SOLENNE CONCELEBRAZIONE DI APERTURA DELLA VISITA PASTORALE – OMELIA DEL VESCOVO

 

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

OMELIA
IN OCCASIONE DELL’APERTURA
DELLA VISITA PASTORALE

 

(Melfi – Basilica Cattedrale – 1° ottobre 2023)

 

 

Fratelli e sorelle,

Carissimi fratelli presbiteri,

Carissimi diaconi, religiosi e religiose, seminaristi,

Carissimi componenti dei Consigli Pastorali,

Carissimo fratello Antonio Piacentini, pastore della Chiesa evangelica della riconciliazione,

Illustrissime autorità,

pace e gioia a tutti voi!

 

  1. Oggi la nostra Chiesa locale sta vivendo un singolare “evento di grazia” che ci apre alla speranza e alla lode: l’apertura della Visita Pastorale, indetta lo scorso 7 dicembre in occasione della riapertura al culto di questa maestosa Basilica Cattedrale. Unitamente al collegio dei presbiteri, a cui va la mia stima e la mia gratitudine, ciò che mi spinge ad intraprendere questo “pellegrinaggio pastorale” è unicamente l’ansia di portare la gioia del Vangelo (EG 1) in tutti gli angoli della diocesi per sperimentare insieme la bellezza dell’incontro con il Signore Gesù (cfr. Lc 23, 13-53), che desidera ridare Speranza a tutti e ad ognuno.

 

  1. Il tema biblico scelto per questa Visita Pastorale è racchiuso nelle parole del libro dell’Apocalisse “Sto alla porta e busso” (Ap 3, 20). “E’ una citazione tratta dall’ultima delle sette Lettere alle Chiese con cui si apre l’Apocalisse: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Espressione di incomparabile densità, in cui diversi richiami dall’Antico Testamento (per esempio: Ct 5,2, Is 20,5) si uniscono a reminiscenze di alcune parole di Gesù (cf Gv 14,23; Lc 22,29-30) per indicare la certezza del venire di Gesù, il suo carattere misterioso, la trepidazione dell’attesa, la gioia dell’incontro imminente, la felicità alla quale esso darà luogo per sempre” (cfr. C.M. Martini, Sto alla porta, Lettera pastorale 1992). E’ il Signore Risorto, il “bel Pastore”, che pronuncia queste parole mentre sta dinanzi alle porte delle nostre comunità e dei nostri cuori con il desiderio di incontrarci e di far festa con noi.

 

  1. Verrò, dunque, tra voi quale segno del Signore Gesù, Pastore e Vescovo delle nostre anime, che si prende cura di tutti e di ognuno (cfr. Gv 10, 13); verrò in amicizia e in fraternità (cfr. Gv 15, 12-17) per condividere con voi il pane della Parola e dell’Eucaristia, nella certezza che la Chiesa nasce e rinasce dall’ascolto della Parola e dall’Eucaristia (cfr. LG 4 e SC 10)

Per rendere visibile questa duplice dimensione della Vista Pastorale, l’amicizia e la fraternità, abbiamo scelto un’icona, detta appunto dell’amicizia, che questa sera consegnerò a Mons. Ciro Guerra, in rappresentanza dei Con-visitatori – che ringrazio, unitamente alla Commissione preparatoria, per la preziosa collaborazione offerta, prima, nella preparazione e, poi, a partire da oggi, nell’attuazione della Visita Pastorale.

Questa “icona dell’amicizia” successivamente sarà consegnata a tutti i Segretari dei Consigli pastorali parrocchiali all’inizio della Visita nelle singole Zone pastorali.

E’ un’icona del VI secolo, che proviene dall’Egitto. Essa ci presenta il Cristo che mette la sua mano sulla spalla del suo amico-discepolo per camminare con lui, per accompagnarlo in ogni situazione della vita. Ognuno di noi deve riconoscersi in questo amico-discepolo del Cristo e non deve mai sentirsi solo nel cammino della vita, ma deve essere certo che da Lui è sempre accompagnato, amato e custodito.

 

  1. La Visita Pastorale è il tempo in cui, in questo orizzonte misericordioso, il Vescovo incontra – in modo più prolungato –  le singole comunità parrocchiali della diocesi per condividere con esse la vita di ogni giorno (cfr. EG 31). Attraverso la Visita il Vescovo è anche chiamato a mostrare la sua paternità spirituale, entrando con discrezione nelle situazioni più complesse delle comunità offrendo la luce del Vangelo e il balsamo della speranza cristiana (cfr. Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, Apostolorum successores, 221-225).

Con la Visita Pastorale incontrerò anche la società civile in tutte le sue componenti: le amministrazioni comunali, le forze dell’ordine, le scuole, il carcere, gli ospedali, i luoghi di lavoro.

In attesa di poterei incontrare prossimamente nei singoli Comuni, sin da ora, insieme ai parroci saluto e ringrazio tutti i sindaci, il vice-presidente della Provincia di Potenza, per la vicinanza collaborativa e per la loro presenza questa sera in Cattedrale; insieme a loro ringrazio anche tutte e singole le altre autorità civili e militari di ogni ordine e grado che sono presenti.

 

  1. L’auspicio all’inizio di questa Visita pastorale è che essa possa portare abbondanti frutti di grazia. Questo tempo deve aiutarci a ravvivare la passione per il Regno di Dio, prendendo con più slancio l’iniziativa di “andare a lavorare nella vigna” (cfr. Mt 21,28-32; Giovanni Paolo II, Christifideles Laici, n. 2) del Signore e facendo nostri i sentimenti di Cristo Gesù, che è si è fatto servo per amore.

L’invito a “lavorare nella vigna” che è risuonato nel brano evangelico di questa liturgia domenicale (Mt 21,28-32) deve spronarci innanzitutto a diventare Chiesa che si  fa “compagna di strada”, “amica” e “sorella” di ogni uomo e di ogni donna che incontra sul proprio suo cammino (EG 24). Il tempo della Visita è anche tempo di “seminagione evangelica” affinché, quanto prima, si possano raccogliere nella nostra Chiesa locale abbondanti frutti di evangelicità, di missionarietà, di ecclesialità e di gratuità.

Il ricordare la natura e le finalità della Visita non significa caricare questo evento di eccessive attese, ma vuole essere semplicemente l’invito a chiedere nella preghiera al Signore di farci sperimentare una “rinnovata effusione dello Spirito Santo” (cfr. Paolo VI, Udienza generale, 29 novembre 1972) per ritrovare entusiasmo nell’azione pastorale, gioia nella testimonianza del Vangelo e abnegazione nel servizio della carità (EG 259-261).

 

  1. La Visita Pastorale si caratterizza anche come “pellegrinaggio”: pellegrinaggio del Vescovo nelle varie comunità parrocchiali e nei singoli comuni della Diocesi. Per questa ragione sarà un tempo “missionario” ed è bello che questo cammino prenda avvio proprio oggi all’inizio del mese missionario sotto la protezione della Beata Vergine del S. Rosario e di S. Teresa di Lisieux. Anche per questa ragione vogliamo sentire particolarmente vicini nell’affetto ecclesiale i nostri fratelli presbiteri “fidei donum”, che operano in Honduras e in Urugay, quelli impegnati attualmente in altre forme ministeriali fuori dalla Diocesi e soprattutto quelli impediti dall’età e dalla malattia: un particolare ricordo, che trasformiamo in preghiera, per don Vincenzo D’Amato.

 

  1. Vengo tra voi, in semplicità, con il Vangelo nel cuore (cfr. 1 Cor 1, 17-18; 9, 19-2)3, confidando che da esso insieme possiamo imparare il “metodo” per diventare, come ci chiede il Signore Gesù, “sale” che da sapore alla vita; “luce” che può rischiare le tenebre della sfiducia, del disimpegno, dell’indifferenza e della disunione (cfr. Mt 5, 13-16); “lievito” che può fermentare ogni realtà con i valori del Regno (cfr. Mt 13, 33). Sappiamo tutti che, oggi, non è facile essere testimoni di Gesù. Ogni giorno sperimentiamo quanto sia difficile e complesso comunicare il Vangelo in un mondo che cambia continuamente. Anche il nostro territorio risente della secolarizzazione e della scristianizzazione (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 4), i cui effetti purtroppo sono evidenti: la scarsa partecipazione alla vita ecclesiale, la riduzione delle vocazioni di speciale consacrazione, l’assenza dei giovani dalle nostre comunità, lo scarso senso di appartenenza ecclesiale.

 

  1. Da qui il grande assillo su come rinnovare le nostre parrocchie e la nostra pastorale per intercettare le domande dell’umanità di oggi ed essere ancora portatori della novità del Vangelo nel nostro tempo (cfr. EG 26-28). Sembra oramai improrogabile una ‘svolta’ del nostro consueto modo di intendere la pastorale: la Chiesa italiana –  accogliendo l’invito di Papa Francesco, in questo tempo sinodale –  sta interrogandosi su come rinnovare le strutture ecclesiali per renderle più missionarie. E’ evidente che è necessario un maggiore coordinamento, in modo da far emergere le radici profonde della vita ecclesiale, lo stile evangelico, le ragioni dell’impegno nel territorio, cioè gli atteggiamenti e le scelte che pongono la Chiesa a servizio della speranza di ogni uomo (cfr. CEI, Rigenerati per una speranza viva, 2006, n. 22).

 

  1. Questa prospettiva deve aiutarci ad evitare di cadere in alcune trappole che rischiano di paralizzare lo slancio missionario nelle nostre comunità: ad esempio, la spinta a fare della parrocchia una comunità autoreferenziale e autosufficiente, in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme, coltivando solo rapporti ravvicinati e rassicuranti; cosa in sé non negativa, ma non sufficiente; oppure, la percezione della parrocchia solo come ‘centro di servizi’, per l’amministrazione dei sacramenti dando per scontata la fede in quanti li richiedono (cfr. EG 33).

 

  1. La Visita possa aiutarci a crescere nella comunione e a ripensare l’azione pastorale nella nostra diocesi e a guardare alle “unità pastorali” non come ad una scelta di ripiego per colmare la carenza di personale ecclesiastico, ma come ad un’opportunità per mettere in rete le diverse vocazioni ed attuare in modo operativo la comunione e la corresponsabilità ecclesiali. Questa prospettiva, sicuramente non è priva di difficoltà, ma può condurre le parrocchie, già ora, all’interno di una logica di missionarietà, a collaborare maggiormente tra loro, per offrire nelle diverse situazioni di vita, nuove opportunità di evangelizzazione. Lo stile missionario delle parrocchie è legato alla capacità che esse avranno di procedere non da sole, ma insieme e in sinergia con tutte le parrocchie vicine o nella zona pastorale. In questo modo sarà più facile anche la collaborazione tra i sacerdoti e la promozione dei laici, attraverso specifiche ministerialità, nella valorizzazione dei doni che lo Spirito Santo ha dato loro nonché delle singole competenze presenti nelle varie comunità.

 

  1. Chiudo con una riflessione di S. Ambrogio, che meditando sulle parole dell’Apocalisse “sto alla porta e busso”, scrive: “Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede la quale, se è forte, rafforza tutta la casa. E’ questa la porta per la quale entra Cristo. (…) Ascolta colui che bussa, ascolta colui che desidera entrare: (…) . Rifletti sul tempo nel quale il Dio Verbo bussa più che mai alla tua porta: (..). Infatti egli si degna di visitare quelli che si trovano nella tribolazione e nelle tentazioni perché nessuno, vinto per avventura dall’affanno, abbia a soccombere. (..). E’ allora che bisogna vegliare, perché quando lo Sposo verrà non si ritiri, vistosi chiuso fuori. Infatti, se dormi e il tuo cuore non veglia, egli bussa e domanda che gli si apra la porta. Abbiamo dunque la porta della nostra anima, abbiamo anche le porte delle quali è scritto: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria» (Sal 23, 7). Se vorrai alzare queste porte della tua fede, entrerà da te il re della gloria, recando il trionfo della sua passione. Anche la giustizia ha le sue porte. Infatti anche di queste leggiamo scritto quanto il Signore Gesù ha detto per mezzo del profeta: «Apritemi le porte della giustizia» (Sal 117, 19). L’anima dunque ha le sue porte, l’anima ha il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa, egli bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare, vuol trovare la sposa desta (S. Ambrogio, Commento sul salmo 118).

Il Signore ci trovi con questi sentimenti e benedica i nostri passi. Amen

 

+ Ciro Fanelli

Vescovo

 

OMELIA APERTURA VISITA Sabato 1 OTTOBRE 2023