OMELIA DEL VESCOVO CIRO IN OCCASIONE DELLA MESSA CRISMALE 2023

Apostoli umili del Vangelo e strumenti della Divina Misericordia

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

OMELIA NELLA MESSA CRIMALE

del Mercoledì Santo 5 aprile 2023

Melfi – Basilica Cattedrale

 

Apostoli umili del Vangelo e

strumenti della Divina Misericordia

 

Un saluto cordiale nel Signore a tutti e ad ognuno: a S.E. Mons. Rocco Talucci, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, ai seminaristi  e a voi fratelli e sorelle. Sentiamo vicini nella comunione sacramentale tutti i confratelli che, per ministero o per impedimenti, non possono essere fisicamente presenti a questa solenne celebrazione.

  1. Lo Spirito consacra e invia

 

La celebrazione della Messa Crismale, ogni anno, ci fa gustare la comunione ecclesiale nella gioia di sentirci comunità radicata in Cristo Gesù, «il testimone fedele» (Ap 1,5) che ha fatto di noi «un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Ap 1, 6). Per questa ragione ognuno di noi può con verità dire «lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato…» (Is 61,1-2).

Infatti, l’unzione dello Spirito fa sperimentare ad ogni battezzato, come al profeta, la totale appartenenza a Dio. E’ questo essere “del Signore” che dà forza alla parola profetica ed è questa appartenenza a Lui che gli dà vigore nella testimonianza. E’ lo Spirito del Signore che consacra e invia. Infatti, è lo Spirito Santo che ci “genera”  come Chiesa – Corpo mistico di Cristo e ci costituisce come “comunità evangelizzatrice”.

I santi Olii, che sono al centro di questa celebrazione, sono la rappresentazione simbolica e insieme efficace del dono dello Spirito che accompagna tutti i cammini ecclesiali ed esistenziali nella comunione sacramentale con il Vescovo.

 

 

  1. La Visita Pastorale segno della Visita di Cristo buon Pastore

 

In questo singolare dinamismo risplende la comunione come il dono teologale per eccellenza che lo Spirito fa alla Chiesa in quanto la rende icona della  Trinità.

Ricordare la centralità di questo “mistero” è per la nostra Chiesa diocesana anche un invito a vivere il tempo della Visita Pastorale, ormai prossima, come un vero “evento di grazia”, dove il protagonista è Cristo stesso, il Pastore buono che viene a bussare alla porta del nostro cuore e delle nostre comunità (cfr. Ap 3, 20).

La Visita Pastorale ci aiuti  –  ripartendo dall’Eucaristia, cioè da Cristo –  a mettere Dio al centro e ci faccia crescere nella lode per tutti i suoi infiniti benefici.

La gratitudine, che non deve mai mancare nel cuore del credente, è un aiuto efficace per riconoscere i doni che lo Spirito Santo semina sempre nelle nostre comunità.

Nei mesi scorsi, insieme al Vicario Generale, don Mauro Gallo, che ringrazio sinceramente per la generosa disponibilità e l’intelligente collaborazione, ho vissuto questa esperienza incontrando gli organismi di partecipazione di tutte le parrocchie delle zone pastorali di Venosa, Rionero e Melfi (restano ancora da incontrare le parrocchie della zona pastorale di San Fele).

In questi incontri, vissuti nella semplicità e nella cordialità, mi sono dovuto confrontare con difficoltà e criticità, ma ho soprattutto gioito nel vedere lo zelo dei sacerdoti e il desiderio dei fedeli laici di volere crescere nella fedeltà a Gesù e di voler diventare comunità generative nella fede.

 

  1. La preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione

 

In questa lode al Signore dobbiamo anche inserire la gratitudine per il cammino vocazionale dei nostri tre seminaristi, Saverio, Luca e Donato, e per il percorso di discernimento di Mattia, che sta vivendo la tappa propedeutica.

Questa sera, però, ringraziamo in modo particolare il Signore per Luca, che tra poco, verrà ammesso tra i candidati agli ordini del diaconato e del presbiterato.

L’affetto e la preghiera di tutti sostengano il cammino di questi giovani che desiderano mettersi alla sequela di Cristo. Preghiamo, dunque, il Signore perché mandi operai nella sua messe (cfr. Mt 9,38), suscitando nella nostra Chiesa diocesana, provata da tanti lutti e privazioni, nuove e sante vocazioni di speciale consacrazione.

 

  1. Tutti con Gesù nella sinagoga di Nazareth

 

Carissimi fratelli e sorelle, il Vangelo che è stato proclamato ci ha condotti tutti nella sinagoga di Nazareth, ma – consentitemi – in modo particolare ha condotto noi sacerdoti.

Nelle parole di Gesù: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21) si svela il disegno salvifico di Dio come misericordia. E’ questo il mistero dal quale scaturisce la nostra esistenza sacerdotale.

Le parole del profeta attualizzate da Gesù sono l’orizzonte e lo stile del nostro servizio sacerdotale nella Chiesa per il mondo. Ma quelle parole di Gesù esprimono oltre alla gioia, che sempre deve animare il messaggero di lieti annunzi, anche le inevitabili sofferenze e fatiche che accompagnano gli evangelizzatori nella loro missione. Questo è stato vero per Gesù, ed è altrettanto vero per noi.

Proprio nei momenti più difficili del nostro ministero,  quando  «ci sembra di non aver ottenuto con i nostri sforzi umani alcun risultato» – ci ricorda sapientemente Papa Francesco –  dobbiamo ricordarci che «la missione non è un affare o un progetto aziendale (…). E’ qualcosa di molto più profondo, che sfugge ad ogni misura. Forse il Signore si avvale del nostro impegno per riversare benedizioni in un altro luogo del mondo dove non andremo mai… Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre in mezzo alla nostra dedizione creativa e generosa. Andiamo avanti, mettendocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui» (cfr. EG 279).

 

  1. “Ri-posarci” su Cristo per ritrovare vigore apostolico

 

La Liturgia della messa del Crisma ci indica dunque “la via maestra” per ritrovare forza, vigore ed entusiasmo per la nostra vita sacerdotale, invitandoci prima della consacrazione e benedizione degli Olii a “ri-posarci” in Cristo, a “ri-collocarci” alla sorgente della nostra vocazione.

La liturgia odierna invita noi sacerdoti, attualizzando le parole dell’Apostolo Paolo a Timoteo, a “ravvivare il dono che abbiamo ricevuto mediante l’imposizione delle mani” (cfr. 2 Tm 1,6). Per questa ragione  –  dico a me e a voi carissimi fratelli sacerdoti –  facciamo ritorno al  “sì” che abbiamo pronunciato nel giorno della nostra ordinazione e che fra poco saremo invitati a rinnovare insieme.

Con il profeta Isaia  – quel giorno –  abbiamo detto «Eccomi, manda me!» (Is 6, 8). In quel giorno, il Signore stesso, mediante il ministero del Vescovo, si è fidato di noi ed Egli stesso ci ha imposto sul capo le mani.

La grazia di quel giorno deve riempirci sempre di gioia, di fiducia e deve renderci apostoli umili e coraggiosi del Vangelo; strumenti docili della Divina Misericordia che guarisce e libera; fratelli di tutti e amici dei più poveri: il nostro “sì” sia sempre motivo di gioia e di lode per il popolo affidato alle nostre cure pastorali.

 

  1. Questo è il tempo della Speranza

 

Fratelli e sorelle, per nessun motivo dobbiamo lasciarci andare ad atteggiamenti e sensazioni di smarrimento o di confusione: il Signore è in mezzo a noi (cfr. Gv 20, 19), Egli è la nostra unica Speranza (cfr. 1 Tm 1,1).

Pensare che il tempo presente sia il meno adatto per testimoniare il Vangelo e per vivere l’ecclesialità è una delle tentazioni più gravi: invece è proprio “qui ed ora” che il Regno di Dio viene; è questo il tempo in cui dobbiamo edificare, con passione e dedizione, il Corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr. Ef 4, 12)!

San Giovanni XXIII , il Papa Buono, in occasione del Concilio Ecumenico Vaticano II mise in guardia da “alcuni, che, sebbene accesi di zelo, non sono capaci di vedere altro che rovine e guai … a Noi – disse il Pontefice –  sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio…” .

Il Signore, invece, ci ha rassicurati: Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28, 20); Egli non chiede mai né agli Apostoli e né ai discepoli di avere successo, chiede invece a tutti di portare frutto (cfr. Gv 15, 16; EG 24), di essere umili e fedeli, di imparare da Lui (cfr. Mt 11, 29).

Gesù, già nella sinagoga di Nazareth (“All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;  si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” –  Lc 4, 28-29) mostra chiaramente di non avere la pretesa di dominare sugli altri; Egli fa appello soltanto alla libertà di chi lo ascolta, mettendo subito in conto anche rifiuti e insuccessi.

Non sentiamoci, dunque, mai soli. Il Padre non ci lascerà mai in preda alla tentazione (cfr. Mt 6, 13). Le nostre gioie e le nostre consolazioni, come le tribolazioni e le difficoltà, non sono estranee al cuore di Gesù. Egli ci è sempre vicino, soprattutto quando ci sentiamo affaticati e stanchi (cfr. 2 Tm 1,8; Mt 11, 28). E quando vediamo che le reti sono vuote (cfr. Mt 5, 5), il Signore ci ripete: prendete il largo (cfr. Mt 5,4)!

 

  1. Dallo stupore all’impegno

 

Fratelli e sorelle, la celebrazione odierna nella ricchezza dei suoi simboli liturgici ci riporta tutti alle radici della nostra esistenza in Cristo, ognuno secondo la propria vocazione e il proprio ministero.

Come non essere grati e pieni di gioia per tale predilezione? E come non avvertire l’esigenza di rispondere generosamente al Signore, come l’Apostolo Pietro, per questa sua fiducia nei nostri confronti, dicendogli: sulla tua parola getterò le reti (cfr. Mt 5,5)?

Tutti noi  – ministri ordinati, persone consacrate, fedeli laici –   dobbiamo fare nostro questo stupore e dobbiamo sentirci coinvolti nel dare un volto nuovo alla nostra Chiesa, sentendoci “collaboratori di Dio nel Vangelo di Cristo” (cfr. 1 Cor 3, 9) “prendendo l’iniziativa, coinvolgendoci, accompagnando, fruttificando e festeggiando” (cfr. EG 24).

L’opera della salvezza è del Signore: noi ne siamo solo “servi inutili” (Mt 17, 10) e poveri collaboratori, che trovano gioia nel dedicarsi ad essa con lo stile di Maria ovvero con grande umiltà e fiducia.

All’opera di Dio dobbiamo partecipare non solo con lo stile di Maria anche con il suo sguardo e il suo cuore: cuore che “custodisce” (cf. Lc 2, 19) con amore il corpo del Figlio, perché sia continuamente donato al mondo.

Perciò, fratelli e sorelle, amiamo e custodiamo la nostra Chiesa diocesana, che è veramente bella e santa,  per dono del Signore, scorgiamo sempre in essa i tratti del disegno misericordioso di Dio.

Con questi sentimenti eleviamo oggi e sempre la nostra gratitudine al Signore Gesù «che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen» (Ap 1, 5-6).

 

Melfi, 5 aprile 2023 – Mercoledì santo

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

 

OMELIA PER LA MESSA CRISMALE DEL 5 APRILE 2023