LETTERA DEL VESCOVO PER L’AVVENTO

Lettera per l’Avvento

 Figli e fratelli

Riscoprire un dono
per vivere con gioia e fedelta’ l’Avvento
In tempo di Covid-19

 

Carissimi fratelli e sorelle,

  1. “Le festività della Chiesa certo rammentano fatti trascorsi, ma sono anche ‘presente’, attuazione viva; poiché ciò che è accaduto una volta nella storia, deve farsi continuamente evento nella vita del credente. Allora è venuto il Signore, per tutti; ma Egli deve venire sempre di nuovo per ciascuno. Ognuno di noi deve sperimentare l’attesa, ognuno l’arrivo, perché gliene nasca la salvezza” (R. Guardini). Un aiuto importante nel tempo di Avvento per vivere nel qui ed ora della nostra storia l’attesa e la vigilanza, accanto alla carità, è la preghiera liturgica. Quest’anno l’Avvento inizia con un dono: il testo della nuova traduzione  del Messale Romano. E’ un dono importante, da accogliere e da valorizzare come aiuto efficace per rendere più viva la partecipazione all’Eucaristia e per aiutarci a riscoprila come fonte e culmine della nostra vita (cfr. SC 10). Questo tempo liturgico è anche un’opportunità per puntare sull’essenziale della nostra fede: la nostra identità di figli di Dio e di fratelli tra noi (Rm 8, 15-17; 1 Cor 10, 17). Vivere da fratelli è anche il grande invito che recentemente Papa Francesco, attraverso l’enciclica “Fratelli tutti”, ha rivolto ai credenti e agli uomini di buona volontà.

Avvento: il tempo per imparare ad amare

  1. La nostra Diocesi non solo accoglie questo invito del Papa, ma – alla luce del progetto pastorale “Capire e vivere il Battesimo” – desidera impegnarsi a riscoprire il dono della figliolanza divina e della fraternità derivanti dal Battesimo. Vi invito, pertanto, a sentire forte questo compito e vi esorto a trasformare questo tempo liturgico dell’Avvento in una scuola di vera fraternità dove tutti dobbiamo imparare ad amare! Il tempo di Avvento è, infatti, l’occasione propizia per verificare l’autenticità del nostro desiderio di Dio e la concretezza del nostro amore verso il prossimo. Con l’Avvento, aiutati dalla liturgia, dobbiamo andare incontro al Dio che è venuto nella storia, che viene nel quotidiano, che verrà alla fine dei tempi e che ora ci guida sulle strade dell’amore gratuito. Lungo questi sentieri la Speranza è la virtù che può darci la forza per vincere le pigrizie e superare le paure:  “Viviamo una fase complessa della storia mondiale, che può anche essere letta come una rottura rispetto al passato, per avere un disegno nuovo, più umano, sul futuro” (Consiglio permanente della CEI, Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, 22 novembre 2020). La Speranza, infatti, quando entra nella nostra vita ci apre al futuro che Dio prepara e ci sostiene nel vivere il tempo presente secondo la sua logica, facendoci tenere gli occhi aperti sulle necessità e le sofferenze dei fratelli.

Lottare e vigilare per amare

  1. Non possiamo far finta di “non vedere” la gravità del momento presente; non possiamo girare semplicemente lo sguardo altrove. Papa Francesco ci ricorda che l’impatto con gli effetti della pandemia impone l’esigenza di pensare insieme un “piano di risurrezione”, morale e sociale, spirituale e culturale, personale ed economica. Non ci si salva da soli. In questo cammino è fondamentale l’aiuto che possiamo avere dalla Parola di Dio. Il Vangelo del nuovo anno liturgico, Marco, è il Vangelo del catecumeno, del discepolo che vuole crescere nella fedeltà al suo Signore. Marco, come abbiamo sottolineato nella Settimana Biblica diocesana, è “il Vangelo di una notte e il Vangelo per la vita”. Marco, è, infatti, il Vangelo del cristiano che vuole essere, a partire dal dono battesimale, un lottatore. Lottare è anche vigilare (cfr. Ef 6, 11-17): essere attenti a cogliere le occasioni per amare i fratelli e per lasciarci amare da Dio come figli. Il capitolo 25 del Vangelo secondo Matteo è emblematico per cogliere la fecondità di questo scambio d’amore che ci fa crescere come uomini e come credenti: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Non dobbiamo dimenticare che “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”. Valorizziamo, pertanto, tutte le occasioni di amore che il Signore ci dona per sentirci “figli di Dio” e per vivere da “fratelli”! Non lasciamoci stordire dalla distrazione o dalla superficialità.

 Vincere l’indifferenza

  1. Lo sguardo del cristiano, che con il Battesimo sa di essere diventato figlio amato dal Padre, è orientato ad accorgersi che gli altri non sono degli estranei, da cui difendersi o da ignorare, ma dei fratelli da accogliere e da amare. Con l’Avvento, dice Papa Francesco, dobbiamo alzare lo sguardo verso il cielo, ma senza staccare i piedi dalla terra: “La persona attenta si rivolge (…) anche al mondo, cercando di contrastare l’indifferenza e la crudeltà presenti in esso, e rallegrandosi dei tesori di bellezza che pure esistono e vanno custoditi. (…) Essere attenti ed essere vigilanti sono le condizioni per permettere a Dio di irrompere nella nostra esistenza, per restituirle significato e valore con la sua presenza piena di bontà e di tenerezza” (Angelus del 3 dicembre 2017).

Dio è più forte di tutto

  1. Affermare questi atteggiamenti comporta una lotta, innanzitutto con noi stessi. Anche la pandemia, tra le tante dure lezioni che ci sta impartendo, ci ricorda con crudezza che la vita è una lotta, tutta intessuta di gioia e di dolore, di luce ma anche di buio. In questo senso la vita è un combattimento. In questa lotta il cristiano deve entrare con le armi della salvezza (cfr. Ef 6, 11-16). Papa Francesco, nella prima domenica di Avvento del 2015, dalla Cattedrale del Bangui, affermò che: “Dio è più potente e più forte di tutto. Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità. Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà d’amore e di pace!” (Omelia nella Prima Domenica di Avvento nella Cattedrale di Bangui, 29 novembre 2015).

Camminare nella gioia

  1. In questo cammino, illuminato dalla luce della Parola di Dio, la cosa più importante da realizzare è l’incontro personale con il Signore. Nel dialogo con Lui scopriremo in maniera vivida che siamo suoi figli e fratelli tra noi. Fare questa scoperta è vitale se vogliamo dare vigore alla nostra identità di battezzati e al nostro impegno nel mondo a favore dei più deboli e fragili, che purtroppo restano confinati nelle “periferie esistenziali” costruite dagli egoismi individuali e sociali. Accompagnati dalla Liturgia, utilizzando in tutte le sue possibilità la nuova edizione in lingua italiana del Messale Romano, possiamo riuscire meglio a raggiungere questo obiettivo, tenendo insieme i ritmi comunitari del rito e la dimensione spirituale di un’ascesi personale segnata dalla gioia. Il ritmo liturgico del cammino di Avvento trova nella Parola di Dio delle quattro domeniche il proprio nucleo sostanziale che è caratterizzato da una forte tensione verso la gioia dell’incontro con il Signore che viene. Le letture bibliche delle domeniche di Avvento ci ricordano soprattutto che siamo chiamati ad allenarci nell’attesa della venuta del Signore alla fine dei tempi (I domenica) per imparare dalla figura del Battista a riconoscerlo già presente nel qui ed ora e a testimoniarlo nella gratitudine e nella gratuità (II e III domenica). Nella prospettiva della liturgia d’Avvento anche gli antefatti immediati della nascita di Gesù ci indicano uno stile e una molteplicità di atteggiamenti che devono caratterizzare la vita del cristiano di tutti i tempi (IV domenica). Tutti i brani evangelici delle domeniche d’Avvento, letti nella luce del discepolato e della missione (cfr. EG 24), ci portano a risvegliare la fondamentale vocazione che sgorga dal Battesimo: quella di essere chiamati a realizzare, secondo la logica dell’Incarnazione, in quanto figli, la Parola per la propria salvezza, e per la salvezza di tutti, in quanto fratelli.

La “casa” scuola delle virtù semplici

  1. Il mistero dell’Incarnazione non orienta però i nostri passi verso il Tempio di Gerusalemme, ma ci conduce in una casa, nella casa di Maria di Nazareth (cfr. Lc 1, 26-38). La storia della salvezza si concretizza, per così dire, in una casa (cfr. Lc 1, 26). Anche in questo Avvento 2020, Maria ci invita ad entrare nella sua casa per imparare da Lei a rendere le nostre case luogo fecondo per crescere nella figliolanza e nella fraternità. La casa, perciò, non deve essere vissuta come una fuga dalle nostre responsabilità, ma come fucina di vita nuova, ridiventando il luogo in cui rigustare la bellezza di essere “famiglia” e “piccola Chiesa”! Le restrizioni sanitarie ci impongono di stare maggiormente nelle nostre case per rallentare il contagio, ma non fermiamoci in casa soltanto perché “costretti”, dimoriamo invece in esse per attendere come Maria, da figli e da fratelli, la visita del Signore (cfr. Lc 1, 78), che è già presente nei nostri cuori e attende di uscire attraverso i nostri gesti di fraternità per incontrare chi è in situazioni di bisogno. Con disponibilità di cuore accogliamo il recente invito del Consiglio Permanente della CEI a fare l’esperienza che “le ristrettezze possono divenire un’opportunità per accrescere e qualificare i momenti di preghiera nella Chiesa domestica; per riscoprire la bellezza e la profondità dei legami di sangue trasfigurati in legami spirituali. Sarà opportuno favorire alcune forme di raccoglimento, preparando anche strumenti che aiutino a pregare in casa” (Consiglio permanente della CEI, Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, 22 novembre 2020). Risvegliamo, dunque, in questo tempo di Avvento, l’esigenza di rientrare in casa per crescere con Maria nelle virtù semplici (premura, affabilità, discrezione, bonarietà, generosità, ecc. …) e per imparare da Lei a vigilare, a pregare, a preparare, ad accogliere, a gioire. L’evangelista Giovanni, con un’espressione molto bella e profonda, ci rivela che Dio dona a quanti accolgono Gesù la gioia e la possibilità di essere suoi figli (cfr. Gv 1, 12). Infatti, la vera casa di cui Dio è alla ricerca sono i cuori delle persone. “Accogliere” è l’altra dimensione dell’attesa a cui ci richiama l’Avvento; accogliere è fare spazio. Come Maria, “modello perfetto” della vita cristiana, accogliamo Gesù! A Maria, con le parole di Papa Francesco, diciamo: O Madre, Vergine dell’Avvento, aiutaci ogni giorno con la tua intercessione e con il tuo esempio, a non considerarci proprietari egoistici della nostra vita, a non fare resistenza quando il Signore viene per cambiarla, ma ad essere pronti a lasciarci visitare da Lui, ospite atteso e gradito anche se sconvolge i nostri piani! Donaci, o Madre, ogni giorno di saper scoprire strade nuove per essere discepoli fedeli di Gesù e missionari instancabili del suo Vangelo. Con i Vescovi del Consiglio Permanente della CEI invito tutti a ripetere con l’Apostolo Paolo: “Siate lieti nella speranza, costanti nella tribo­lazione, perseveranti nella preghiera” (Rm 12,12). Buon cammino di Avvento!

Melfi, 27 novembre 2020 – Memoria della B.V. Maria della Medaglia Miracolosa.

+ Ciro Fanelli