CIRO FANELLI
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
Prot. N. 43/2020/VE
DISPOSIZIONI
CIRCA LA RIPRESA DELLE ATTIVITA’ PASTORALI ORDINARIE
E LA CELEBRAZIONE DEI SACRAMENTI
NELL’ATTUALE FASE DI GESTIONE DEL CONTAGIO DA COVID-19
#CHICISEPARERA
Diocesi di Melfi – Rapolla – Venosa
Regione Basilicata – Provincia Potenza
CIRO FANELLI
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
Prot. N. 43/2020/VE
DISPOSIZIONI
CIRCA LA RIPRESA DELLE ATTIVITA’ PASTORALI ORDINARIE
E LA CELEBRAZIONE DEI SACRAMENTI
NELL’ATTUALE FASE DI GESTIONE DEL CONTAGIO DA COVID-19
#CHICISEPARERA
Prot. n. 27/2020/VE
DISPOSIZIONI
PER LA CELEBRAZIONE DELLE FESTE RELIGIOSE
E PER LA RIPRESA DELLE ATTIVITA’ PASTORALI ORDINARIE
NELLA NUOVA FASE DELLA GESTIONE DEL CONTAGIO DA COVID-19
Carissimi Fratelli Presbiteri,
in continuità con le indicazioni che già vi ho trasmesso il 2 aprile 2020 (prot. n. 08/2020/VE) e il 18 giugno 2020 (prot. n. 24/2020/VE), avendo udito in data 30 giugno u.s. il parere del Consiglio Presbiterale e dei Responsabili delle Zone Pastorali, circa i criteri da seguire per la celebrazione delle Feste Religiose e per la ripresa delle attività pastorali ordinarie (catechesi, formazione, ecc…), in attesa di disposizioni più dettagliate da parte delle Autorità civili competenti e della CEI, per la Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa dispongo quanto segue:
1. FESTE RELIGIOSE E PROCESSIONI.
Fermo restando quanto disposto a livello diocesano dopo il recente Protocollo del Ministero degli Interni dell’11 giugno 2020 sulle “modalità di svolgimento delle processioni religiose”, soprattutto in ordine alla sicurezza sanitaria e all’attribuzione delle responsabilità, si conferma quanto già stabilito, e cioè: Le processioni e le feste religiose (patronali e non), restano sospese fino a nuove disposizioni. Rientrano in tale provvedimento anche quelle manifestazioni che prevedano, pur senza il concorso di popolo, il portare la statua/l’icona della Madre di Dio e dei Santi per le strade. Si provveda invece ad esempio a programmare momenti celebrativi all’aperto per consentire la partecipazione di un maggior numero di fedeli. Eventuali trasferimenti di statue avvengano sempre in modo privato e riservato.
Il divieto delle feste patronali è motivato anche dalla drammatica crisi sociale seguita all’emergenza sanitaria: non sarebbe tollerabile assistere a feste utilizzando le offerte della gente mentre si accentuano le povertà e i disagi sociali. Ordinariamente le nostre feste dovrebbero aiutarci a visibilizzare l’attenzione caritativa verso i più bisognosi, ad esempio devolvendo una parte delle offerte per un’opera caritativa; a maggior ragione questa attenzione deve esserci nell’ora presente, caratterizzata da una grave crisi economica e sociale, che è sotto gli occhi di tutti.
2. ATTIVITÀ PASTORALI ORDINARIE, ITINERARI FORMATIVI E CATECHETICI.
Si potranno avviare i percorsi di catechesi, formazione e attività pastorale ordinaria a partire dal prossimo mese di settembre, osservando con cura tutte le prescrizioni sanitarie per contenere la diffusione del contagio da Covid-19, evitando ogni forma di assembramento, assicurando il distanziamento fisico e usando i dispositivi sanitari prescritti (igienizzazione degli ambienti, delle mani e uso della mascherina, ecc.);
3. CELEBRAZIONE DELLE PRIME CONFESSIONI E DELLE PRIME COMUNIONI.
Si dà la possibilità di celebrare le Prime Confessioni e le prime Comunioni a partire dal prossimo mese di settembre. Le celebrazioni saranno svolte sempre secondo le prescrizioni sanitarie vigenti e, preferibilmente, a piccoli gruppi;
4. CELEBRAZIONE DELLE CRESIME.
La Celebrazione delle Cresime rimane temporaneamente sospesa secondo l’attuale Protocollo tra Ministero degli Interni e CEI.
Nel momento in cui sarà necessario apportare modifiche alle suddette disposizioni, necessarie in questo tempo di contrasto della pandemia, vi comunicherò tempestivamente eventuali nuove indicazioni. Questa fase, che sembra caratterizzata da una minore diffusione del contagio e con norme meno restrittive, non autorizza però comportamenti superficiali e interpretazioni arbitrarie delle disposizioni vigenti. Lo stile di responsabilità e di comunione, che ci ha contraddistinto durante questo difficile momento della pandemia, continui ad essere il segno della nostra comunità ecclesiale rispetto al territorio; questo stile condiviso sarà più eloquente di qualsiasi proclama fatto soltanto di parole. Vi saluto fraternamente nel Signore.
Melfi, 3 luglio 2020 – Festa di San Tommaso Apostolo.
✠ Ciro Fanelli
Vescovo
#CHICISEPARERA
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
(1 Gv 21,27)
OMELIA PER LA MESSA CRISMALE
in tempo di pandemia
(Melfi – Basilica Cattedrale – giovedì 28 maggio 2020)
Eccellenza Reverendissima, Mons. Rocco Talucci,
carissimi fratelli presbiteri,
carissimi diaconi,
religiosi e religiose,
consacrati e consacrate,
seminaristi,
fratelli e sorelle,
In questo drammatico periodo di impossibilità a nutrirci comunitariamente della Parola di Dio e dell’Eucaristia, siamo però entrati in tante case attraverso i diversi mezzi di comunicazione sociale assicurando a tutti una presenza di Chiesa e una parola di conforto, riflesso della unica nostra speranza, che è Cristo Gesù, il Signore Risorto. Grazie ad ognuno di voi, fratelli presbiteri, per aver assicurato tale presenza!
Oggi siamo qui per lodare il Signore che ci ha resi partecipi della sua consacrazione costituendoci testimoni nel mondo della sua opera di salvezza. Come ogni anno, in questa solenne circostanza, nella nostra preghiera e nel nostro affetto sacerdotale vogliamo sentire vicini tutti i confratelli assenti, perché ammalati, e in particolare ricordiamo don Vito Comodo, che ha subito ieri un intervento chirurgico; i confratelli anziani; i confratelli lontani per ragioni di ministero.
Sentiamo particolarmente vicina la Vergine Maria, come la sentirono gli Apostoli nel Cenacolo in attesa dello Spirito. Maria, segno di consolazione e di sicura speranza, in questo tempo di Covid-19 ci è stata vicinissima, ci ha fatto sperimentare la sua potente intercessione nei giorni drammatici della pandemia, tenendo lontano tante situazioni difficili e pericolose: santa Maria ci ha protetti!
A Maria, nostra Madre amatissima, diciamo il nostro “grazie” e la nostra filiale devozione; con Maria viviamo questa Messa Crismale e al termine di essa, con le parole che ho pronunciato il 3 aprile scorso dalla Cappella dell’Episcopio, rinnoveremo insieme l’atto di consacrazione della Diocesi al Cuore Immacolato e Addolorato di Maria.
2. La celebrazione della Messa del Crisma, nonostante i limiti imposti dalla pandemia, resta sempre uno dei momenti più forti ed intensi nella vita di una Chiesa Diocesana, sia perché essa è vera epifania del Corpo mistico di Cristo presente nella storia in comunione con il Vescovo, e sia perché essa è anche santa convocazione per accogliere il grande dono del Sacro Crisma e degli altri Oli benedetti, con i quali il Signore stesso accompagna il cammino del suo popolo lungo i sentieri di una testimonianza sacerdotale, regale e profetica. Nella Messa Crismale, anche quest’anno, la Chiesa gioisce e prega per i propri sacerdoti, accogliendo da essi la bella testimonianza del rinnovo delle promesse fatte nel giorno dell’Ordinazione sacerdotale in cui ci è stato consegnato, tra gli altri doni, il grande dono dell’Eucaristia.
3. Le restrizioni dovute alla pandemia, che abbiamo accolto con grande sacrificio, ma con spirito di vera responsabilità civica e morale, ci hanno per un lungo periodo di tempo privati totalmente della gioia dello stare insieme tra noi e insieme con i fedeli attorno all’altare per celebrare i divini misteri. Anche questa nostra celebrazione risente ancora, purtroppo, di queste limitazioni e restrizioni: manca di fatto il Popolo santo di Dio nella sua interezza e nella sua varietà di carismi e ministeri.
Non mancano, però, segni di speranza che già li cogliamo nelle forme di questa graduale ripresa. Possiamo anche noi dire con le parole dell’evangelista san Marco «Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi [Gesù] disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede”» (Mc 4,39-41). Con queste parole Papa Francesco è entrato la sera del 27 marzo nel racconto della “tempesta sedata”, in quel momento straordinario di preghiera solitaria in Piazza san Pietro dinanzi al miracoloso Crocifisso ligneo della Chiesa di san Marcello al Corso e all’icona della Vergine Maria, salute del popolo romano.
4. Oggi, qui nella nostra Cattedrale – pur con tutte le limitazioni del momento – quasi alla vigilia di Pentecoste, noi ministri ordinati, i seminaristi, i religiosi e le religiose, i collaboratori del servizio liturgico, siamo riuniti per proclamare la fedeltà del Signore e per rinnovare il nostro impegno a camminare con Lui nella luce e nella forza dello Spirito Santo.
Tutti avremmo desiderato e sperato che questa celebrazione potesse segnare la ripresa completa della vita sociale ed ecclesiale; tutti avremmo desiderato vedere come ogni anno la Cattedrale gremita di fedeli; esigenze superiori, però, ci portano a celebrare oggi la Messa Crismale entro la Solennità di Pentecoste.
Questo contesto celebrativo, illuminato dalla luce della imminente Pentecoste, è un forte invito a riconoscere il primato dello Spirito Santo (cfr. Papa Francesco, Omelia per la Messa Vespertina nella Vigilia di Pentecoste, 8 giugno 2019) nella nostra vita di battezzati e di ministri ordinati inviati dal Signore a testimoniare al mondo la forza dell’amore, della vita e della fede.
5. Questo primato dello Spirito, che come Chiesa siamo chiamati a confessare e a vivere con docilità, coraggio e coerenza, è la grande realtà di grazia già presente nella persona e nella missione di Gesù, che per san Luca è “l’unto nello Spirito Santo” (cfr. Lc 4,18 e At 10, 37-38), Colui che è venuto a proclamare nella potenza dello Spirito “un anno di grazia” (cfr. Lc 4, 19) e che promette di rivestire i suoi discepoli della “forza” dello Spirito (cfr. At 1, 8).
Gesù, infatti, prima della sua glorificazione e della sua ascensione, promette ai suoi discepoli lo Spirito, affinché la loro missione sia efficace ed abbia il duplice carisma di una predicazione kerigmatica e testimoniale. Nel grande discorso di addio ai suoi discepoli, riportato dall’evangelista Giovanni al capitolo 17 del suo Vangelo, Gesù non solo promette lo Spirito, l’altro Paraclito (Gv. 13, 31-16, 33 e 17, 1.26), ma ne mostra anche la sua natura personale, la relazione intima e sostanziale con il Padre e con Lui, e il legame vitale che è chiamato ad avere con la comunità cristiana: senza lo Spirito nulla è nell’uomo, nulla senza colpa!
Tutta la missione di Gesù inizia nel segno dello Spirito, nel giorno del suo Battesimo al Giordano, e dallo Spirito riceve la luce con cui attuare l’ opera messianica attraverso le parole di Isaia proclamate nella sinagoga di Nazareth: “lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione” (cfr. Lc 4, 18); la vita terrena di Gesù riceve il suggello finale nel gesto che Lui fa di consegnare lo Spirito (“emise lo Spirito”), come primizia della Redenzione (cfr. Gv 19,30).
Ma lo Spirito è anche la sorgente della lode di Gesù: lode grata e riconoscente con cui Egli, figlio unigenito di Dio, ha vissuto quotidianamente la sua intimità filiale con il Padre in una preghiera intima e prolungata (cfr. Lc 10, 21-24).
6. Gesù promette (cfr. Gv 14,16.17.26) e dona lo Spirito (cfr. Gv 20,23) ai suoi discepoli affinché nell’opera di evangelizzazione possano sentirsi realmente partecipi della sua stessa missione. I battezzati, infatti, unti dai Santi Oli, sostenuti e irrobustiti dai doni dello Spirito, consacrati nella verità (cfr. Gv 17, 17), sono chiamati a rendere presente nell’oggi della storia il Regno di Dio. Gesù, infatti, vuole continuare oggi a dire al mondo, attraverso di noi:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4, 16-21 e cfr. Is 61, 1-2).
7. Questo annuncio, che è “la gioia del Vangelo” (EG 1), deve risuonare attraverso la vita dei discepoli del Risorto e ciò sarà possibile, nell’esperienza della Pentecoste. Infatti, san Pietro, alla folla radunata nella piazza di Gerusalemme, darà il grande annuncio della discesa e della presenza dello Spirito Santo:
«Gesù, Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso come voi potete vedere e sentire» (At 2, 32-33).
Vedere e sentire lo Spirito è possibile, secondo l’autore del libro degli Atti degli Apostoli; far vedere e sentire lo Spirito è, dunque, il grande compito affidato alla nostra testimonianza; con la nostra vita battesimale e con la gioia della nostra vita di comunione ecclesiale, noi siamo chiamati a far vedere e a far sentire ciò che lo Spirito Santo compie attraverso i discepoli del Risorto alcune azioni che consentono l’allargamento dei confini del Regno; le azioni sono fondamentalmente queste: guidare, trasformare, unire e fruttificare.
8. Noi presbiteri, carissimi fratelli, che sperimentiamo ogni giorno, al di là di ogni nostro merito, l’amicizia di Cristo come dono gratuito (cfr. Benedetto XVI, Omelia in occasione dell’imposizione del pallio ai nuovi Metropoliti, 29 giugno 2011), in quanto partecipi in un modo speciale della sua unzione di Pastore e Guida, siamo a chiamati – vivendo in questa amicizia – ad essere la sua ripresentazione sacramentale, pastorale ed esistenziale.
La nostra vita presbiterale, in quanto irradiazione dell’amicizia di Cristo – pur tra prove e difficoltà, personali e comunitarie – attraverso la nostra carità pastorale (cfr. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, n. 23), deve ogni giorno diffondere il profumo di questa santa unzione (cfr. 2 Cor 2, 15-16) e diventare – per noi stessi e per il popolo che ci è affidato – sorgente di gioia, di entusiasmo e di amore gratuito.
Questo, miei cari, – lo dico innanzitutto a me – ci libererà dal bisogno di mendicare affetti vuoti e sterili, o di difenderci dagli altri, chiudendoci in un’anaffettività algida e sprezzante (cfr. Papa Francesco, Discorso ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per il Clero, 1° giugno 2017), e ci consentirà, invece, di trovare soprattutto nella celebrazione quotidiana dell’Eucaristia la nostra intimità con il Signore, la nostra identità profonda e il nostro ruolo di intercessori in Cristo, sommo ed eterno Sacerdote (cfr. Eb 7, 25 – 8, 6). La pandemia, mentre ci ha tolto quasi tutto rispetto all’agire ordinario pastorale, nel contempo ha evidenziato una dimensione fondamentale della nostra vocazione sacerdotale: l’essere intercessori (cfr. Libanori Mons. Daniele, La fede al tempo di Covid-19 riflessioni ecclesiali e pastorali, in Civiltà Cattolica, Quaderno 4076 pag. 163 – 176, Anno 2020, Volume II, 18 Aprile 2020).
La nostra gente deve poter percepire in ciascuno di noi che la nostra vita sacerdotale nasce e si sostanzia in un “sì” gioioso e fedele, che ci rende forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, gioiosi nella speranza, premurosi nella carità (cfr. Rm 12, 12).
Questo “sì” sacerdotale, che tra poco rinnoveremo, è il segno di una decisione di vita irrevocabile per Cristo nell’obbedienza alla Chiesa; questo “sì” ci porterà di volta in volta, in base alle circostanze del momento presente, a incarnare ora lo stile del “pastore”, ora quello del “pescatore”, ora quello dell’ “agricoltore”.
9. Sono tre immagini, presenti nei Vangeli, che Gesù usa per evocare lo stile di azione che egli richiede agli Apostoli; ma tutte e tre queste immagini esprimono insieme anche il nostro essere radicati nell’amore di Cristo e nell’amore per Cristo, che è la carità pastorale. Il Popolo di Dio a noi ministri ordinati chiede tante cose, ma soprattutto ci chiede amore e presenza:
10. Gli Oli dei catecumeni, degli infermi e il Sacro Crisma, e l’unzione ad essi collegata, ci ricordano che il nostro ministero sacerdotale nasce da un’unzione e non è mai riducibile ad una funzione. La prima, l’unzione, è vocazione e mistero; la seconda, la funzione, invece ha origine sempre in una autocandidatura personale e può essere svolta con lo stile della mondanità, ovvero con metodi o burocratici o rivoluzionari, che sono chiaramente antievangelici.
L’unzione nello Spirito, invece, dice elezione, evoca predilezione, provoca trasformazione (cfr. 1 Sam 16, 1-13). L’unzione nello Spirito fonda soprattutto la nostra relazione con Cristo che è la sorgente vera del nostro agire sacerdotale, regale e profetico.
L’unzione evoca, dunque, appartenenza permanete a Cristo e rende vivo il memoriale di un incontro vocazionale (1 Gv 21, 27), che ha cambiato la nostra vita, che ci ha portato a “lasciare le reti” (cfr. Mc 1, 16-20) per seguirlo e che non può essere racchiuso in un tempo e in uno spazio che sono lontani da noi.
L’unzione evidenzia, invece, una realtà che è tutta presente nel “qui ed ora” e che costituisce rispetto al nostro essere e al nostro ministero la nostra unica forza e la vera sorgente di gioia, di fedeltà e di entusiasmo apostolico.
11. Quest’anno, la vicinanza della Solennità della Pentecoste, con i timori legati alla pandemia, potrebbe portarci a chiedere al Signore tante cose, per noi stessi, per le nostre comunità, per la nostra gente, per la nostra Chiesa diocesana, tante cose. Tutte sicuramente necessarie e urgenti.
Ma, come diceva san Paolo VI, di cui domani ricordiamo la memoria liturgica, una è, invece, la cosa di cui abbiamo veramente bisogno come Chiesa, che è il dono dei doni e che senza di esso siamo veramente poveri e insignificanti, siamo come sale che perde il sapore e luce posta sotto il moggio (cfr. Mt 65, 13-15): questo dono dei doni è lo Spirito Santo (cfr. Lc 11, 5-13)!
Abbiamo bisogno – diceva san Paolo VI – di “fuoco nel cuore, di parola sulle labbra, di profezia nello sguardo” (cfr. Paolo VI, Udienza generale, 29 novembre 1972).
Spesso non ci rendiamo conto dei tanti doni con i quali il Signore arricchisce la nostra vita; tra questi doni: il dono della vita, della vocazione, della comunione ecclesiale, della Parola di Dio, dell’Eucaristia, dei Sacramenti della Fede, dei fratelli e delle sorelle. Ecco questo è il tempo favorevole, questo è il giorno fatto dal Signore, per ringraziare Lui che continuamente li elargisce al suo popolo e per ritrovarli tutti nella rinnovata effusione dello Spirito di cui siamo in attesa orante.
12. In prossimità della Pentecoste e in vista del Convegno diocesano (che avremmo dovuto celebrare tra qualche giorno, che evidentemente è rimandato a data da destinarsi) avrei voluto – come vi ho preannunciato all’inizio di questo anno pastorale – tra le altre cose, inaugurare il nuovo Consiglio Pastorale diocesano e avviare la nuova riconfigurazione della Curia diocesana, ma con questa situazione inattesa, determinata dalla pandemia, tutto è rinviato.
Posso soltanto – per ora – come vi ho anticipato nella lettera di convocazione per la celebrazione della Messa Crismale, annunciarvi il nome del confratello a cui ho chiesto di ricoprire l’ufficio di Vicario Generale: Don Mauro Gallo. A lui l’augurio più caro!
Ringrazio don Mauro per la sua disponibilità; sicuramente lo incoraggerete con la vostra vicinanza e con la vostra stima; questa sua disponibilità, come tutte le disponibilità nella Chiesa, viene posta a servizio del Signore per il comune cammino di fede, per l’edificazione della comunione e per un rinnovato slancio nell’opera di evangelizzazione. Queste scelte e questi avvicendamenti non sono scatti di carriera, ma forme con cui vivere il nostro unico ministero per il bene della Chiesa; questo incarico, come tutti gli altri, è un servizio da vivere e da interpretare in una logica di amore alla Chiesa nella gratuità, che passa attraverso il discernimento e il ministero del Vescovo.
Ringrazio anche don Vincenzo Vigilante, al quale dopo il servizio di Amministratore Diocesano, ho chiesto di affiancarmi quale Delegato vescovile ad omnia nella fase iniziale del mio servizio episcopale a Melfi.
Ringrazio tutti voi per la disponibilità, la pazienza e la benevolenza che mostrate nei miei confronti e soprattutto nei confronti del mio ministero in mezzo a voi.
Con le parole di Papa Francesco invochiamo ora lo Spirito Santo, fuoco d’amore che arde nella Chiesa e dentro di noi, affinché ci aiuti sempre ad essere docili strumenti nelle sue mani per l’edificazione del corpo di Cristo che è la Chiesa:
“Spirito di Dio,
Signore che sei nel nostro cuore
e nel cuore della Chiesa,
tu che porti avanti la Chiesa,
plasmandola nella diversità, vieni.
Per vivere
abbiamo bisogno di Te come dell’acqua:
scendi ancora su di noi
e insegnaci l’unità,
rinnova i nostri cuori
e insegnaci ad amare
come Tu ci ami,
a perdonare
come Tu ci perdoni. Amen”.
Sia lodato Gesù Cristo.
+ Ciro Fanelli
Vescovo
#chiciseparera
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
Prot. N. 12/2020/VE
INDICAZIONI
DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE CON IL POPOLO
A SEGUITO DELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19
Carissimi fratelli presbiteri,
abbiamo accolto con gioia, come già vi comunicavo nel messaggio dello scorso 8 maggio, la possibilità di poter tornare a celebrare in forma comunitaria l’Eucaristia secondo le nuove misure sanitarie indicate dal Protocollo d’intesa tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la CEI.
Molte restrizioni, grazie a Dio, sono state superate: molte altre invece restano ancora in essere e siamo tenuti a rispettarle con grande responsabilità e con sincero spirito di comunione. Al fine di facilitare l’attuazione delle misure indicate nel Protocollo, ieri mattina, lunedì, 11 maggio, ho ascoltato il Collegio dei Consultori e, questa mattina, i referenti delle quattro zone pastorali.
Pur consapevole delle difficoltà connesse all’attuazione delle norme previste, Vi invito ad adottare tutti gli accorgimenti necessari per mettere in atto, nelle diverse situazioni concrete, le misure sanitarie al fine di evitare in ogni modo assembramento di persone e quindi il pericolo di contagio. L’Economato, nella persona di Don Sandro Cerone, è a disposizione per chiarificazioni e supporto.
Questa nuova fase, mentre deve vederci particolarmente attenti al rispetto delle norme vigenti – l’allerta non è stata superata – deve vederci soprattutto protesi a poter ripartire pastoralmente in modo significativo e incisivo su quegli ambiti di vita e pastorali più significativi dove la nostra gente di fatto vive, lotta e soffre.
La ragione di fondo che ci spinge, con sacrificio e con fatica ad osservare le nuove prescrizioni sanitarie, è unicamente la salvaguardia della salute di tutti. Con questa attenzione si deve infatti contraddistinguere questa ripresa graduale delle celebrazioni eucaristiche in modo contingentato con il popolo.
La ripresa graduale delle celebrazioni eucaristiche, ovvero con una partecipazione limitata del popolo di Dio (secondo criteri stabiliti nel Protocollo), sarà sicuramente un momento di gioia e un segno di speranza, ma dovrà anche essere un tempo in cui continuare ad esprimere in tutti i modi possibili la vicinanza per chi ha sofferto, e soffre, anche nelle nostre comunità, per tutte le conseguenze di questa pandemia. Non trascuriamo di considerare i notevoli danni che la pandemia sta provocando a livello sociale ed economico.
Facciamo in modo che nelle nostre celebrazioni non manchino momenti di preghiera e di ringraziamento per tutti coloro che si stanno spendendo in questa emergenza sanitaria per tutelare la salute di tutti, a partire dai medici, infermieri, protezione civile e forze dell’ordine.
Preghiamo anche per chi esercita una responsabilità nella vita politica, amministrativa ed economica, nazionale e locale, perché, sappiano offrire risposte concrete alle famiglie, ai lavoratori, ai senza lavoro, ai più poveri. Non ci sarà vera ripresa se non si tuteleranno le fasce più deboli e vulnerabili. L’economato della Diocesi sta provvedendo a contattare i singoli Parroci per un aiuto alle parrocchie in questa fase di emergenza.
Circa le attenzioni da adottare, per ora, sappiamo tutti che la materia è in continua evoluzione; pertanto, per ora, stando così la situazione, in questa nuova fase, atteniamoci alle indicazioni del Protocollo ministeriale, salvo diverse comunicazioni che sarà mia cura di farvi avere prontamente.
Per tutto il resto si abbiano come riferimento le autorità pubbliche territoriali, in particolare i Sindaci.
Si notifica che tutti i fedeli, in modo particolare gli anziani, i bambini e gli ammalti, anche in questa “Fase 2” dell’emergenza sanitaria, restano comunque permanentemente dispensati dal precetto festivo e che quindi potranno continuare a seguire le celebrazioni attraverso i mezzi di comunicazione, a cominciare dai normali canali televisivi.
Io continuerò ad offrire la celebrazione eucaristica via streaming ogni giorno alle ore 19:00 dalla Cappella del Palazzo Vescovile di Melfi fino al superamento di questa fase. In tal senso, riprendendo le celebrazioni con il popolo, sarà bene evitare che si moltiplichino celebrazioni via streaming, in quanto di fatto si è ripreso nella realtà il servizio liturgico.
Per riaprire al culto le nostre Chiese, a partire da lunedì 18 maggio, raccomando, là dove fosse necessario, la sanificazione generale, e soprattutto – nelle modalità indicate dal suddetto Protocollo – dopo ogni celebrazione, la igienizzazione dell’aula liturgica e della sacrestia. Se lo si riterrà pastoralmente e logisticamente praticabile, si potrà celebrare l’eucaristia anche all’aperto, ma sempre in accordo con le autorità civili del luogo ed osservando tutte le misure prescritte (distanze, numero massimo, dispositivi di sicurezza, ecc…). Ricordiamo ai fedeli che tali accorgimenti sanitari, per quanto gravosi possano essere, sono adottati unicamente nell’interesse e per il bene di tutti.
Pertanto, si potrà ripartire con le celebrazioni eucaristiche dal 18 maggio soltanto in quelle Chiese previamente igienizzate o se lo si riterrà opportuno anche sanificate. Ricordo che l’osservanza degli obblighi registrati nel Protocollo è sotto la responsabilità del parroco e/o rettore di chiesa.
Mentre auspichiamo che i ritmi comunitari della nostra vita di fede possano gradualmente aprirsi ad una piena normalità, dobbiamo essere anche consapevoli che, per un tempo che non possiamo prevedere, dovremo convivere con limitazioni e modalità nuove di vita sociale che l’emergenza sanitaria impone.
Circa le prescrizioni contenute nel Protocollo ministeriale, che sono da osservare sotto la diretta responsabilità civile e penale dei singoli parroci e/o rettori di chiesa, ricordo solo in modo esemplificativo alcuni accorgimenti:
Circa lo svolgimento delle attività parrocchiali (catechismo, oratorio, formazione, ecc…), la celebrazione degli altri sacramenti (prime comunioni e cresime, eventualmente battesimi) e l’organizzazione delle feste patronali ci si attenga a quanto già disposto e notificato con la mia lettera del 2 aprile 2020 (prot. n. 08/2020/VE), che raccoglie gli orientamenti dei Vescovi di Basilicata. Tutte le suddette attività, salvo diversa indicazione, sono rimandate fino al superamento della pandemia.
Invece, circa la celebrazione della Messa Crismale, come già vi preannunciavo, è rimandata ad una fase di maggior allentamento delle misure sanitarie, in un giorno comune per tutte le Diocesi di Basilicata, essendo la Messa in cui, con la benedizione degli Oli, vengono offerti al popolo di Dio nella sua varietà di carismi e di ministeri i segni dell’amore di Dio che radica tutta la nostra vita nel mistero della salvezza.
Ringraziamo il Signore per la riscoperta e la valorizzazione che in questo tempo c’è stata della famiglia come Chiesa domestica.
La Chiesa, in questo difficile e delicato momento, non ha mai smesso di annunciare Cristo Gesù unica nostra speranza, facendo arrivare in tanti modi la sua voce ed anche, in un certo qual modo, la sua presenza. Sforziamoci, perciò, di vivere nella fedeltà al Vangelo, con una fede che si è arricchita anche dei sacrifici per le ristrettezze e le preoccupazioni legate alla particolare situazione di emergenza.
L’attesa di riprendere pienamente il nostro cammino ecclesiale non si traduca in scelte affrettate; mostriamo pazienza, attenzione e sinergia in ogni scelta; non sentiamoci battitori liberi, ma agiamo sempre in paziente comunione, anche in relazione all’aggiunta di nuove messe: per ora non ne vedo la necessità urgente. Abbiamo, tutti, quindi, la pazienza di fare avviare questa fase senza l’aggiunta di ulteriori sante Messe rispetto a quelle previste prima della pandemia ed eventualmente, dopo un ragionevole tempo di osservazione, sentito il Vescovo, attraverso la zona pastorale, si valuterà pastoralmente come regolarsi.
Facciamo in modo che i fedeli siano accompagnati nella comprensione delle ragioni delle disposizioni che rendono attualmente possibile la riapertura delle chiese e siano posti in atteggiamento di fattiva e paziente collaborazione. Per facilitare questo lavoro di sensibilizzazione, don Sandro Cerone provvederà nei prossimi giorni alla consegna di manifesti con una sintesi delle prescrizioni contenute nel Protocollo ministeriale. Data la continua evoluzione della materia, restiamo sempre in attesa di ulteriori prescrizioni attuative da parte della CEI e del Governo, che provvederò a notificarvi.
Camminiamo insieme! Certo della vostra fraterna collaborazione, vi ringrazio per il vostro prezioso servizio e vi saluto tutti con stima e cordialità.
Melfi, 12 maggio 2020.
+ Ciro Fanelli
Vescovo
#chiciseparera
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
Melfi, 19 maggio 2020
Prot. n. 14/2020/VE
CONVOCAZIONE DELLA MESSA CRISMALE
E INDICAZIONI PER LE CELEBRAZIONI
DELLA SOLENNITA’ DEL CORPO E SANGUE DEL SIGNORE
E DELLE FESTE E DELLE PROCESSIONI
NELLA “FASE 2” DELLA PANDEMIA DA COVID-19
Carissimi fratelli presbiteri,
accogliendo le indicazioni del Santo Padre circa la celebrazione della Messa Crismale da effettuarsi entro la Pentecoste, dopo aver udito il Collegio dei Consultori e i Referenti delle quattro zone pastorali, in comunione con le altre Diocesi di Basilicata, vi comunico che essa per la nostra Diocesi verrà celebrata giovedì 28 maggio alle ore 10,30 nella Basilica Cattedrale di Melfi.
Evidentemente parteciperemo soltanto noi ministri, presbiteri e diaconi, alcuni collaboratori liturgici, i religiosi e le religiose della Diocesi, sempre in base alla capienza della Cattedrale di Melfi e nel rispetto delle misure sanitarie vigenti. Questo tempo di Pasqua, come già vi anticipavo nelle precedenti comunicazioni, doveva portare le nostre comunità verso il Convegno Pastorale, con un lavoro all’interno delle singole comunità parrocchiali di riflessione e di coinvolgimento, e doveva anche condurci alla ricostituzione dei Consigli Pastorali (parrocchiali, zonali e diocesano), ad alcuni avvicendamenti parrocchiali e alla riformulazione della Curia diocesana. Evidentemente molte di queste scelte si dovranno rinviare inevitabilmente nei prossimi mesi; però, in occasione della Messa Crismale, potrò già comunicarvi il nome del presbitero che mi affiancherà come Vicario Generale.
Circa gli Oli santi: giovedì mattina, facciamo in modo di arrivare a Melfi in Cattedrale con un po’ di anticipo, così da consegnare – nel rispetto delle distanze di sicurezza e senza creare assembramenti – ai collaboratori della Parrocchiale Cattedrale i contenitori, già in possesso di ogni Parrocchia, per gli Oli santi. Al termine della celebrazione – o sarebbe meglio anche nei giorni immediatamente successivi – si potranno ritirare i rispettivi contenitori.
Circa la Solennità del “Corpus Domini” (domenica 14 giugno 2020), poiché quest’anno tutte le celebrazioni saranno eseguite sempre secondo le restrizioni in vigore, non si svolgeranno in nessun modo le processioni eucaristiche.
La processione con il SS. Sacramento sarà sostituita con un tempo di adorazione eucaristica. Nei centri abitati con più Parrocchie, ovvero Melfi, Venosa, Lavello e Rionero, nel giorno del Corpus Domini non devono esserci concelebrazioni interparrocchiali. Ma in ogni Parrocchia ci siano le celebrazioni secondo gli orari stabiliti e dopo la celebrazione della messa vespertina, come dicevo sopra, ci sia un tempo di adorazione eucaristica.
Si ricorda anche che processioni e feste (patronali e non) in onore della Madre di Dio e dei Santi quest’anno sono tutte sospese, fino a nuove indicazioni. Queste disposizioni, già contenute nelle prescrizioni della Conferenza Episcopale di Basilicata che vi ho comunicato il 2 aprile u.s. riguardano anche tutte quelle forme non liturgiche di far “girare” le sole statue della Madonna e dei Santi per le strade della comunità parrocchiale e/o cittadina, a volte anche con rappresentanze ridotte di autorità e popolo.
Questo nostro profilo sobrio di presenza sul territorio sia anche il segno di una comunità ecclesiale non solo rispettosa delle leggi civili e sanitarie di emergenza, ma anche di una realtà ecclesiale partecipe della crisi sociale in cui, purtroppo, a causa della pandemia siamo entrati. Per quanto riguarda gli attuali orientamenti diocesani circa le processioni e le feste religiose informerò con una mia lettera anche i Sindaci dei Comuni della Diocesi.
In attesa di poterci incontrare giovedì 28 maggio per la celebrazione della messa crismale con il rinnovo delle promesse sacerdotali, vi saluto e vi ringrazio, con stima fraterna.
+ Ciro Fanelli
Vescovo
#chiciseparera
Carissime Famiglie,
innanzitutto un grande augurio, carico di stima e di affetto, a tutte le mamme! La nuova fase dell’emergenza sanitaria ancora in corso, ci porta, nel rispetto delle misure cautelative per impedire il contagio, a riprendere gradualmente i ritmi del vivere sociale e comunitario. Sento il bisogno, all’inizio di questa “Fase 2”, in prossimità della festa della mamma nel mese dedicato alla Madre di Dio, di ringraziare tutte le famiglie per il grande senso di responsabilità mostrato e per essere state, come sempre, in questo lungo periodo di prova, scuola di vera umanità e di reale socialità.
In modo particolare rivolgo il mio pensiero grato a tutte quelle famiglie che con amore e spirito di sacrificio “custodiscono” le persone segnate da disabilità, che ogni giorno sperimentano la fatica e la gioia di un accompagnamento mai facile, ma pur sempre ricco di vera umanità.
Penso alle nostre persone anziane, ai nostri cari nonni: a quanti vivono ancora nel focolare delle loro famiglie e a quanti nelle Case di riposo sperimentano un senso di famiglia che – sebbene non legato alla carne e al sangue – è pur sempre significativo ed efficace nel dare un concreto sostegno materiale e psicologico.
Penso anche ai bambini e ai ragazzi che, nelle case, con la loro presenza stabile e prolungata insieme ai genitori, hanno saputo trasformare, pur con qualche gestita turbolenza, il tempo difficile della pandemia in spazio anche di serenità e gioia.
Questo periodo per la comunità cristiana coincide con un tempo importantissimo: il tempo di Pasqua, naturalmente proteso verso la Pentecoste. Esso è per noi cristiani un tempo veramente importante! Il periodo pasquale è per certi versi un cammino decisivo rispetto a ciò che è la sostanza della vita cristiana di ognuno. Questo itinerario non è soltanto un percorso liturgico, ma è soprattutto il cammino esistenziale di ogni vero discepolo di Gesù Cristo, nella consapevolezza che “senza lo Spirito, nulla è nell’uomo” (cfr. Sequenza di Pentecoste).
Come Chiesa diocesana di Melfi-Rapolla-Venosa, in questo tempo di lotta alla diffusione della pandemia, il cammino pasquale – che non abbiamo potuto vivere se non in forma telematica – è stato scandito dalla riflessione su sei atteggiamenti pasquali che costituiscono anche alcuni dei pilastri della vita cristiana.
In questi giorni della IV settimana del tempo di Pasqua, dopo aver riflettuto sui verbi “risorgere” e “camminare”, stiamo meditando sull’atteggiamento del “cercare il Signore”: il Signore, infatti, non lo si cerca mai individualisticamente, ma sempre comunitariamente e per creare comunione. Se la ricerca del Signore è sempre personale, l’incontro autentico con Lui rimanda ogni volta alla comunità!
L’incontro con Gesù Risorto non lascia mai nessuno nella solitudine e nell’isolamento, rimanda comunque a fratelli che condividono la gioia dello stesso incontro. Come non ricordare, a questo punto, le parole con cui Gesù accoglie la ricerca dei primi discepoli che gli domandano: “Maestro dove abiti?” (cfr. Giovanni 1,35-40). Domanda che, in fondo, significa: “Maestro quale è la tua casa, la tua famiglia?”. E Gesù a questa domanda risponde: “Venite e vedete”. Gesù risponde invitandoli ad un’esperienza concreta sia a livello affettivo e sia a livello di concretezza di vita: la verità che è Gesù parla sempre all’interno di un’esperienza che è lo stare con Lui (cfr. Mc 3, 13-15).
Questa è la forza primigenia di ogni famiglia e di tutte le famiglie: offrire un’esperienza di vita per ogni insegnamento, anche e soprattutto per quello religioso. La famiglia non insegna a parole, ma con l’esempio di vita. La famiglia resta infatti la scuola esistenziale originaria ed insostituibile dell’arte di vivere, dove la “cattedra” è sempre circolare e dove il “giudizio di merito” nasce dalla capacità di saper accogliere dentro di sé l’altro.
“Cercare Dio” è la grande tensione esistenziale che attraversa la storia dell’uomo di tutti i tempi; la famiglia nel desiderio naturale di “cercare Dio” ha un ruolo importante. Infatti, si cerca il Signore insieme e lo si può trovare veramente in una esperienza viva, vitale e condivisa.
In questi giorni della pandemia abbiamo ri-sperimentato la verità che la vita non è nelle nostre mani e che per affrontarla umanamente non sono sufficienti né risposte soltanto materiali né soluzioni puramente tecnico-scientifiche; se le soluzioni tecnico-scientifiche sono importanti e le risposte materiali sono necessarie, le risposte valoriali e di significato sono insostituibili. Attraverso i valori e il senso della vita si dà una risposta chiara e incoraggiante, che dice la forza dell’esserci, dello stare accanto, del “puoi contare su di me”, nonostante tutto e grazie a tutto.
Le risposte umane più vere sono quelle veicolate dall’ “esserci”, essere “accanto” all’altro e essere “per” l’altro. Qui rinveniamo il valore insostituibile della famiglia e anche della famiglia di Dio, che è la Chiesa. Abbiamo bisogno di “casa”, di “famiglia” e di “appartenenza”; se con uguale necessità sentiamo il bisogno di “viaggiare” è anche perché abbiamo fatto esperienza di casa e di famiglia. Nei giorni della pandemia la “Chiesa-famiglia di Dio” (la comunità parrocchiale), con i sui ritmi liturgici, educativi e caritativi si è dovuta fermare, ma ha trovato nella “Famiglia-chiesa domestica” (la famiglia naturale) nutrimento, luce, forza e sostanza.
Nel Vangelo di Matteo, nel cuore del discorso della montagna, Gesù invita a cercare il Regno di Dio e la sua giustizia (cfr. Mt 6, 24-34), non solo come esigenza prioritaria del discepolo, ma anche in contrapposizione ad uno stile di vita radicato nell’ansia e nella preoccupazione.
Gesù, dunque, anche per noi, oggi, in questo tempo particolare, contrappone lo stile del discepolo all’atteggiamento mondano del preoccuparsi, che è sempre sterile e autodistruttivo, visto come causa di ansia e come modalità di una vita vissuta in prospettiva egoistica che porta a disperdere le energie positive del cuore umano. Infatti, lo stile del discepolo sa radicarsi in ogni circostanza, e quindi anche nel tempo della sconfitta e della perdita, nella fiducia in Dio e nell’impegno ad allargare i confini del Regno, attraverso uno stile di vita evangelico improntato al dialogo e al servizio e attraverso il “difficile amore” (la carità, la misericordia) che spesso è incompreso e frainteso.
Il tempo della pandemia, che ci auguriamo di poter lasciare definitivamente dietro le nostre spalle, tra gli effetti che ha prodotto in tanti di noi c’è proprio l’ansia e la preoccupazione, che spesso – nelle persone più fragili – si trasformano anche in panico. Il panico, però, con l’inevitabile senso di impotenza che genera, è un atteggiamento sempre pericoloso e dannoso, in modo particolare per una famiglia e una comunità.
Il cristiano può trovare l’antidoto a questo atteggiamento negativo di paura nella Parola di Gesù che invita, in ogni circostanza, a “non preoccuparsi e affannarsi”, perché dobbiamo avere la sicurezza che Dio Padre “sa ciò di cui abbiamo bisogno” (cfr. Mt 6, 25). Gesù stesso, infatti, mentre invita a non preoccuparsi, esorta anche a cercare il Regno di Dio e la sua giustizia (cfr. Mt 6,33), nella consapevolezza che tutto ciò che è necessario per la vita di ogni giorno ci verrà dato da Dio, che è il Padre, in sovrabbondanza.
Il tempo della pandemia nella sua spietatezza ci ha offerto anche una lezione di vita costringendoci a riconsiderare il nostro modo di vivere e a tematizzare meglio l’esperienza della fragilità e della precarietà dell’esistere, realtà che spesso forse rimuoviamo con troppa facilità. Infatti, se da una parte siamo indotti a guardare alla vita con maggiore realismo, dall’altra dobbiamo riconoscere che una vita che non si radica sui valori è una esperienza poggiata sulla sabbia (cfr. Mt 7, 24-27).
Per le evidenti esigenze sanitarie a tutti note, abbiamo dovuto rallentare e “distanziare” i rapporti sociali, bloccando quasi totalmente ogni relazione e frequentazione sociale e comunitaria; ma non dobbiamo però mai dimenticare che i valori umani, le relazioni interpersonali e la solidarietà non possono essere mai oscurati o annullati da nessuna prescrizione: nessun uomo è un isola e nessuno può vivere in modo isolato.
Il blocco sanitario, che ancora perdura. pur con qualche allentamento, ha toccato anche il nostro modo di esprimere la vita di fede soprattutto, nel rapporto con l’Eucaristia e con la comunità stessa. Ma un altro effetto negativo, e per certi versi ancora più drammatico degli altri, legato alle conseguenze delle misure restrittive, è stato lo scenario economico, che sta gravando negativamente soprattutto sulle famiglie, accentuando fortemente disagi e determinando situazioni di vera povertà (mutui, cassa integrazione, lavoro, malattia, vecchiaia, ecc…).
Ma il mio pensiero se va con gratitudine alle famiglie, non può non rivolgersi in questo momento anche a coloro che, purtroppo, per tante ragioni, non hanno la fortuna di avere una famiglia. A tutte queste persone che vivono la grande povertà relazionale, dove dall’altro non ricevono un immediato riscontro che ci sei e che sei importante, dico la mia personale vicinanza e quella della comunità cristiana, che si sforza di essere famiglia di tutti e per tutti, in modo particolare per chi è in situazioni di necessità materiale e spirituale.
La solitudine e la povertà sono due grandi mali che si legano tra loro e che noi dobbiamo e possiamo sconfiggere. La famiglia, nella visione cristiana, resta il luogo vero dove la solitudine e la povertà, anche se presenti, possono sempre essere affrontate, superate e addirittura vinte. La società civile e la politica hanno il dovere di promuovere la famiglia sempre e ovunque, perché è il modo vincente per estirpare dalla persona umana il senso di fallimento strutturale (che si manifesta nella solitudine e nella povertà), e che è alla base, spesso, anche di ogni devianza.
Prima della pandemia, l’illusione di onnipotenza umana su tutto e su tutti dominava indisturbata. La pandemia, invece, ha mostrato una crepa profonda in questa grande illusione, che portava a credere di avere comunque – rispetto a qualsiasi situazione – il pieno controllo immediato. Questo delirio di onnipotenza portava anche a minimizzare quegli aspetti propriamente “umani” della vita che dicono limite, fragilità, bisogno, responsabilità, fino a rimuoverli e a negarli.
Il tempo della pandemia, però, relegandoci nelle abitazioni, con lo slogan “io resto a casa”, ci ha insegnato che le nostre famiglie, e in particolare i nostri figli, non hanno bisogno solo di cibi, vestiti, medicine, inserimento sociale; ma anche e soprattutto di verità e di significati che rendono la vita degna di essere vissuta, soprattutto in momenti critici come quelli che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo.
Tutti, in questi giorni, abbiamo toccato con mano la fragilità e la precarietà della vita e che essa non dipende da noi. Abbiamo, però, anche mentalizzato meglio che il comportamento degli altri non è indifferente rispetto alla nostra situazione e che il cosiddetto bene comune non è un’idealità astratta: lo stile di vita corretto di ognuno è un aiuto importante per la tutela della salute di tutti!
Una certezza, però, dobbiamo rafforzare ed è la ragione per la quale vi ho scritto: le relazioni familiari sono sempre una ricchezza e comunque un dono. Lasciamo fuori dalle nostre famiglie le violenze, le incomprensioni, le falsità. Facciamo, invece, sentire all’interno della famiglia la bellezza di un amore condiviso, forte, anche ferito, ma sempre sereno e mai sdolcinato. L’altro è sempre un mistero, contiene un segreto che va rispettato. La famiglia è lo spazio relazionale in cui si può accogliere anche l’incomprensione, la disarmonia, la differenza e la diversità. Nella famiglia dobbiamo poterci sentire amati e apprezzati, tutti, in modo particolare i bambini e i ragazzi, i malati e i disabili, perché possano sviluppare in se stessi la fiducia di fondo verso la realtà, la riconoscenza, la gratitudine e la gioia di essere immersi nell’amore del Padre celeste. La famiglia deve aiutare a passare dall’amore ricevuto all’amore donato, a sperimentare che è bello fare il bene, pregare, essere onesti, sinceri, giusti e generosi.
Qualche giorno fa ho scritto ai giovani fidanzati in cammino verso il matrimonio. Ad essi, e anche alle famiglie già costituite, confermo la consapevolezza del valore che custodite e del ruolo specifico che avete accanto alla comunità ecclesiale in ordine all’educazione e alla crescita nella fede. Questo è un ruolo permanente, ma emerge in modo particolare in questo tempo di emergenza sanitaria che ci ha portati a sospendere tutte le attività pastorali, dalla celebrazione delle Sante Messe agli incontri degli itinerari di catechesi per i vostri figli. Parlare di famiglia è considerare la vita nella sua dimensione più vera: genitori, figli, nonni, ammalati, disabili, lavoro, disoccupazione, impegni e programmi.
Il coronavirus con la sua subdola diffusione ha generato in tutti la fondata preoccupazione per la tutela della salute. Questo timore ci ha visti particolarmente protettivi per i bambini, gli anziani e gli ammalati, che essendo la parte più debole sono maggiormente a rischio, in quanto richiedono anche più attenzione e più cura.
Questa difficile situazione ha rappresentato anche l’opportunità, come dicevo, di riscoprire il valore della “famiglia” come “chiesa domestica”, dello stare insieme uniti nelle nostre case anche per vivere in maniera significativa e quotidiana alcuni ritmi della nostra fede, dove ogni genitore ha potuto sperimentare anche la bellezza di sentirsi il vero catechista nella/della propria famiglia.
La Chiesa e la società civile hanno comunque sperimentato in questa lunga quarantena il ruolo centrale e fattivo della famiglia e della casa: non solo come il luogo dove stare chiusi, ma soprattutto come l’ambito in cui si recuperano in maniera efficace energia e motivazioni e in cui rinvenire valori e sostegno per “abitare” tutte le relazioni sociali in modo propositivo.
L’altra grande consapevolezza che è emersa a partire da questa pandemia rispetto soprattutto alle famiglie è l’educazione e l’educazione in famiglia. Abbiamo tutti compreso che su questo versante non si deve delegare ma creare alleanze. L’arte di educare che appartiene primariamente, anche se non in modo esclusivo alla famiglia, non può svolgersi in modo efficace senza la famiglia.
Da questo tempo di pandemia ricaviamo senza vuote apologie un invito alle famiglie, ai genitori in particolare, a riscoprire l’arte di imparare ad educare vivendo ciò che si vuole insegnare. Questa arte diventa sempre più difficile in una società ricca di infinite risorse materiali, ma sempre più povera di verità e di ideali condivisi.
“Resto a casa”, slogan giustamente diffuso e praticato in questo tempo di emergenza sanitaria, dice anche la consapevolezza del valore umano e sociale della famiglia, dalla quale “non fuggo” e dalla quale “esco” per creare relazioni, dalla quale attingo energia esistenziale e dalla quale ho bisogno di uscire per sperimentare la bellezza di condividere valori e di confrontarmi con sempre nuovi stili di vita.
La famiglia, perciò, senza retorica, deve fondamentalmente, al di là di tutto, far sentire ai figli che essi sono amati e apprezzati, perché possano sviluppare in se stessi la fiducia di fondo verso la realtà, la riconoscenza, la gratitudine, la gioia di essere immersi nell’amore del Padre celeste.
Nella famiglia deve esserci certezza che la prima forma di educazione, è l’esempio di vita: i bambini sono recettivi; assimilano tutto ciò che l’ambiente offre; continuamente guardano, esplorano, toccano, fantasticano. Vogliono essere come i grandi, specialmente come i genitori. Se i genitori, e gli adulti, creano un clima di gioia serena, i ragazzi sono tranquilli e contenti. Se gli adulti sono instabili e ansiosi, sono inquieti e agitati. Se i genitori amano, imparano ad amare.
La fretta e a volte anche la frenesia con cui abitualmente ci colleghiamo alla vita quotidiana ci porta a trascurare la centralità della famiglia sia nelle sue risorse che nelle situazioni problematiche. In molte famiglie, in questi giorni, la convivenza imposta e prolungata ha anche condotto a far venire fuori problematiche che spesso si ignoravano. Proprio per questa ragione anche a voi famiglie affido quattro parole che Papa Francesco, in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, ha affidato ai giovani come bussola per la loro vita: gratitudine, coraggio, fatica e lode.
Queste quattro parole sono i punti cardinali della bussola della vita e sono anche i quattro pilastri su cui costruire le nostre relazioni e le nostre giornate.
Nella preghiera per questo tempo di pandemia ho chiesto al Signore che ci faccia uscire migliorati: che questo tempo fosse fucina di vera fraternità e che l’angoscia fosse sciolta in una preghiera semplice e fiduciosa.
Focalizzarci su ciò che è essenziale genera novità e ci fa crescere nonostante tutto. Queste quattro parole ci aiutano ad avere un approccio più sano e più realistico alla vita. La gratitudine ad esempio ci porta a cogliere, pur tra tante situazioni difficili, il positivo che c’è, il bene che è presente, la ricchezza vera che non marcisce. Essere grati è non solo saper guardare con ottimismo la vita o vedere “il mezzo bicchiere pieno”, ma è essenzialmente essere convinti che nella nostra vita c’è il segno della benevolenza di Dio e della sua paternità. Dalla gratitudine nasce anche il coraggio con cui affrontare le sfide e le difficoltà che la vita a volte ci presenta. Il coraggio dice consapevolezza che la situazione può essere trasformata, può essere orientata ad un bene maggiore, ecc …
La fatica, in questa prospettiva, diventa la fedeltà vissuta nell’attimo presente, come perseveranza e tenacia. Senza fatica non si apprezza il valore delle cose e delle persone. Anche le relazioni, anche quelle familiari, vanno tessute con cura se vogliamo sperimentare la gioia dello stare insieme. La lode diventa il ritmo del cuore della persona grata che non si ritira di fronte alle sfide della vita e che non ha paura della fatica da impiegare.
“Resto a casa”, per favorire la sconfitta della pandemia, ma “resto a casa” per favorire la mia crescita umana e cristiana; “resto a casa” per credere sempre di più nel valore di relazioni autentiche, generose e gratuite; “resto a casa” per vivere la fede senza pudore e senza vergogna. “Resto a casa” per reimparare a farmi il segno di croce e a pregare con i miei cari. “Resto a casa” per riaprire con i miei cari il Vangelo e per tenere in mano la corona del santo Rosario.
A questo proposito voglio non solo ricordarvi il nostro camminare verso la Pentecoste, seguendo il percorso che sto suggerendovi tramite il profilo facebook Palazzo Vescovile di Melfi compiendo sei passi con sei verbi (risorgere, camminare, cercare, ecc), ma desidero anche invitarvi in questo mese mariano ad unirvi come “famiglia di famiglie” per recitare insieme il santo rosario in famiglia e per le famiglie, martedì sera, 12 maggio, alle ore 21,00.
Con questa mia lettera ho accolto con gioia la proposta che mi è stata fatta dall’Ufficio per la Pastorale Familiare. Immediatamente in essa ho visto una opportunità bella per vivere insieme a voi, care famiglie, un’occasione forte per rinsaldare il nostro cammino di fede, ricentrandoci sulla Madonna, regina della famiglia, che con l’esempio della sua vita ci stimola a giocarci sempre sulle quattro parole di Papa Francesco.
In attesa di poter riprendere insieme, sia pur gradualmente, il nostro ordinario cammino sociale ed ecclesiale, e soprattutto nella speranza di poter celebrare insieme i Sacramenti invoco su di tutti voi la Benedizione del Padre misericordioso, perché ci custodisca e ci protegga da ogni male.
Vi assicuro che ogni giorno nella Messa che celebro, prego per voi e continuo a consegnare tutte le Famiglie della nostra Diocesi all’intercessione potente del Signore e alla protezione materna della Vergine Maria.
Il Signore benedica le vostre famiglie e vi dia la gioia di essere scuola di fede e di autentica umanità!
+ Ciro Fanelli
Vescovo
#chiciseparera
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
MESSAGGIO AI GIOVANI FIDANZATI
IN CAMMINO VERSO IL MATRIMONIO
NEL TEMPO DELLA PANDEMIA
Carissimi giovani fidanzati,
Vi raggiungo all’inizio della “Fase 2” dell’emergenza sanitaria perché, pur tra le difficoltà notevoli che vi ha creato la pandemia bloccando progetti e relazioni, desidero dirvi la mia personale vicinanza e quella della nostra chiesa locale. La speranza è che questo difficile periodo con tutte le sue restrizioni possa terminare subito e bene. La pandemia, per voi che avevate già programmato la data delle nozze, è stata un freno inatteso, che vi ha costretto a rimandarla con tante conseguenze, non sempre piacevoli, ma che ora bisogna con entusiasmo e fiducia superare per “riprendere” il sogno grande della vostra vita.
Prima che esplodesse la pandemia abbiamo avuto la gioia di incontrarci a Melfi, domenica 1° marzo, nel salone degli stemmi del palazzo vescovile, in un incontro con il prof. Michele Illiceto e con l’équipe diocesana della pastorale familiare. E’ stato un momento di festa e di arricchimento reciproco, che doveva segnare il vostro cammino verso il matrimonio, verso quel giorno del “si” definitivo, che “significa dire all’altro che potrà sempre fidarsi, che non sarà abbandonato se perderà attrattiva, se avrà difficoltà o se si offriranno nuove possibilità di piacere o di interessi egoistici”.
Il tempo è sempre prezioso, soprattutto quello che separa dal raggiungimento di mete importanti è sempre prezioso, anche quando viene bruscamente bloccato, come è accaduto per questa grave emergenza sanitaria; anzi, diventa più prezioso e significativo. Il vostro cammino verso il matrimonio, se da una parte si è rallentato, dall’altra ha sicuramente rafforzato le motivazioni della vostra decisione di vita. Anche per questa ragione voglio raggiungervi con questo mio messaggio.
E’ per l’intera comunità un motivo di speranza, soprattutto nell’ora presente, sapere che ci sono giovani che come voi sono in cammino per costruire una famiglia. A voi vorrei rimandare quattro parole che Papa Francesco ha sottolineato in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che si è celebrata domenica scorsa, 3 maggio 2020. Le quattro parole sono: gratitudine, coraggio, fatica, lode. Insieme possono costituire i quattro punti cardinali per aiutarvi ad orientarvi in questo momento e in tutte le scelte future della vita.
Grazie all’innamoramento vi siete incontrati e vi siete scelti; con il desiderio di pensare al matrimonio e di costruire una famiglia vi siete rivolti alla comunità cristiana, alla vostra parrocchia. Con questo desiderio nel cuore, avete chiesto alla Chiesa di accompagnarvi nella fase ultima del vostro percorso verso il matrimonio e di aiutarvi a capire e a vivere il “mistero grande” che il vostro amore racchiude nel disegno di Dio. Proprio per questa ragione, la vostra vita deve essere colma di gratitudine: essa è il sigillo più bello che da significato e valore a chi si sente amato e perciò chiamato. E’ l’esperienza del vostro incontro e dell’innamoramento. Chiamati, amati e grati l’uno all’altro e al Dio della vita e dell’amore.
Oggi, più che mai, la scelta di costruire una famiglia richiede coraggio. Il coraggio di impegnarsi per affermare il valore dell’amore, del lavoro, della vita. Senza coraggio non si va da nessuna parte. Il coraggio aiuta a difendere e proteggere le cose belle ed importanti. Il coraggio richiama la fatica che insieme evoca sia la tenacia e sia la perseveranza. Nel coraggio troviamo la fiducia che fa guardare in prospettiva e il valore che dà significato ad ogni singolo passo e ad ogni sacrificio. Ma lo sguardo cristiano all’esistenza e alle scelte di vita non può fermarsi al coraggio, né tanto meno alla fatica, esso è sempre proteso alla lode. Non c’è esperienza di vita che possa dirsi autenticamente cristiana che non porti alla lode, alla festa e alla gioia.
La vostra scelta di camminare verso il matrimonio cristiano è per la lode. Voi siete, con la freschezza della vostra età e del vostro giovane amore, segno di questa lode che non deve mai spegnersi nel cuore di una comunità e di una famiglia. Le vostre vite da fidanzati, in cammino verso il matrimonio, riempiono sempre di gioia e arricchiscono anche gli altri nella nostra umanità e nella nostra fede. E’ bello sapere che l’amore continua ad affascinare, oggi come ieri, e che la vita, nonostante i momenti difficili e dolorosi, come quello che stiamo attraversando, sia garantita da questo slancio del cuore che è qualcosa di più grande di un sentimento.
Nella mia vita di parroco e ora di Vescovo ho incontrato tanti giovani fidanzati come voi; ho avuto anche la gioia di benedire le nozze di numerose coppie, che oggi sono il segno vivente della gratitudine, del coraggio, della fatica e della lode di una vita vissuta insieme per amore e nell’amore!
Lo splendore dell’amore diventa ancora più bello quando si trasforma in segno e testimonianza per le altre coppie e per la comunità. Questa è la missione che si radica nel sacramento del matrimonio al quale vi preparate! Voglio concludere questo mio messaggio invitandovi a continuare ad essere grati, guardate in avanti con coraggio, non spaventatevi della fatica dovuta anche al dover rimodulare tutto a partire da questa pandemia, perché il Signore Risorto è il garante che la lode in voi non si spegnerà mai, perché Egli è venuto perché avessimo la vita in pienezza (cfr. Gv 10,10).
Il Signore vi protegga e vi accompagni in questo tempo di fidanzamento, perché sia sempre più un’occasione per crescere nella consapevolezza che, come ricorda Papa Francesco nell’Amoris laetitia “dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la ‘più grande amicizia’”.
La strada maestra della vita è l’amore, che ogni giorno è invito al dono di sé perché l’altro sia nella gioia. Oggi, come fidanzati, guardate da due punti prospettici all’unica meta, il vostro matrimonio, invece, dal giorno delle vostre nozze guarderete da un unico punto prospettico, che è l’amore reciproco, allo splendore della vita. Auguri di ogni bene.
Melfi, 6 maggio 2020
Con affetto, il vostro Vescovo
+ Ciro Fanelli
#chiciseparera
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
Prot. N. 10/2020/VE
DISPOSIZIONI
PER LA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE
NELLA “FASE 2” DELL’EMERGENZA SANITARIA
PER CONTENERE LA PANDEMIA DA COVID-19
Carissimi,
l’esperienza che abbiamo fatto nella fase acuta dell’emergenza sanitaria, causata dalla diffusione della pandemia da Covid-19, ha sconvolto non poco le nostre abitudini personali e sociali e, di conseguenza, anche quelle ecclesiali. Sicuramente questa difficile situazione è stata anche una scuola di vita dalla quale potremo imparare molto. Questa lezione di vita ci aiuti anche a recuperare le ragioni profonde del nostro convivere sociale ed ecclesiale. Il contrasto alla pandemia ci chiede di mettere in atto ancora particolari misure di sicurezza. Pur consapevoli dei grandi beni (diritti e valori) che sono in gioco, dobbiamo, senza polemiche e con spirito di responsabilità, far prevalere – quale criterio prevalente – il bene della salute pubblica, che non annulla o vanifica gli altri diritti e valori coinvolti.
Il Papa di recente ci ha ricordato che in questo nuovo tempo di lotta alla pandemia, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, “dobbiamo pregare il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”. L’attuale situazione, che resta pesante ed onerosa per tutti, impone che con grande umiltà e vera responsabilità continuiamo ad agire facendo per il bene della salute pubblica, rinunciando a qualche diritto e rendendoci ancora disponibili a qualche sacrificio. E’ evidente che molte domande restano ancora aperte circa il “quando” e il “come” della ripresa anche graduale della vita liturgica e circa le misure sanitarie da adottare; restiamo fiduciosi e pazientiamo.
Poiché in questa fase, in particolare in ordine alla celebrazione delle esequie, la responsabilità di applicare le disposizioni governative per contenere il contagio è del singolo Parroco,
Volendo offrire a tutte le Parrocchie della Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, per questo momento iniziale della “Fase 2”, indicazioni unitarie che facilitino il rispetto delle misure vigenti in ordine alla celebrazione delle esequie,
D I S P O N G O
che, in tutto il territorio diocesano – in questo momento iniziale della “Fase 2” – salvo ulteriori disposizioni da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e nuovi orientamenti da parte della CEI,
LE ESEQUIE SI CELEBRINO SENZA MESSA ALL’APERTO NELL’AREA CIMITERIALE,
SECONDO QUANTO PREVISTO DALLE NORME LITURGICHE
La scelta temporanea del luogo all’aperto rende dal punto sanitario molto più gestibile la celebrazione rispetto al luogo chiuso delle aule liturgiche delle chiese. Si abbia, comunque, la massima cura che la celebrazione si svolga in un tempo contenuto e che si osservino scrupolosamente, anche per i luoghi all’aperto, le misure sanitarie prescritte dalle disposizioni governative (distanziamento fisico, numero dei partecipanti non superiore a 15 persone, mascherine, temperatura corporea, ecc …) e recepite dalla summenzionata Nota del Segretario Generale della CEI, evitando in ogni modo assembramenti e il contatto fisico. Il tutto venga svolto d’intesa con i Sindaci e con le autorità cimiteriali.
Valorizziamo questo momento; esprimiamo tutta la vicinanza visibile e cordiale alle famiglie in condizione di lutto. Non si dia la sensazione che non essendoci la celebrazione della messa non c’è nulla. Viviamo anche questa fase, come si è fatto lodevolmente fino ad oggi, con prudenza e generando comunque nella gente serenità e fiducia, pur nel rispetto delle giuste regole.
Con altrettanto senso di responsabilità dobbiamo però prepararci ed attrezzarci a vivere anche gli stadi successivi di questa “Fase 2” in vista della ripresa graduale della vita liturgica: non dobbiamo, infatti, farci trovare impreparati ed agire in ordine sparso.
La nostra gente, la nostra specifica missione e il bene della salute pubblica devono trovare in noi dei facilitatori. Questa “Fase 2” è indubbiamente un tempo ancora molto delicato e che, per certi versi, può diventare anche pericoloso facendo risalire la curva dei contagi.
In ordine all’obbligo della sanificazione degli ambienti, mentre restiamo in attesa di ulteriori precisazioni sia da parte del governo che della CEI, dobbiamo comunque mentalizzarne la necessità. Nel frattempo si informino i fedeli e chiunque entri in chiesa, anche con appositi cartelli informativi, sulle disposizioni di sicurezza previste.
Confidando nell’impegno di tutti e di ciascuno, in attesa di ulteriori adattamenti e comunicazioni, vi saluto fraternamente in Cristo.
Melfi, 1° maggio 2020.
+ Ciro Fanelli
Vescovo
#chiciseparera
A quasi due mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria per la pandemia Covid-19, la Chiesa di Melfi Rapolla Venosa propone un’analisi approfondita sui bisogni del territorio e le risposte fornite attraverso i servizi già in essere e all’attivazione di nuovi servizi allestiti appositamente. In questo flash report viene fornito un quadro dettagliato. Nel periodo specifico il nostro compito è stato quello di dare una prima risposta ai bisogni primari di famiglie e individui e di restare in ascolto dei bisogni dei più poveri e delle parrocchie per affrontare il cambiamento e le sfide poste da questa emergenza. A tal fine sono stati messi a confronto alcuni dati registrati nei vari servizi della Caritas Diocesana nello stesso periodo del 2019 con quelli del 2020. La Caritas Diocesana ha rafforzato la collaborazione con quasi tutti i Comuni della Diocesi ed ha risposto tempestivamente alle richieste che sono pervenute lì dove l’Ente locale non era nella condizione di poterle soddisfare. Allo stesso tempo, abbiamo registrato un aumento rispetto alle richieste di beni e servizi materiali, in particolare cibo e beni di prima necessità, sussidi e aiuti economici a supporto della spesa o del pagamento di bollette e affitti, sostegno socio-assistenziale, lavoro e alloggio. Nella Diocesi, oltre ai lavoratori in cassa integrazione, ci sono anche tassi di povertà e di economia sommersa molto alti soprattutto per chi lavora in nero (edili, braccianti, colf, ecc.) la situazione in questa emergenza è diventata drammatica. (report in allegato)
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VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
MESSAGGIO
IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL LAVORO DEL PRIMO MAGGIO
AL TEMPO DEL COVID- 19
Alcune idee per pensare al domani, perché “questa tormenta finirà”.
Il nostro lavoro, quello che ci fa portare a casa il pane che spezziamo con i nostri figli, non verrà bloccato dal Covid-19 solo se saremo in grado, insieme, di cambiare ciò che – sino al 20 febbraio 2020 – era già inutilmente un freno al progresso spirituale e umano della nostra società.
Nel lavoro e in quel pane spezzato con i figli c’è un segno fortissimo che ci riporta all’Eucaristia: si lavora per il bene personale e degli altri, si lavora per progredire, individualmente e collettivamente, si lavora per ciò che verrà dopo. Lavorando, si ringrazia per ciò che siamo capaci di realizzare con le nostre mani, per noi e per gli altri.
Non c’è virus che tenga rispetto alla visione solidale e all’impegno di coloro che hanno deciso di mettere in atto buone pratiche per le future generazioni. Papa Francesco ci ha recentemente ricordato che si deve “pensare al poi, perché questa tormenta finirà e le sue gravi conseguenze già si sentono” (Lettera ai Movimenti Popolari, 12 aprile 2020).
Sono passati pochi mesi dal nostro Convegno diocesano sul lavoro. Era dicembre 2019. Oggi il mondo del lavoro sembra stravolto.
Il virus che sta colpendo la nostra società, immobilizzandoci tutti nelle case, è un virus con cui ci confronteremo per un tempo non ancora prevedibile. Ma ciò non ci esime dal programmare un “modo di vivere” e un modo nuovo di “lavorare per vivere” che possa ridurre al minimo possibile il rischio di contagio. Seguiremo diligentemente, con senso di responsabilità – come abbiamo fatto sino a oggi – le linee guida delle autorità pubbliche competenti e ci conformeremo a tali norme. Ma ciò non basterà.
A noi cristiani è chiesto un impegno ulteriore: quelle linee guida, quelle norme, quelle condotte debbono essere assorbite dalla nostra mentalità formatasi sul Vangelo, il quale ci insegna che insieme si sopporta meglio il peso di situazioni complicate e che insieme si trova la ragione alla speranza di un miglioramento.
Il virus, come il male, tende a farci isolare. Noi cristiani vinciamo il male se insieme ci impegniamo a comprendere la situazione, ad adattarci alle regole, a sperare nel meglio e a programmare il nuovo.
Il virus ci sta indicando anche che il presente decide il futuro. Le generazioni che verranno ascolteranno da noi cosa è accaduto nel 2020. Racconteremo il dramma, la morte, le preghiere. Ma racconteremo anche ciò che abbiamo fatto per loro, per migliorare le loro condizioni di vita. Tocca a noi, oggi, decidere cosa possiamo fare per il domani. Nel lavoro e nella vita quotidiana agiamo, pensando al futuro dei nostri figli. Il Vangelo ci dice che i discepoli, dopo la risurrezione di Gesù, sono stati inviati a proclamare la buona notizia all’intera umanità. Noi siamo invitati a fare la stessa cosa, pensando che bene sommo dell’umanità è l’intero creato, che costituisce il dono grande che oggi abbiamo tra le mani e ciò che si troveranno anche i nostri figli tra le mani domani in ragione del nostro lavoro di oggi. Abbiamo una responsabilità comune nella fase di ri-costruzione post virus. E’una fase importantissima che è fatta di idee, progetti, azioni, tanta attenzione alla persona umana e alla comunità.
Quali sono i fattori sul lavoro che già bloccano inutilmente il progresso spirituale e umano? Ne individuo almeno tre, i quali a mio avviso sono come i dardi infuocati di cui parla san Paolo (cfr. Ef 6, 16). Il primo riguarda la negligenza personale nel saper e nel sapersi formare adeguatamente rispetto alle nuove esigenze del lavoro. Il secondo riguarda l’incapacità dei sistemi pubblici e privati di guardare oltre l’immediato e di non programmare le trasformazioni che possono rendere il lavoro più dignitoso per tutti. Il terzo elemento, che spesso colpisce soprattutto i più giovani è relativo all’inerzia di non aggregarsi in organizzazioni che sappiano mediare tra interessi diversi. Serve una mentalità nuova, – come anche la dottrina sociale della Chiesa ci insegna – per affrontare questi tre dardi infuocati, che soffocano terribilmente il progresso umano e spirituale nel lavoro.
Tre prospettive verso cui incamminarci
Primo punto: la negligenza deve trasformarsi in attività propositiva nella formazione professionale. Non c’è lavoro, da quello del dirigente sino a quello più umile, in cui la formazione professionale non sia necessaria. La formazione professionale ci aiuta a cambiare in meglio, a non rimanere immobili, a pensare a come trasformare le nostre esperienze in qualcosa di nuovo e più laborioso.
Secondo punto: l’incapacità di programmazione è un male che colpisce le nostre economie locali e nazionali. Essa, invece, va trasformata in capacità di programmare. Non è possibile prevedere tutto, ma è possibile programmare l’evento anche più tragico, per assicurare una forma di reazione equilibrata. Il virus ci insegna, inoltre, che dobbiamo imparare, il prima possibile, a ripensare le nostre politiche pubbliche al fine di saper gestire tali eventi e nel contempo riuscire ad adattare il lavoro a nuove eventuali emergenze.
Terzo punto: l’inerzia va vinta favorendo l’aggregazione in gruppi organizzati che sanno creare solidarietà. Le organizzazioni dei lavoratori possono essere di grande supporto alla mutualità. Le organizzazioni tra imprese servono al Paese e alla sua visione strategica. Oggi si deve trovare un nuovo modo, anche digitale, di sapersi riunire, saper condividere le idee, di sapersi confrontare e di saper mediare nelle difficoltà che viviamo. Da soli si dà e si fa poco! Il lavoro, dopo il virus, ci chiederà un impegno particolare in queste tre traiettorie. Impariamo a cogliere il momento opportuno e impegniamoci, individualmente e collettivamente. Facciamolo per il futuro che verrà, nel quale c’è il bene di un Dio che non ci abbandona.
Come Vescovo sento il dovere di farmi portavoce di quanti in questa nostra comunità vogliono impegnarsi per un futuro migliore e non vogliono lasciarsi condannare a nessuna forma di “desertificazione” sociale, economica e culturale. Ogni ulteriore e urgente valutazione politica, economica e sociale deve favorire, soprattutto in questo delicato momento storico, il diritto al lavoro per tutti.
Se una preghiera corale, fino ad oggi, è stata innalzata a Dio, ricco di Misericordia, affinché fermasse il dilagare della pandemia, una preghiera altrettanto forte dobbiamo, ora, rivolgere al Signore, affinché vengano adottate nuove e forti politiche sociali che rimettano il lavoro al centro, soprattutto per il mezzogiorno d’Italia e per la nostra terra di Basilicata.
Mi appello a quanti hanno a cuore il mondo del lavoro e per esso si impegnano a renderlo sempre più libero, creativo, partecipativo e solidale (Papa Francesco, Evangelii gaudium, 192). Spero fortemente che tutti coloro che desiderano un futuro diverso per la nostra terra di Basilicata, per i giovani, per le famiglie e per tutti i lavoratori possano mettersi in rete per pensare insieme al domani. Di certo la Chiesa diocesana di Melfi-Rapolla-Venosa continuerà, anche in questa circostanza, a prestare la sua voce alla propria gente e farà la sua parte per favorire il dialogo alla ricerca di soluzioni possibili e concrete per il bene comune.
Melfi, 27 aprile 2020.
+ Ciro Fanelli
Vescovo
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