nostra vita sia quelle quotidiane e sia quelle che danno forma stabile alla nostra esistenza: i santi ci insegnano, con il magistero della loro vita, che dobbiamo credere alla Parola del Signore sempre; che dobbiamo seguirlo anche quando il cammino si fa difficile e che dobbiamo abbandonarci con fiducia e amore nelle sue mani. Mons. Cozzi ha camminato su questa strada, attingendo molto dalla “spiritualità francescana”; la povertà e l’amore per i poveri erano per lui “la siepe” che doveva custodire il suo amore per il Cristo povero e crocifisso; egli, proprio perché sostenuto da questa ricca spiritualità, è stato in mezzo al suo popolo il Padre buono, il fratello affidabile e l’amico sincero. La regola della sua vita era tutta racchiusa nella semplicità evangelica che ritroviamo espressa nella preghiera semplice di Francesco di Assisi e che egli consentivano di mostrare sempre sul suo volto una radioso e contagioso sorriso.

 

  1. Questo stile gli ha consentito di vivere in maniera eroica la carità pastorale e al tempo stesso il difficile governo della diocesi, che però egli ha sempre amato di vero amore sponsale. Infatti, l’amore che egli ha mostrato nei confronti della Chiesa diocesana ha anche dato forma a tutta la sua spiritualità, fino all’ultimo istante della sua vita, specialmente quando fu segnata dalla sofferenza fisica. Mons. Cozzi e la “sua” Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa oggi, con questo atto ecclesiale altamente significativo, l’avvio del processo in vista della sua canonizzazione, dimostrano che la santità intesa in questo caso come “forma alta” di servizio pastorale non solo è possibile ma esiste. Forse Mons. Cozzi, non ha fatto cose eclatanti ed eccezionali nel corso della sua vita e del suo ministero, ma indubbiamente è stato costante e fedele nei doveri del proprio stato, non cedendo mai alla stanchezza e alla ripetitività; la monotonia non ha mai attaccato l’esercizio del suo ministero episcopale, soprattutto in un tempo in cui bisognava incarnare, anche in modo profetico, le istanze del Concilio Vaticano II e in momento difficile per la Basilicata, quale era quello del dopo terremoto. Egli è stato, da cristiano e da Vescovo, veramente un “santo della porta accanto”, che ha fatto le cose ordinarie in modo straordinario, mai sfiduciato anche se le difficoltà incalzavano. Di Mons. Cozzi, si potrebbe dire ancora tanto, ma questa sera voglio soltanto sottolineare un aspetto: Egli rispetto alla Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa ha vissuto quanto il Vangelo dice di Gesù: avendo amato i suoi… li amò sino alla fine (Gv13,1). Il sacrificio pastorale di questo amato e venerato Pastore, per il quale oggi iniziamo la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione, testimonia che solo chi ha il coraggio di donarsi totalmente – a Dio e al prossimo – realizza se stesso.

 

  1. La logica del perdono mentre ci rivela innanzitutto che Dio è amore, ci indica la via per la nostra felicità; essa deve spronarci ad essere fedeli al nostro battesimo, vivendo riconciliati e rimanendo fedeli alle nostre scelte di vita. Non temiamo, dunque, di affrontare anche noi il buon combattimento della fede: il Signore è sempre con noi.

 

E per essere sicuri di stare sempre uniti a Lui rivolgiamoci alla Vergine Maria, che ieri abbiamo Venerato come l’Addolorata, la Vergine della nuova alleanza: invochiamola con fiducia filiale sempre e in modo particolare nell’ora della prova, e Lei, con la sua tenerezza materna, ci farà sentire la potente presenza del suo Figlio divino, per farci credere sempre di più nel valore della fraternità, così da  rimettere Dio al centro della nostra vita. Amen

 

 

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

SOLENNE CONCELEBRAZIONE DI APERTURA DELLA VISITA PASTORALE – OMELIA DEL VESCOVO

 

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

OMELIA
IN OCCASIONE DELL’APERTURA
DELLA VISITA PASTORALE

 

(Melfi – Basilica Cattedrale – 1° ottobre 2023)

 

 

Fratelli e sorelle,

Carissimi fratelli presbiteri,

Carissimi diaconi, religiosi e religiose, seminaristi,

Carissimi componenti dei Consigli Pastorali,

Carissimo fratello Antonio Piacentini, pastore della Chiesa evangelica della riconciliazione,

Illustrissime autorità,

pace e gioia a tutti voi!

 

  1. Oggi la nostra Chiesa locale sta vivendo un singolare “evento di grazia” che ci apre alla speranza e alla lode: l’apertura della Visita Pastorale, indetta lo scorso 7 dicembre in occasione della riapertura al culto di questa maestosa Basilica Cattedrale. Unitamente al collegio dei presbiteri, a cui va la mia stima e la mia gratitudine, ciò che mi spinge ad intraprendere questo “pellegrinaggio pastorale” è unicamente l’ansia di portare la gioia del Vangelo (EG 1) in tutti gli angoli della diocesi per sperimentare insieme la bellezza dell’incontro con il Signore Gesù (cfr. Lc 23, 13-53), che desidera ridare Speranza a tutti e ad ognuno.

 

  1. Il tema biblico scelto per questa Visita Pastorale è racchiuso nelle parole del libro dell’Apocalisse “Sto alla porta e busso” (Ap 3, 20). “E’ una citazione tratta dall’ultima delle sette Lettere alle Chiese con cui si apre l’Apocalisse: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Espressione di incomparabile densità, in cui diversi richiami dall’Antico Testamento (per esempio: Ct 5,2, Is 20,5) si uniscono a reminiscenze di alcune parole di Gesù (cf Gv 14,23; Lc 22,29-30) per indicare la certezza del venire di Gesù, il suo carattere misterioso, la trepidazione dell’attesa, la gioia dell’incontro imminente, la felicità alla quale esso darà luogo per sempre” (cfr. C.M. Martini, Sto alla porta, Lettera pastorale 1992). E’ il Signore Risorto, il “bel Pastore”, che pronuncia queste parole mentre sta dinanzi alle porte delle nostre comunità e dei nostri cuori con il desiderio di incontrarci e di far festa con noi.

 

  1. Verrò, dunque, tra voi quale segno del Signore Gesù, Pastore e Vescovo delle nostre anime, che si prende cura di tutti e di ognuno (cfr. Gv 10, 13); verrò in amicizia e in fraternità (cfr. Gv 15, 12-17) per condividere con voi il pane della Parola e dell’Eucaristia, nella certezza che la Chiesa nasce e rinasce dall’ascolto della Parola e dall’Eucaristia (cfr. LG 4 e SC 10)

Per rendere visibile questa duplice dimensione della Vista Pastorale, l’amicizia e la fraternità, abbiamo scelto un’icona, detta appunto dell’amicizia, che questa sera consegnerò a Mons. Ciro Guerra, in rappresentanza dei Con-visitatori – che ringrazio, unitamente alla Commissione preparatoria, per la preziosa collaborazione offerta, prima, nella preparazione e, poi, a partire da oggi, nell’attuazione della Visita Pastorale.

Questa “icona dell’amicizia” successivamente sarà consegnata a tutti i Segretari dei Consigli pastorali parrocchiali all’inizio della Visita nelle singole Zone pastorali.

E’ un’icona del VI secolo, che proviene dall’Egitto. Essa ci presenta il Cristo che mette la sua mano sulla spalla del suo amico-discepolo per camminare con lui, per accompagnarlo in ogni situazione della vita. Ognuno di noi deve riconoscersi in questo amico-discepolo del Cristo e non deve mai sentirsi solo nel cammino della vita, ma deve essere certo che da Lui è sempre accompagnato, amato e custodito.

 

  1. La Visita Pastorale è il tempo in cui, in questo orizzonte misericordioso, il Vescovo incontra – in modo più prolungato –  le singole comunità parrocchiali della diocesi per condividere con esse la vita di ogni giorno (cfr. EG 31). Attraverso la Visita il Vescovo è anche chiamato a mostrare la sua paternità spirituale, entrando con discrezione nelle situazioni più complesse delle comunità offrendo la luce del Vangelo e il balsamo della speranza cristiana (cfr. Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, Apostolorum successores, 221-225).

Con la Visita Pastorale incontrerò anche la società civile in tutte le sue componenti: le amministrazioni comunali, le forze dell’ordine, le scuole, il carcere, gli ospedali, i luoghi di lavoro.

In attesa di poterei incontrare prossimamente nei singoli Comuni, sin da ora, insieme ai parroci saluto e ringrazio tutti i sindaci, il vice-presidente della Provincia di Potenza, per la vicinanza collaborativa e per la loro presenza questa sera in Cattedrale; insieme a loro ringrazio anche tutte e singole le altre autorità civili e militari di ogni ordine e grado che sono presenti.

 

  1. L’auspicio all’inizio di questa Visita pastorale è che essa possa portare abbondanti frutti di grazia. Questo tempo deve aiutarci a ravvivare la passione per il Regno di Dio, prendendo con più slancio l’iniziativa di “andare a lavorare nella vigna” (cfr. Mt 21,28-32; Giovanni Paolo II, Christifideles Laici, n. 2) del Signore e facendo nostri i sentimenti di Cristo Gesù, che è si è fatto servo per amore.

L’invito a “lavorare nella vigna” che è risuonato nel brano evangelico di questa liturgia domenicale (Mt 21,28-32) deve spronarci innanzitutto a diventare Chiesa che si  fa “compagna di strada”, “amica” e “sorella” di ogni uomo e di ogni donna che incontra sul proprio suo cammino (EG 24). Il tempo della Visita è anche tempo di “seminagione evangelica” affinché, quanto prima, si possano raccogliere nella nostra Chiesa locale abbondanti frutti di evangelicità, di missionarietà, di ecclesialità e di gratuità.

Il ricordare la natura e le finalità della Visita non significa caricare questo evento di eccessive attese, ma vuole essere semplicemente l’invito a chiedere nella preghiera al Signore di farci sperimentare una “rinnovata effusione dello Spirito Santo” (cfr. Paolo VI, Udienza generale, 29 novembre 1972) per ritrovare entusiasmo nell’azione pastorale, gioia nella testimonianza del Vangelo e abnegazione nel servizio della carità (EG 259-261).

 

  1. La Visita Pastorale si caratterizza anche come “pellegrinaggio”: pellegrinaggio del Vescovo nelle varie comunità parrocchiali e nei singoli comuni della Diocesi. Per questa ragione sarà un tempo “missionario” ed è bello che questo cammino prenda avvio proprio oggi all’inizio del mese missionario sotto la protezione della Beata Vergine del S. Rosario e di S. Teresa di Lisieux. Anche per questa ragione vogliamo sentire particolarmente vicini nell’affetto ecclesiale i nostri fratelli presbiteri “fidei donum”, che operano in Honduras e in Urugay, quelli impegnati attualmente in altre forme ministeriali fuori dalla Diocesi e soprattutto quelli impediti dall’età e dalla malattia: un particolare ricordo, che trasformiamo in preghiera, per don Vincenzo D’Amato.

 

  1. Vengo tra voi, in semplicità, con il Vangelo nel cuore (cfr. 1 Cor 1, 17-18; 9, 19-2)3, confidando che da esso insieme possiamo imparare il “metodo” per diventare, come ci chiede il Signore Gesù, “sale” che da sapore alla vita; “luce” che può rischiare le tenebre della sfiducia, del disimpegno, dell’indifferenza e della disunione (cfr. Mt 5, 13-16); “lievito” che può fermentare ogni realtà con i valori del Regno (cfr. Mt 13, 33). Sappiamo tutti che, oggi, non è facile essere testimoni di Gesù. Ogni giorno sperimentiamo quanto sia difficile e complesso comunicare il Vangelo in un mondo che cambia continuamente. Anche il nostro territorio risente della secolarizzazione e della scristianizzazione (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 4), i cui effetti purtroppo sono evidenti: la scarsa partecipazione alla vita ecclesiale, la riduzione delle vocazioni di speciale consacrazione, l’assenza dei giovani dalle nostre comunità, lo scarso senso di appartenenza ecclesiale.

 

  1. Da qui il grande assillo su come rinnovare le nostre parrocchie e la nostra pastorale per intercettare le domande dell’umanità di oggi ed essere ancora portatori della novità del Vangelo nel nostro tempo (cfr. EG 26-28). Sembra oramai improrogabile una ‘svolta’ del nostro consueto modo di intendere la pastorale: la Chiesa italiana –  accogliendo l’invito di Papa Francesco, in questo tempo sinodale –  sta interrogandosi su come rinnovare le strutture ecclesiali per renderle più missionarie. E’ evidente che è necessario un maggiore coordinamento, in modo da far emergere le radici profonde della vita ecclesiale, lo stile evangelico, le ragioni dell’impegno nel territorio, cioè gli atteggiamenti e le scelte che pongono la Chiesa a servizio della speranza di ogni uomo (cfr. CEI, Rigenerati per una speranza viva, 2006, n. 22).

 

  1. Questa prospettiva deve aiutarci ad evitare di cadere in alcune trappole che rischiano di paralizzare lo slancio missionario nelle nostre comunità: ad esempio, la spinta a fare della parrocchia una comunità autoreferenziale e autosufficiente, in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme, coltivando solo rapporti ravvicinati e rassicuranti; cosa in sé non negativa, ma non sufficiente; oppure, la percezione della parrocchia solo come ‘centro di servizi’, per l’amministrazione dei sacramenti dando per scontata la fede in quanti li richiedono (cfr. EG 33).

 

  1. La Visita possa aiutarci a crescere nella comunione e a ripensare l’azione pastorale nella nostra diocesi e a guardare alle “unità pastorali” non come ad una scelta di ripiego per colmare la carenza di personale ecclesiastico, ma come ad un’opportunità per mettere in rete le diverse vocazioni ed attuare in modo operativo la comunione e la corresponsabilità ecclesiali. Questa prospettiva, sicuramente non è priva di difficoltà, ma può condurre le parrocchie, già ora, all’interno di una logica di missionarietà, a collaborare maggiormente tra loro, per offrire nelle diverse situazioni di vita, nuove opportunità di evangelizzazione. Lo stile missionario delle parrocchie è legato alla capacità che esse avranno di procedere non da sole, ma insieme e in sinergia con tutte le parrocchie vicine o nella zona pastorale. In questo modo sarà più facile anche la collaborazione tra i sacerdoti e la promozione dei laici, attraverso specifiche ministerialità, nella valorizzazione dei doni che lo Spirito Santo ha dato loro nonché delle singole competenze presenti nelle varie comunità.

 

  1. Chiudo con una riflessione di S. Ambrogio, che meditando sulle parole dell’Apocalisse “sto alla porta e busso”, scrive: “Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede la quale, se è forte, rafforza tutta la casa. E’ questa la porta per la quale entra Cristo. (…) Ascolta colui che bussa, ascolta colui che desidera entrare: (…) . Rifletti sul tempo nel quale il Dio Verbo bussa più che mai alla tua porta: (..). Infatti egli si degna di visitare quelli che si trovano nella tribolazione e nelle tentazioni perché nessuno, vinto per avventura dall’affanno, abbia a soccombere. (..). E’ allora che bisogna vegliare, perché quando lo Sposo verrà non si ritiri, vistosi chiuso fuori. Infatti, se dormi e il tuo cuore non veglia, egli bussa e domanda che gli si apra la porta. Abbiamo dunque la porta della nostra anima, abbiamo anche le porte delle quali è scritto: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria» (Sal 23, 7). Se vorrai alzare queste porte della tua fede, entrerà da te il re della gloria, recando il trionfo della sua passione. Anche la giustizia ha le sue porte. Infatti anche di queste leggiamo scritto quanto il Signore Gesù ha detto per mezzo del profeta: «Apritemi le porte della giustizia» (Sal 117, 19). L’anima dunque ha le sue porte, l’anima ha il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa, egli bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare, vuol trovare la sposa desta (S. Ambrogio, Commento sul salmo 118).

Il Signore ci trovi con questi sentimenti e benedica i nostri passi. Amen

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

 

OMELIA APERTURA VISITA Sabato 1 OTTOBRE 2023


Concertazione Stellantis / Sindacati stabilimento Melfi

COMUNICATO DEL VESCOVO MONS. CIRO FANELLI

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

 COMUNICATO

 

UN TEMPO DI FIDUCIOSA ATTESA

PER LE LAVORATRICI E I LAVORATORI

DELLO STABILIMENTO “STELLANTIS” DI MELFI

 

  1. In questo momento storico, ancora così complesso e delicato per le lavoratrici e i lavoratori del nostro territorio del Vulture-Melfese, come Vescovo, non voglio far mancare la vicinanza della comunità cristiana, profondamente preoccupata ma anche desiderosa che per essi si possano aprire concreti orizzonti di speranza. Gli echi che provengono dai recenti incontri tra Stellantis e le rappresentanze categoriali sembrano carichi di attese e foriere di un buon inizio per le attuali sorti produttive dello stabilimento di Melfi e per tutta la nostra comunità. La Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, che vive anch’essa in questo tempo – caratterizzato da una straordinaria, ma rischiosa e difficile, transizione –   disidera mostrarsi non solo presente, ma anche condividere umilmente il proprio pensiero.
  2. L’ora presente è un tempo di grande trepidazione che impatta sulla vita delle donne e degli uomini, delle famiglie e dei giovani in difesa del loro lavoro e in cerca di occupazione. Tutto ciò che tocca la vita delle persone, in quanto comunità cristiana, ci interessa! Per questa ragione nelle nostre scelte ecclesiali è sempre più fondamentale l’esigenza di accogliere le ragioni e le prospettive del mondo del lavoro, nella sua evoluzione; è doveroso leggere i segni più positivi e preoccuparsi delle derive e dei fenomeni di degrado e fragilità che lo attraversano, nella consapevolezza che il lavoro umano «è la chiave essenziale di tutta la questione sociale» (Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica, Laborem Exercens, 3), perché tale questione deve essere sempre orientata a «rendere la vita umana più umana» (Conc. Ecum. Vaticano II, Gaudium et Spes, 38).
  3. In quanto discepoli del Risorto sentiamo forte il dovere di stare dalla parte di quanti, nelle nuove condizioni dei processi tecnologici e della innovazione digitale, operano e plasmano il futuro di un’economia dove – come ripetutamente ricorda Papa Francesco – la cultura della “cura” può sostituire quella dello “scarto” e dell’indifferenza. Abbiamo tutti bisogno di un’economia che non lasci indietro nessuno e che faccia in modo che le “pietre scartate” dalla mentalità dominante diventino, invece, realmente “pietre angolari”. Siamo consapevoli che questo modo di parlare esula dal pensiero predominante: è il ‘paradosso’ evangelico, che strenuamente pone al centro l’uomo, senza compromessi ed alienazioni, che cerca di farsi carico di tante povertà da superare e che desidera promuovere molte potenzialità già presenti nel nostro territorio e in grado di essere generative di uno sviluppo pienamente umanizzante.
  4. Questo progetto, questa meta ed aspirazione, vogliamo che diventino la speranza di tutti, specie di chi vive le gravi problematiche del lavoro, per provare, con le ragioni della speranza – cioè con uno sguardo nuovo, vivo e vigile –   a dare alle vicende e agli sviluppi del nuovo programma Stellantis una prospettiva diversa. I nostri occhi, illuminati dalla luce del Vangelo, vogliono scrutare questo nostro tempo, controverso e drammatico per tanti nostri fratelli –   specie per coloro che sono maggiormente coinvolti nel meccanismo di un cambiamento che è ancora tutto da capire e da orientare –   per aiutarli a non rimanerne esclusi e schiacciati. Con la forza del Vangelo noi vogliamo essere compagni di strada e amici affidabili di quanti sono alla ricerca di un “futuro buono” che sappia garantire le generazioni odierne e quelle che verranno. Vogliamo essere non una struttura burocratica ed asettica, ma una famiglia che si interroga insieme a tutti coloro che si appassionano alle prospettive del bene comune e del progresso integrale della nostra comunità del Vulture e che lotta con la forza della coscienza per sostenere visioni che emancipano realmente la gente comune e aprano orizzonti concreti nella vita di tutti.
  5. Per la nostra terra questo è ancora, purtroppo il ‘tempo delle scelte’; tempo che per l’ennesima volta, però, noi ci auguriamo che sia realmente positivo, così come sembra, anche alla luce della direzione che dovrebbe scaturire dal recente incontro convocato da Stellantis, in uno scenario di giuste e crescenti mobilitazioni delle maestranze. Nel corso di esso si sono finalmente palesati i passaggi significativi e concreti per allocare nello stabilimento di Melfi le nuove produzioni-auto, ossia, cinque modelli concordati come previsto nell’accordo tra le parti sottoscritto il 12 luglio scorso. Questo nuovo assetto aprirebbe per lo stabilimento di Melfi una nuova centralità nel panorama dei notevoli punti produttivi dell’universo
  6. Gli auspici della comunità che vi lavora sembrano accolti. Ma bisogna guardare sempre in avanti e cogliere obiettivi e possibili equilibri più avanzati. Per consolidare l’occupazione e promuovere una nuova organizzazione del lavoro in grado di contenere l’esubero che si verificherà con l’ingresso dei nuovi modelli e l’uscita dei vecchi (fino al 2025). Tutto questo comporta che – oltre a non cessare di preoccuparsi dei problemi riguardanti le condizioni, i carichi di lavori e la sicurezza –  bisogna anche riuscire ad impiegare particolare attenzione e rispetto ai nuovi scenari che si ipotizzano. Proprio rispetto al su citato incontro tra le parti è bene sottolineare il peso imprescindibile che il “settore automotive” esercita sull’intera economia Regionale, della Basilicata e del Vulture in specie. A tal proposito quindi è di fondamentale importanza, a mio parere, preservare e rilanciare la centralità di Melfi all’interno del piano industriale di Stellantis. Una crisi radicale ed una caduta tendenziale dell’assetto auto di Melfi produrrebbe un indicibile tracollo dell’intera economia regionale, con effetti negativi anche in altre aree del Mezzogiorno d’Italia. Per questo la comunità produttiva dell’auto di Melfi può, di fatto, superare tutte le attuali criticità, se ci si adopera affinché, di fronte a questo tema pregnante, siano coinvolte anche le Istituzioni civili a livello nazionale.
  7. Dunque, nell’alveo di un progetto industriale sull’automotive per l’Italia può e deve trovare spazio anche il ruolo e la funzione dello stabilimento di Melfi e del suo indotto. Un mercato, come quello italiano, che già oggi assorbe – secondo alcuni studi –   oltre 1 milione e duecentomila veicoli prodotti dal gruppo, vede nel nostro Paese prodotte ancora e solo meno della metà della richiesta interna, che è venuta decrescendo nel decennio scorso. E’ questo un punto cruciale del confronto, che dal nostro contesto locale deve elevarsi forte. Accrescere la dimensione produttiva in Italia è fondamentale nel momento in cui si chiede al governo nazionale e a quello della Regione Basilicata, con le altre Regioni coinvolte, un impegno a sostenerne la competitività.
  8. Diventa strategico potenziare l’attrattività dell’area mediante nuovi interventi all’interno dei piani industriali per l’auto, aperti anche ad altri investimenti in nuovi settori produttivi. Bisogna elevare lo sguardo e guardare oltre. Serve un “Piano” per Melfi che guardi anche alle altre economie internazionali. Con queste attese e queste  domande nel cuore la Chiesa diocesana si appresta ad avviare la  Visita pastorale, favorendo anche momenti di riflessioni in tutte le comunità del Vulture-Melfese, coinvolgendo realtà comunitarie strutturate insieme ad Enti e soggetti pubblici e privati. Bisogna guardare più su, oltre quello che già abbiamo! Ce la faremo a generare insieme uno “spirito nuovo”? Saremo in grado di dar vita ad un pensiero originale, creativo, oltre le parole ed i concetti spesso abusati, per fare concretamente la differenza e non essere indifferenti alle sfide dei nuovi processi di riconversione produttiva? Riusciremo ad arrivare preparati dinanzi alle prossime sfide ai nostri assetti civili, oltre ogni distinzione di sorta?

La spinta, etica e civica, è tutta nel credere che la speranza e il buon senso prevalgano sulle paure e i ritardi. Solo “insieme” potremo superare in maniera feconda questa fase complessa e delicata, facendo leva sul sapere e la perspicacia di tutti, radicati nella nostra memoria storica, che può farsi maestra del presente, per orientare il futuro, nella certezza che lo ‘Spirito di Dio’, che soffia dove vuole,  fa vedere sempre e ovunque e per tutti “cose nuove” per edificare società che si rigenerano prevalentemente mediante un lavoro libero, creativo, partecipativo, solidale.

Melfi, 5 ottobre 2023.

+ Ciro Fanelli

Vescovo


OMELIA DEL VESCOVO CIRO IN OCCASIONE DELLA MESSA CRISMALE 2023

Apostoli umili del Vangelo e strumenti della Divina Misericordia

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

OMELIA NELLA MESSA CRIMALE

del Mercoledì Santo 5 aprile 2023

Melfi – Basilica Cattedrale

 

Apostoli umili del Vangelo e

strumenti della Divina Misericordia

 

Un saluto cordiale nel Signore a tutti e ad ognuno: a S.E. Mons. Rocco Talucci, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, ai seminaristi  e a voi fratelli e sorelle. Sentiamo vicini nella comunione sacramentale tutti i confratelli che, per ministero o per impedimenti, non possono essere fisicamente presenti a questa solenne celebrazione.

  1. Lo Spirito consacra e invia

 

La celebrazione della Messa Crismale, ogni anno, ci fa gustare la comunione ecclesiale nella gioia di sentirci comunità radicata in Cristo Gesù, «il testimone fedele» (Ap 1,5) che ha fatto di noi «un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Ap 1, 6). Per questa ragione ognuno di noi può con verità dire «lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato…» (Is 61,1-2).

Infatti, l’unzione dello Spirito fa sperimentare ad ogni battezzato, come al profeta, la totale appartenenza a Dio. E’ questo essere “del Signore” che dà forza alla parola profetica ed è questa appartenenza a Lui che gli dà vigore nella testimonianza. E’ lo Spirito del Signore che consacra e invia. Infatti, è lo Spirito Santo che ci “genera”  come Chiesa – Corpo mistico di Cristo e ci costituisce come “comunità evangelizzatrice”.

I santi Olii, che sono al centro di questa celebrazione, sono la rappresentazione simbolica e insieme efficace del dono dello Spirito che accompagna tutti i cammini ecclesiali ed esistenziali nella comunione sacramentale con il Vescovo.

 

 

  1. La Visita Pastorale segno della Visita di Cristo buon Pastore

 

In questo singolare dinamismo risplende la comunione come il dono teologale per eccellenza che lo Spirito fa alla Chiesa in quanto la rende icona della  Trinità.

Ricordare la centralità di questo “mistero” è per la nostra Chiesa diocesana anche un invito a vivere il tempo della Visita Pastorale, ormai prossima, come un vero “evento di grazia”, dove il protagonista è Cristo stesso, il Pastore buono che viene a bussare alla porta del nostro cuore e delle nostre comunità (cfr. Ap 3, 20).

La Visita Pastorale ci aiuti  –  ripartendo dall’Eucaristia, cioè da Cristo –  a mettere Dio al centro e ci faccia crescere nella lode per tutti i suoi infiniti benefici.

La gratitudine, che non deve mai mancare nel cuore del credente, è un aiuto efficace per riconoscere i doni che lo Spirito Santo semina sempre nelle nostre comunità.

Nei mesi scorsi, insieme al Vicario Generale, don Mauro Gallo, che ringrazio sinceramente per la generosa disponibilità e l’intelligente collaborazione, ho vissuto questa esperienza incontrando gli organismi di partecipazione di tutte le parrocchie delle zone pastorali di Venosa, Rionero e Melfi (restano ancora da incontrare le parrocchie della zona pastorale di San Fele).

In questi incontri, vissuti nella semplicità e nella cordialità, mi sono dovuto confrontare con difficoltà e criticità, ma ho soprattutto gioito nel vedere lo zelo dei sacerdoti e il desiderio dei fedeli laici di volere crescere nella fedeltà a Gesù e di voler diventare comunità generative nella fede.

 

  1. La preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione

 

In questa lode al Signore dobbiamo anche inserire la gratitudine per il cammino vocazionale dei nostri tre seminaristi, Saverio, Luca e Donato, e per il percorso di discernimento di Mattia, che sta vivendo la tappa propedeutica.

Questa sera, però, ringraziamo in modo particolare il Signore per Luca, che tra poco, verrà ammesso tra i candidati agli ordini del diaconato e del presbiterato.

L’affetto e la preghiera di tutti sostengano il cammino di questi giovani che desiderano mettersi alla sequela di Cristo. Preghiamo, dunque, il Signore perché mandi operai nella sua messe (cfr. Mt 9,38), suscitando nella nostra Chiesa diocesana, provata da tanti lutti e privazioni, nuove e sante vocazioni di speciale consacrazione.

 

  1. Tutti con Gesù nella sinagoga di Nazareth

 

Carissimi fratelli e sorelle, il Vangelo che è stato proclamato ci ha condotti tutti nella sinagoga di Nazareth, ma – consentitemi – in modo particolare ha condotto noi sacerdoti.

Nelle parole di Gesù: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21) si svela il disegno salvifico di Dio come misericordia. E’ questo il mistero dal quale scaturisce la nostra esistenza sacerdotale.

Le parole del profeta attualizzate da Gesù sono l’orizzonte e lo stile del nostro servizio sacerdotale nella Chiesa per il mondo. Ma quelle parole di Gesù esprimono oltre alla gioia, che sempre deve animare il messaggero di lieti annunzi, anche le inevitabili sofferenze e fatiche che accompagnano gli evangelizzatori nella loro missione. Questo è stato vero per Gesù, ed è altrettanto vero per noi.

Proprio nei momenti più difficili del nostro ministero,  quando  «ci sembra di non aver ottenuto con i nostri sforzi umani alcun risultato» – ci ricorda sapientemente Papa Francesco –  dobbiamo ricordarci che «la missione non è un affare o un progetto aziendale (…). E’ qualcosa di molto più profondo, che sfugge ad ogni misura. Forse il Signore si avvale del nostro impegno per riversare benedizioni in un altro luogo del mondo dove non andremo mai… Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre in mezzo alla nostra dedizione creativa e generosa. Andiamo avanti, mettendocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui» (cfr. EG 279).

 

  1. “Ri-posarci” su Cristo per ritrovare vigore apostolico

 

La Liturgia della messa del Crisma ci indica dunque “la via maestra” per ritrovare forza, vigore ed entusiasmo per la nostra vita sacerdotale, invitandoci prima della consacrazione e benedizione degli Olii a “ri-posarci” in Cristo, a “ri-collocarci” alla sorgente della nostra vocazione.

La liturgia odierna invita noi sacerdoti, attualizzando le parole dell’Apostolo Paolo a Timoteo, a “ravvivare il dono che abbiamo ricevuto mediante l’imposizione delle mani” (cfr. 2 Tm 1,6). Per questa ragione  –  dico a me e a voi carissimi fratelli sacerdoti –  facciamo ritorno al  “sì” che abbiamo pronunciato nel giorno della nostra ordinazione e che fra poco saremo invitati a rinnovare insieme.

Con il profeta Isaia  – quel giorno –  abbiamo detto «Eccomi, manda me!» (Is 6, 8). In quel giorno, il Signore stesso, mediante il ministero del Vescovo, si è fidato di noi ed Egli stesso ci ha imposto sul capo le mani.

La grazia di quel giorno deve riempirci sempre di gioia, di fiducia e deve renderci apostoli umili e coraggiosi del Vangelo; strumenti docili della Divina Misericordia che guarisce e libera; fratelli di tutti e amici dei più poveri: il nostro “sì” sia sempre motivo di gioia e di lode per il popolo affidato alle nostre cure pastorali.

 

  1. Questo è il tempo della Speranza

 

Fratelli e sorelle, per nessun motivo dobbiamo lasciarci andare ad atteggiamenti e sensazioni di smarrimento o di confusione: il Signore è in mezzo a noi (cfr. Gv 20, 19), Egli è la nostra unica Speranza (cfr. 1 Tm 1,1).

Pensare che il tempo presente sia il meno adatto per testimoniare il Vangelo e per vivere l’ecclesialità è una delle tentazioni più gravi: invece è proprio “qui ed ora” che il Regno di Dio viene; è questo il tempo in cui dobbiamo edificare, con passione e dedizione, il Corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr. Ef 4, 12)!

San Giovanni XXIII , il Papa Buono, in occasione del Concilio Ecumenico Vaticano II mise in guardia da “alcuni, che, sebbene accesi di zelo, non sono capaci di vedere altro che rovine e guai … a Noi – disse il Pontefice –  sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio…” .

Il Signore, invece, ci ha rassicurati: Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28, 20); Egli non chiede mai né agli Apostoli e né ai discepoli di avere successo, chiede invece a tutti di portare frutto (cfr. Gv 15, 16; EG 24), di essere umili e fedeli, di imparare da Lui (cfr. Mt 11, 29).

Gesù, già nella sinagoga di Nazareth (“All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;  si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” –  Lc 4, 28-29) mostra chiaramente di non avere la pretesa di dominare sugli altri; Egli fa appello soltanto alla libertà di chi lo ascolta, mettendo subito in conto anche rifiuti e insuccessi.

Non sentiamoci, dunque, mai soli. Il Padre non ci lascerà mai in preda alla tentazione (cfr. Mt 6, 13). Le nostre gioie e le nostre consolazioni, come le tribolazioni e le difficoltà, non sono estranee al cuore di Gesù. Egli ci è sempre vicino, soprattutto quando ci sentiamo affaticati e stanchi (cfr. 2 Tm 1,8; Mt 11, 28). E quando vediamo che le reti sono vuote (cfr. Mt 5, 5), il Signore ci ripete: prendete il largo (cfr. Mt 5,4)!

 

  1. Dallo stupore all’impegno

 

Fratelli e sorelle, la celebrazione odierna nella ricchezza dei suoi simboli liturgici ci riporta tutti alle radici della nostra esistenza in Cristo, ognuno secondo la propria vocazione e il proprio ministero.

Come non essere grati e pieni di gioia per tale predilezione? E come non avvertire l’esigenza di rispondere generosamente al Signore, come l’Apostolo Pietro, per questa sua fiducia nei nostri confronti, dicendogli: sulla tua parola getterò le reti (cfr. Mt 5,5)?

Tutti noi  – ministri ordinati, persone consacrate, fedeli laici –   dobbiamo fare nostro questo stupore e dobbiamo sentirci coinvolti nel dare un volto nuovo alla nostra Chiesa, sentendoci “collaboratori di Dio nel Vangelo di Cristo” (cfr. 1 Cor 3, 9) “prendendo l’iniziativa, coinvolgendoci, accompagnando, fruttificando e festeggiando” (cfr. EG 24).

L’opera della salvezza è del Signore: noi ne siamo solo “servi inutili” (Mt 17, 10) e poveri collaboratori, che trovano gioia nel dedicarsi ad essa con lo stile di Maria ovvero con grande umiltà e fiducia.

All’opera di Dio dobbiamo partecipare non solo con lo stile di Maria anche con il suo sguardo e il suo cuore: cuore che “custodisce” (cf. Lc 2, 19) con amore il corpo del Figlio, perché sia continuamente donato al mondo.

Perciò, fratelli e sorelle, amiamo e custodiamo la nostra Chiesa diocesana, che è veramente bella e santa,  per dono del Signore, scorgiamo sempre in essa i tratti del disegno misericordioso di Dio.

Con questi sentimenti eleviamo oggi e sempre la nostra gratitudine al Signore Gesù «che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen» (Ap 1, 5-6).

 

Melfi, 5 aprile 2023 – Mercoledì santo

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

 

OMELIA PER LA MESSA CRISMALE DEL 5 APRILE 2023


COMUNICATO – Preoccupazione, trepidazione e speranza per i lavoratori del nostro territorio

Appello del Vescovo per i lavoratori della zona industriale di Melfi

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

Preoccupazione, trepidazione e speranza

per i lavoratori del nostro territorio

 COMUNICATO

  1. La Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa, che cammina insieme agli uomini e alle donne che abitano il territorio del Vulture-Melfese, partecipa con preoccupazione e trepidazione alle problematiche che stanno interessando l’area industriale del nostro comprensorio. Come Vescovo, in questo tempo di straordinaria e difficile transizione, sento il dovere di farmi portavoce delle lavoratrici e dei lavoratori, delle famiglie e dei giovani in difesa del diritto al lavoro. La Chiesa locale, nell’auspicare un futuro sostenibile, che garantisca il lavoro per tutti e per ognuno, offre la propria collaborazione per costruire sul territorio una società più coesa e solidale, affinché possano essere gestite e risolte le dolorose questioni che da tempo gravano sulle fasce più deboli e fragili della popolazione. E’ necessario, infatti, accompagnare “insieme” le trasformazioni economiche e produttive in atto, facendo in modo che il nostro territorio non venga escluso dall’innovazione tecnologica e dallo sviluppo digitale.
  2. Viva è la preoccupazione per l’incompiuta definizione della vertenza “Auchan”, che vede 100 lavoratori in sospensione, senza aver ancora intercettato un nuovo player per la gestione dell’insediamento. Per evitare la perdita definitiva del lavoro è doveroso intraprendere tutte le più utili iniziative da parte dei soggetti pubblici preposti, tra cui la Regione e gli attori istituzionali di ogni livello. La sfida ad elevare il livello di attenzione nella difesa dei processi produttivi ed occupazionali, con ogni mezzo possibile, nell’area strategica del Melfese, non può e non deve cessare. Tutti sappiamo che un ridimensionamento, anche limitato del 5-10%, dell’assetto occupazionale potrebbe provocare un “effetto domino” travolgente nel contesto locale, con il consequenziale incremento di forme gravi di povertà. A tal proposito, è bene ricordare in questa sede il principio costituzionale per cui l’iniziativa economica privata «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41, secondo comma).
  3. In tale prospettiva, con altrettanta trepidazione la comunità ecclesiale segue i contatti tra le parti istituzionali, sindacali e “Stellantis” per definire la centralità dello stabilimento melfitano, i nuovi impegni produttivi ed i connessi piani di attività. Occorre, in primo luogo, un grande piano straordinario per l’auto, oltre l’emergenza, che affronti le scelte di politica industriale e di regolazione della domanda e dell’offerta e di sostegno alla formazione. La comunità cristiana auspica che l’occupazione ed il futuro dei lavoratori interessati siano sempre al primo posto nei processi di riconversione verso la sfera dell’elettrico, nella modalità di una transizione sostenibile e graduale, come di recente in più sedi riaffermato, per evitare ricadute negative sotto l’aspetto produttivo ed ancor più occupazionale.
  4. La Chiesa esprime, con intensità e costanza, la propria vicinanza solidale alla storia di tutti i lavoratori, che animano e conferiscono valore umano all’intero funzionamento della fabbrica-auto, che è ormai coessenziale al nostro territorio. La soluzione delle difficili e complesse problematiche che interessano il settore automobilistico non può percorrere le vie del restringimento ed impoverimento della base produttiva con la conseguente riduzione di uno stabilimento avanzato come quello di Melfi. Lo stabilimento di Melfi rappresenta, infatti, un significativo potenziale tecnologico, produttivo e occupazionale per tutto il Mezzogiorno d’Italia, che si è costruito nel tempo e che è stato non utilizzato appieno. Esso non può essere vanificato in tutte le sue potenzialità secondo i parametri di un’economia dello scarto, penalizzando il vero progresso umano. Su tale peculiare aspetto, la Dottrina Sociale della Chiesa afferma, tra l’altro, che: «il progresso, […] deve compiersi mediante l’uomo e per l’uomo e deve produrre frutti nell’uomo. Una verifica del progresso sarà il sempre più maturo riconoscimento della finalità del lavoro e il sempre più universale rispetto dei diritti ad esso inerenti, conformemente alla dignità dell’uomo, soggetto del lavoro» (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica, Laborem Exercens, 18).
  5. I prossimi confronti con la casa automobilistica devono smentire i timori che circolano nella popolazione. Per il futuro del nostro territorio è necessario che prevalga, invece, un disegno di grande ripresa per la riqualificazione dello stabilimento melfitano. Ora è il tempo di scelte chiare che siano efficacemente a sostegno del mondo del lavoro. Il recente confronto con il Ministero competente del Governo italiano e “Stellantis” deve aprire nuovi spiragli e prospettive per una transizione giusta, così come le istituzioni europee ci indicano. Sono ancora attesi precisi e circostanziati “cronoprogrammi” sugli obiettivi di riconversione produttiva ed occupazionale dello stabilimento melfitano. Decisivo dovrà essere l’impegno delle politiche pubbliche per dare solidità e continuità al lavoro nel settore automotive. Mobilitando ed impiegando fondi già previsti e stanziati per continuare a formare i lavoratori, investire sulle infrastrutture per la rete di ricarica, nonché sostenere le aziende che fanno investimenti per autoprodurre energia elettrica per poter abbattere i costi. Una specifica e puntuale attenzione necessita anche l’indotto di Melfi, particolarmente rilevante per la sua capacità produttiva e per il valore della forza lavoro impegnata.
  6. Non bisogna dimenticare che tutto si può perdere se non si tiene presente che nella competizione dei mercati c’è innanzitutto il territorio e tutto quello che i lavoratori, le istituzioni, le forze sociali possono e devono fare, con ogni strumento che avvantaggi tutti ed ognuno. Nel nostro comprensorio sono presenti non solo tutti gli elementi essenziali per una ripresa ed un consolidamento di nuovi processi produttivi, ma anche le potenzialità per “abitare il nostro tempo” contrassegnato da grandi trasformazioni ambientali, tecnologiche e produttive. Uno straordinario impulso può derivare dal rilancio delle relazioni industriali, come strumento diretto di compartecipazione, la più larga e comprensiva. Sono nel segno della sperimentazione le recenti intese contrattuali, di pregio per aver concordato, tra l’altro, strumenti per monitorare la trasformazione aziendale in atto, l’accesso alle co-decisioni aziendali con le Commissioni, le norme sul “lavoro agile” ,e nuove forme organizzative, sul modello delle funzioni tecniche e gestionali (mod.Nea). E’ doveroso, infatti, porre al centro di ogni scelta politica, economica e sociale la promozione e la tutela della persona, nella consapevolezza che il lavoro degno dell’uomo, secondo l’insegnamento di Papa Francesco, deve essere “libero, creativo, partecipativo e solidale”.
  7. La Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, pertanto, avendo a cuore l’autentico progresso dell’uomo e della società, rivolge il suo appello a tutti coloro che sono coinvolti nelle decisioni sul futuro dei nostri lavoratori, affinché “insieme” si possano risolvere i problemi del lavoro nel nostro territorio, per il bene delle famiglie, e in particolare dei giovani. La Chiesa diocesana con umiltà, ma con determinazione, continuerà a prestare la sua voce alla propria gente e farà la sua parte per favorire il dialogo in vista della ricerca di soluzioni possibili e concrete.

Melfi, 13 marzo 2023.

+ Ciro Fanelli

Vescovo


DECRETO DI INDIZIONE VISITA PASTORALE

Io sono in mezzo a voi come colui che serve (Luca 21,27)

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

Prot. N.  131/22/V  – R.G.

Indizione della Visita Pastorale

“Io sono in mezzo a voi come colui che serve”

(Luca 21, 27)

 

Fratelli e sorelle,

la grazia, la misericordia e la pace da parte di Dio Padre, per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo, siano con voi!

Il 4 novembre scorso, memoria di San Carlo Borromeo, sono trascorsi cinque anni dal mio arrivo tra voi come vostro Vescovo; in cinque anni nel nome del Signore abbiamo camminato insieme, condividendo l’ansia per l’evangelizzazione, la partecipazione ai divini misteri e la cura per la testimonianza della carità. Sono giunto tra voi spinto unicamente dalla volontà di Dio che, per me e per voi, si è manifestata nel discernimento di Papa Francesco ed ho iniziato il mio ministero animato dal desiderio di “fare tutto per il Vangelo” (1 Cor 9, 23)! Elevo il mio “grazie” al Signore, perché ogni giorno mi sento rafforzato nella convinzione che, come diceva san Paolo ai presbiteri di Efeso, “non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia” (At 20, 24).

In questi anni, attraverso molteplici forme, ho incontrato e ascoltato le persone e le varie componenti della nostra Chiesa locale ed anche le diverse istituzioni civili presenti nel territorio. Nonostante le lunghe interruzioni imposte dal contenimento della pandemia, ho comunque avuto modo di conoscere diffusamente la bellezza e la ricchezza della nostra Diocesi, insieme anche alle sue fragilità e criticità.

Confortato dall’attiva partecipazione del presbiterio e del collegio dei diaconi, dalla collaborazione della Curia diocesana e dal positivo riscontro delle persone consacrate e del popolo di Dio, a partire dal primo Convegno Diocesano abbiamo assunto la scelta pastorale degli “ambiti di vita”, tematizzati nel Convegno ecclesiale di Verona del 2006, portando a termine –  con impegno e, in talune circostanze, anche con fatica –   in tutte le Parrocchie e nelle zone pastorali la costituzione degli organismi di partecipazione e la nuova impostazione della Curia diocesana.

Al fine di dare maggiore vigore evangelico al mio servizio episcopale ritengo che sia ora maturo il tempo per incontrarvi e ascoltarvi ulteriormente attraverso lo strumento della Visita Pastorale, con l’intento di giungere ad un più ampio discernimento comunitario, così da rendere la nostra Chiesa locale pienamente conforme al progetto di Dio, maggiormente aderente all’insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II e più in sintonia con il Magistero di Papa Francesco, che, in questo difficile momento storico, ci esorta ad avviare una profonda conversione pastorale in senso missionario e sinodale.

La Chiesa, infatti, come popolo santo di Dio, è chiamata ad “abitare la terra e vivere con fede” (cfr. Salmo 37), rendendo visibile l’opera di Gesù che “percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità” (cfr. Mt 9, 35). La Visita Pastorale si pone su questo solco di annuncio e di servizio. Essa è una delle modalità pastorali più alte attraverso cui il Vescovo si prende cura del popolo di Dio che gli è stato affidato.

Con la Visita Pastorale, mentre voglio approfondire ulteriormente la conoscenza dell’intera Diocesi,  intendo soprattutto rendere visibile il Signore Gesù, il Cristo, il “supremo pastore” (1Pt 5,4) e il “guardiano delle nostre anime” (cf. 1Pt 2,25), che si prende cura del popolo che Egli si è acquistato a prezzo del suo Sangue prezioso (cfr. 1 Pt 1, 18-19).

La Visita Pastorale è per il Vescovo “l’occasione per ravvivare le energie degli operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolarli, è anche l’occasione per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento della propria vita cristiana e ad una azione apostolica più intensa. La Visita gli consente inoltre di valutare l’efficienza delle strutture e degli strumenti destinati al servizio pastorale, rendendosi conto delle circostanze e difficoltà del lavoro di evangelizzazione, per poter determinare meglio le priorità e i mezzi della pastorale organica” (Apostolorum successores, n. 221).

Pertanto, dopo aver condiviso il suddetto proposito sia con il Consiglio Presbiterale, nella seduta del 31 ottobre 2022, e sia con il Consiglio Pastorale Diocesano, nella seduta del 6 novembre 2022, in ossequio all’insegnamento del Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, nn. 24-27; Christus Dominus, nn. 11-18); in ottemperanza ai cann. 396, 397, 398 del Codice di Diritto Canonico;  secondo il Direttorio per il Ministero pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores, nn. 221-225; continuando a camminare nel solco tracciato dai Convegni pastorali diocesani, celebrati in questi ultimi cinque anni, caratterizzati dall’ansia di promuovere nella nostra Chiesa Locale scelte pastorali in grado di rafforzare  la Comunione, favorire la partecipazione e rilanciare la missione,

INDICO

la mia prima Visita Pastorale nella Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa.

La Visita si svolgerà in tempi e modi che saranno comunicati quanto prima, dopo aver ascoltato il presbiterio e gli organismi diocesani deputati per tale servizio. Essa sarà per tutti un incontro nel quale, insieme, come gli Apostoli, dobbiamo rigustare nella gioia la presenza del Signore Risorto in mezzo a noi, che effonde il suo Spirito, che ci dona la pace e ci invia al mondo quali testimoni della gioia del Vangelo e apostoli della divina misericordia, infondendoci la forza rinnovatrice della Pasqua (cfr. Gv 20, 19-23).

In questo meraviglioso compito che ci attende ci sia di sostegno e di conforto l’intercessione della Beata Vergine Maria, di S. Alessandro, di S. Biagio e di S. Felice, nostri santi Patroni, di San Giustino de Jacobis, pastore radicato nel Vangelo, aperto al dialogo e all’ascolto di tutti, dei santi Patroni delle nostre comunità parrocchiali e  dei Santi Ambrogio e Carlo, pastori zelanti, che sull’esempio di Cristo hanno dato la vita per il gregge.

Il Signore benedica con la grazia della sua infinita Misericordia il nostro comune cammino di fede.

Melfi, 7 dicembre 2022 – Primi Vespri della Solennità dell’Immacolata Concezione della B.V. Maria

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

Mons. Ciro Guerra

Cancelliere vescovile

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“IO SONO IN MEZZO A VOI COME COLUI CHE SERVE” (LUCA 21, 27)

Lettera alla Santa Chiesa di Dio che è in Melfi - Rapolla - Venosa per la “riapertura” della Cattedrale di Melfi e per l’Indizione della Visita Pastorale

CIRO FANELLI
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

Alla Santa Chiesa di Dio
che è
in Melfi-Rapolla-Venosa

“IO SONO IN MEZZO A VOI COME COLUI CHE SERVE”

(LUCA 21, 27)
Lettera
per la “riapertura” della Cattedrale di Melfi
e per l’Indizione della Visita Pastorale

 

 

Carissimi fratelli e sorelle,

 

1. Insieme per “servire”
il 4 novembre 2017, nella memoria liturgica di San Carlo Borromeo, alla cui intercessione ho affidato il mio ministero episcopale, giungevo in mezzo a voi come vostro Vescovo: abbiamo  vissuto, con l’aiuto di Dio, cinque anni di cammino insieme. Nel nome del Signore, da quel giorno, ho orientato, con trepidazione e fiducia, i miei passi verso di voi con l’unico intento di “fare tutto per il Vangelo” (1 Cor 9, 23), sforzandomi di conoscervi, amarvi e servirvi perché siete la Sposa diletta di Cristo Gesù, nostro unico Salvatore.
Il “servire” è il senso profondo del nostro essere Chiesa e del ministero ordinato nella comunità cristiana; la nostra identità ecclesiale è tutta racchiusa in quelle parole sublimi di Gesù: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 21, 27).
A partire da quel giorno di cinque anni fa, nella luce della Fede, ho riconosciuto nel discernimento di Papa Francesco la volontà di Dio sulla mia persona e attraverso di me per la Santa Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa.
Oggi, con maggiore consapevolezza di allora, vi ripeto con San Paolo che mi siete diventati cari nel Signore (cfr. 1 Ts. 2,8).

 

2. Il Signore si è preso cura di noi
Il tempo che abbiamo trascorso insieme è stato, purtroppo, contrassegnato da due anni di pandemia; due anni che hanno causato tante criticità, non solo dal punto di vista sanitario,
ma anche sociale ed economico. Le restrizioni per contenere la diffusione del contagio non ci hanno consentito di poterci incontrare a livello ecclesiale con la consueta frequenza e nella serenità.
La pandemia ha contribuito, inoltre, a svelare scenari pastorali di cui forse non eravamo pienamente consapevoli. In questi cinque anni abbiamo vissuto tanti momenti difficili, ma anche tante situazioni belle e significative. In ogni circostanza, però, abbiamo sempre sperimentato che il Signore ci è stato accanto e con la sua Misericordia si è preso cura di noi. Siamo certi che Gesù, il Pastore buono e bello, ogni giorno ci guida conducendoci sui sentieri del tempo per aprire i nostri cuori alla lode a Dio Padre nello Spirito Santo.

 

3. Il dono della “riapertura” della Cattedrale
La Provvidenza di Dio ha disposto che a conclusione di questo primo lustro del mio servizio episcopale la Diocesi potesse gioire nel “rivivere” la sua Cattedrale e nell’ammirarne nuovamente non solo la bellezza della sua facciata, ma anche la magnificenza dell’aula liturgica. La teologia ci insegna che la Chiesa Cattedrale è l’icona della comunione ecclesiale, che deve permeare tutta la vita della Diocesi e della missione alla quale tale comunione invia: testimoniare con la vita battesimale la Misericordia di Dio. Il prossimo 7 dicembre, Vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, attraverseremo insieme la porta principale della nostra Cattedrale per celebrare i divini i misteri e per contemplare in Maria l’attuazione piena del progetto di amore che il Signore ha predisposto per tutti: essere “santi ed immacolati” nell’amore al suo cospetto (cfr. Ef 1, 4-5).
La riapertura al culto della nostra Cattedrale avviene nel tempo di grazia che è il “cammino sinodale”. Anche questa coincidenza è sicuramente provvidenziale ed è, perciò, carica di molteplici significati per il nostro cammino di Chiesa. Il Cristo Buon Pastore, infatti, ci chiama attraverso l’icona della Chiesa Cattedrale a vivere la comunione, ad essere popolo, a camminare nella  sinodalità, proclamando a tutti la gioia del Vangelo.

 

4. L’indizione della Visita Pastorale
In questa bella e solenne circostanza, per la quale il Santo Padre ha concesso il dono dell’Indulgenza plenaria, che ci consentirà di gustare per un intero anno il significato ecclesiale della Chiesa Madre della Diocesi, mi è parso opportuno – non solo per dovere canonico, ma per esigenza pastorale – indire la mia prima Visita Pastorale, a norma dei can. 396, 397, 398 del Codice di Diritto Canonico e in ossequio alle indicazioni del Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, Apostolorum Successores (numeri 221-225). Quanto prima sarà mia cura comunicare le modalità operative della Visita, la sua scansione temporale e i nomi dei convisitatori. Essa è per la nostra Chiesa diocesana un vero tempo di grazia con l’esperienza dell’incontro, dell’ascolto e del discernimento, a cui ci chiama il percorso sinodale, per aiutarci a crescere nella comunione, nella partecipazione e nella missione.

 

5. I molteplici volti di un unico mosaico
In questi cinque anni, attraverso le celebrazioni ed altri eventi ecclesiali, vi ho incontrato in più occasioni.
Le visite alle parrocchie, gli incontri con gli organismi ecclesiali e con le aggregazioni laicali mi hanno fatto conoscere sempre meglio la Diocesi: i suoi talenti, le aspirazioni, le gioie, le sofferenze, le criticità. Questi incontri sono stati per me momenti preziosi che hanno rafforzato nel mio animo il desiderio di “camminare insieme” per essere sempre più fedeli al Signore Gesù, nostra
speranza e nostro unico salvatore. Tra gli incontri particolarmente significativi, ricordo con gioia spirituale quegli eventi che hanno accompagnato il percorso formativo diocesano e zonale: i convegni pastorali, la settimana biblica e il “cammino sinodale”, che nelle nostre comunità è venuto a coincidere con la ricostituzione in tutte le parrocchie degli organismi di partecipazione.
Nella luce di Cristo, che sempre deve illuminare il servizio ecclesiale, ho avuto anche modo di incrociare molte storie personali, spesso segnate dalla sofferenza, dalla povertà e dall’emarginazione. In questa stessa luce ho colto, però, con gioia interiore, nel cuore di tanti – presbiteri, religiosi e religiose, diaconi, seminaristi, fedeli laici – il desiderio di crescere nella fedeltà al Vangelo, nel servizio ecclesiale e in quello caritativo.

 

6. Lo zelo dei presbiteri
Ho apprezzato molto lo zelo pastorale del nostro presbiterio diocesano che, in questi anni, sebbene sia stato duramente provato da lutti e da molte criticità, è stato forte nel proseguire
con amore nella missione di servire la Chiesa di Dio. Abbiamo anche gioito per l’ordinazione di nuovi sacerdoti, lodando il Signore che non fa mancare alla sua Chiesa ministri secondo il suo cuore. Cordialmente ringrazio tutti i nostri sacerdoti, diocesani e religiosi, per la fraternità, l’affetto e la collaborazione. Gesù Buon Pastore ricompensi le fatiche di ognuno e riversi nel cuore di tutti l’olio della consolazione e il vino della speranza!

 

 

7. La varietà di vocazioni, carismi e ministeri
Ho constatato con soddisfazione spirituale il desiderio dei nostri diaconi permanenti di volersi porre con amorevolezza e umiltà a servizio delle comunità. Ho verificato l’umile dedizione delle persone consacrate nel testimoniare i valori del Regno. Ho gioito dinanzi alla generosità con la quale tanti fedeli laici nelle parrocchie e nelle varie aggregazioni ecclesiali testimoniano la fedeltà al proprio battesimo. Mi sono sentito incoraggiato dai giovani che si sono incamminati in un sincero discernimento vocazionale in vista del Sacerdozio: Saverio De Rosa e Luca Vietri di Melfi,
Donato Grimolizzi di Rapolla e Mattia Quagliarella di Lavello.

 

8. Tutti chiamati ad ascoltare e ad accogliere
In questi anni, come dicevo, ho incontrato molte persone segnate da tanta sofferenza spirituale e materiale; esse ci rendono presente il corpo sofferente di Gesù di cui la comunità cristiana deve prendersi cura per celebrare nella vita l’Eucaristia che vive nella liturgia. Queste persone, se da una parte ci chiedono attenzioni concrete, dall’altra ci domandano soprattutto di essere ascoltate, di sentirsi accolte e riconosciute nella loro dignità; penso in modo particolare ai disoccupati, alle famiglie lacerate, agli anziani, ai carcerati, alle persone sole, ai malati, gli immigrati, ai giovani in cerca di un senso per la loro vita.

 

9. La fatica di “pensare insieme” il bene della società e il suo sviluppo
L’incontro con le istituzioni civili, culturali ed educative, con le forze dell’ordine, con i presidi sanitari è stato sempre improntato al dialogo, nel rispetto reciproco e nella collaborazione.
Questi incontri, però, con l’impegno di tutti, devono trasformarsi in un’intesa più organica per sovvenire con efficacia alle necessità delle fasce più deboli della popolazione. Le nostre comunità, che sono molto provate dalla denatalità e dalla disoccupazione, devono vederci tutti pronti alla fatica di “pensare insieme” per essere più attenti a favorire sul territorio quelle scelte in grado di catalizzare le energie dei giovani e di convogliarle nello sviluppo economico, sociale e culturale del nostro territorio.

 

10. La scuola e i giovani
Nelle visite alle scuole ho incontrato dirigenti, docenti e personale A.T.A. che, consapevoli della preziosità del loro ruolo educativo, non si arrendono facilmente davanti alle molteplici
difficoltà in cui oggi sono chiamati ad operare come educatori e formatori. I nostri ragazzi e i nostri giovani, infatti, nella proposta formativa della scuola trovano ancora, grazie a Dio, una “palestra” importante per crescere e maturare. Dall’incontro con i ragazzi e i giovani emerge sempre la richiesta di essere sicuramente accompagnati nel cammino della loro giovane vita, ma soprattutto di essere ascoltati e di divenire protagonisti nella costruzione del loro futuro.

 

11. Aprire cantieri di evangelizzazione e di umanità
In questo nostro contesto sociale e culturale, che è il Vulture-Melfese e parte dell’AltoBradano, la nostra Chiesa diocesana è chiamata, come ci sta chiedendo il “cammino sinodale”, a farsi “cantiere” di evangelizzazione, di umanità e di servizio, divenendo sempre più presenza positiva e propositiva della grande Speranza che è l’annuncio del Vangelo. Con questa Speranza evangelica dobbiamo chinarci sulle molteplici povertà della nostra società, incrociando, però, gli occhi e i cuori delle persone per stringerci ad esse con sincero affetto ecclesiale.
L’Eucaristia è il luogo teologico di questo incontro e di questo discernimento. Ogni Eucaristia ci spinge ad incontrare tutti e a seminare in ogni ambito della vita i valori del Regno.

 

12. Educare alla vita buona del Vangelo
La celebrazione dei sacramenti, la predicazione, la catechesi, la formazione, l’accompagnamento delle persone, la testimonianza della carità non sono soltanto il cuore del nostro impegno ecclesiale, ma anche le modalità con cui come discepoli del Risorto annunciamo al mondo che è bello essere Chiesa! Questo è il servizio che dobbiamo offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo nella consapevolezza che il Vangelo è via per crescere in umanità!

 

13. La “via della bellezza” come evangelizzazione
Uno dei linguaggi che la Chiesa ha usato nel corso dei secoli per evangelizzare è stato anche quello dell’arte, indicando la “via della bellezza” come strada dell’incontro con il Verbo
della vita. Anche la nostra Chiesa locale ha camminato lungo questi sentieri. Infatti nella nostra realtà diocesana possiamo annoverare un grande patrimonio artistico di notevole valore.
La “via della bellezza” resta anche oggi una delle espressioni più alte per annunciare il Vangelo, per esprimere la forte valenza culturale del mistero di Dio, riconosciuto come via
per la piena realizzazione dell’uomo. L’armonia architettonica di alcune Chiese della nostra Diocesi sono il segno di una comunità cristiana che nel passato ha saputo annunciare la bellezza di Dio, riuscendo a farla risplendere nella sacra liturgia.

 

 

14. La nostra Cattedrale segno di una storia di bellezza
La Basilica Cattedrale di Melfi con la sua bellissima facciata settecentesca è un maestoso esempio di questo fecondo connubio tra Fede e arte. Purtroppo, dal 2016 la facciata della Cattedrale è stata “velata” ai nostri sguardi, a causa dei necessari ed urgenti lavori di restauro; successivamente, dall’ottobre del 2021, anche l’aula liturgica della Cattedrale è stata chiusa al culto, perché è stata interessata anch’essa da importanti interventi di consolidamento. Ora la nostra Cattedrale ritorna a risplendere in tutto il suo fascino per continuare ad essere spazio sacro in cui la Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa potrà ritrovarsi per celebrare i divini misteri e per sentirsi inviata a portare a tutti la gioia del Vangelo.

 

 

15. Il Convegno sulla Cattedrale
La riapertura della Cattedrale, è un evento di grande valenza teologica, ecclesiale e artistica. Per questa ragione essa sarà preceduta da un Convegno di studi che inizierà il 30 novembre.
L’obiettivo del Convegno è di evidenziare tutti gli aspetti che la Chiesa Cattedrale esprime all’interno del tessuto ecclesiale della Diocesi. Ringrazio di cuore Mons. Ciro Guerra, Delegato diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici, che ne ha curato l’organizzazione, avvalendosi della collaborazione degli altri organismi pastorali diocesani e delle molteplici competenze esterne.

 

16. L’indulgenza plenaria
Per tale circostanza, come dicevo, il Santo Padre, Papa Francesco, attraverso la Penitenzieria Apostolica, ha concesso il dono dell’Indulgenza plenaria a quanti con spirito di Fede visiteranno la Cattedrale. Con questo dono per la nostra Diocesi si apre un tempo “giubilare” che terminerà l’8 dicembre del prossimo anno. Sarà un anno di grazia in cui cogliere la bellezza e la gioia di essere Chiesa, che nasce dalla comunione trinitaria, vissuta in forma sinodale in un popolo che si rafforza comunicando il Vangelo. Questa circostanza di alto significato ecclesiale, anche per l’indizione della Visita Pastorale, deve vederci come Chiesa locale convenire tutti a Melfi il prossimo 7 dicembre: presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, seminaristi e fedeli laici. Le modalità con cui partecipare alla celebrazione saranno comunicate quanto prima dagli Uffici della Curia diocesana preposti per l’organizzazione di tale evento.

 

17. Le ragioni della Visita Pastorale
La Visita pastorale che il Vescovo diocesano, a norma del Diritto Canonico, è tenuto a compiere rende presente la permanente visita di Cristo Buon Pastore, che si prende cura del
suo gregge. La Visita per me, prima di essere un dovere, è un’esigenza del cuore, che mi consentirà di vivere in pieno nella ferialità e in modo prolungato la carità pastorale, incrociando i miei
passi con la vita di ogni singola comunità parrocchiale e con i ritmi di ogni realtà presente nella nostra compagine ecclesiale. Essa è anche una singolare opportunità per accrescere la ricchezza di grazia propria del “cammino sinodale” nel quale ci troviamo. Il dinamismo del Sinodo è, infatti, sostanzialmente identico a quello della Visita Pastorale: entrambi gli eventi sono scanditi dall’incontrare, dall’ascoltare e dal discernere. Attraverso la Visita desidero fare mio il desiderio dell’apostolo Paolo rivolto a Barnaba: “Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno” (At 15,36).

 

18. Il senso dell’essere Chiesa nello spirito del Vaticano II
La celebrazione di riapertura della Cattedrale con l’indizione della Visita Pastorale avviene nel 60° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Questa felice coincidenza fa si che la Visita Pastorale trovi senso e significato nell’insegnamento conciliare, che vede la Chiesa generata dalla Parola di Dio (Dei Verbum) e dall’Eucaristia (Sacrosantum Concilium), i cui elementi identitari sono la missione (Ad Gentes), la ricerca dell’unità (Unitatis Redintegratio) e l’inserimento nel mondo (Gaudium et Spes).
Significative sono ancora oggi le parole che San Paolo VI pronunciò nell’allocuzione per l’Ultima sessione pubblica del Concilio Ecumenico Vaticano II, il 7 dicembre 1965.
Paolo VI, in quella solenne circostanza, affermò che la Chiesa con il Concilio “ha desiderato farsi ascoltare e comprendere da tutti; (..) ha cercato di esprimersi anche con lo
stile della conversazione oggi ordinaria, alla quale il ricorso alla esperienza vissuta e l’impiego del sentimento cordiale dànno più attraente vivacità e maggiore forza persuasiva: ha parlato all’uomo d’oggi, qual è”.
Proseguì dicendo che tutta la ricchezza dottrinale sperimentata nel Concilio aveva “un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità,
in ogni sua necessità”. In queste parole di San Paolo VI è delineato il senso del cammino sinodale e della Visita Pastorale nella vita di una Chiesa locale.

 

19. L’intercessione di Maria e dei nostri Santi Patroni
Fin d’ora accompagniamo con la preghiera la prossima Visita Pastorale. Affido ogni suo frutto all’intercessione della Beata Vergine Maria Madre della Chiesa, di S. Alessandro, San Biagio, San Felice, nostri Patroni; di San Giustino de Jacobis, pastore radicato nel Vangelo e aperto al dialogo e all’ascolto di tutti. Il Signore benedica la nostra Chiesa e ci conceda, con abbondanza, il dono del suo Spirito, perché possiamo sperimentare sempre la sua presenza e gustare ogni girono la gioia di essere testimoni credibili del Vangelo.
Melfi, 15 novembre 2022 – Memoria di Sant’Alberto Magno.

 

+ Ciro Fanelli
Vescovo