RITO DELLE ESEQUIE

Tra le novità la visita alla famiglia del defunto, la preghiera alla chiusura della bara, e nuove formule per la preghiera dei fedeli. Una sezione per la cremazione
Sarà obbligatorio dal prossimo 2 novembre l’uso della nuova edizione italiana del Rito delle esequie. Si tratta di un testo che aggiorna quello del 1974 la cui pubblicazione, ha spiegato monsignor Angelo Lameri, docente di liturgia alla Pontificia Università Lateranense e consulente dell’Ufficio liturgico nazionale, «si pone nel solco delle Chiese che sono in Italia nell’applicazione della riforma liturgica conciliare». Dopo una prima fase dedicata alla traduzione dal latino, infatti, a partire dal 1983 ci si è concentrati maggiormente sulla questione dell’adattamento.
«Il Rito delle esequie da sempre intende essere un annuncio della novità portata da Cristo dinanzi al mistero della morte», ha ricordato monsignor Lameri illustrando le caratteristiche del nuovo documento ai partecipanti al Convegno «Umbra mortis, vitae aurora. Prospettive per la riflessione e la prassi alla luce della seconda edizione italiana del Rito delle esequie» che si è chiuso ieri a Roma.
Oltre ai «numerosi adattamenti di natura rituale e testuale», nel testo è stato aggiunto il paragrafo riguardante «la visita alla famiglia del defunto» mentre è stato rivisto quello dedicato alla «preghiera alla chiusura della bara». Tra le novità c’è da segnalare l’arricchimento della sezione contenente le esortazioni al momento del commiato, l’inserimento di nuove composizioni nella parte musicale e un ventaglio più ampio di proposte per la preghiera dei fedeli.
La novità più significativa è senza dubbio costituita dall’appendice dedicata alle esequie in caso di cremazione. Si tratta, ha sottolineato Lameri, di «una pratica diffusa che, anche se oggi non sempre è intesa come atto di rifiuto della fede cristiana, necessita di essere accompagnata da un’opportuna catechesi e da una ritualità che orienti i fedeli a comprendere ed affrontare il mistero della morte alla luce della risurrezione del Signore e a rinnovare e rimotivare la fede nella ‘risurrezione della carne’».
Stefania Careddu
  (dal quotidiano “Avvenire” del 26/10/2012 pag.22)