COLLEGIO ETIOPICO, VOCE DI SPERANZA

Il 29 gennaio u.s. il Papa ha ricevuto la comunità dell’Istituto che celebra il 150° dalla morte del patrono, san Giustino De Jacobis «Siete segno di speranza per i vostri Paesi d’origine»« Voi siete un segno di spe­ranza, specialmente per la Chiesa nei vostri Pae­si di origine». Lo ha detto ieri Bene­detto XVI, ricevendo in udienza la co­munità del Pontificio Collegio etiopi­co in Vaticano, in occasione del 150° anniversario della morte del loro pa­trono, san Giustino De Jacobis. Una «luminosa figura», come lo ha defini­to il Papa, che dedicò tutta la sua vita al servizio del popolo abissino, e in particolare alla formazione di preti e­tiopi nel contesto «universale» della Chiesa. Per questo, ha aggiunto il Pon­tefice, «sono certo che l’esperienza di comunione vissuta qui a Roma vi aiu­terà anche a portare un prezioso con­tributo alla crescita e alla pacifica con­vivenza delle vostre amate nazioni».
Giustino infatti, ha spiegato Benedet­to XVI, «missionario in Etiopia, nel Ti­grai, prima ad Adua e poi a Guala, do­ve pensò subito a formare preti etio­pi, dando vita ad un seminario chia­mato ‘Collegio dell’Immacolata’, con il suo zelante ministero operò instan­cabilmente perché quella porzione di popolo di Dio ritrovasse il fervore ori­ginario della fede, seminata dal pri­mo evangelizzatore, san Frumenzio». In particolare, egli «intuì con lungi­miranza che l’attenzione al contesto culturale doveva essere una via privi­legiata sulla quale la grazia del Signo­re avrebbe formato nuove generazio­ni di cristiani. Imparando la lingua lo­cale e favorendo la plurisecolare tra­dizione liturgica del rito proprio di quelle comunità, egli si adoperò anche per un’efficace opera ecumenica».
Da qui la riflessione di papa Ratzinger è arrivata a soffermarsi sull’attività del Pontificio Collegio, che sostiene i se­minaristi «nel loro impegno di prepa­razione teologica, spirituale e pasto­rale ». I sacerdoti formati a Roma, è sta­ta quindi la sua esortazione, una vol­ta rientrati nella comunità d’origine o quando accompagnano i connazio­nali emigrati all’estero devono «su­scitare in ciascuno l’amore a Dio e al­la Chiesa». Così, seguendo l’esempio di san Giu­stino, «per voi sacerdoti e seminaristi è tracciata la via della santità» ha prose­guito il Papa; santità che «si colloca quin­di nel cuore stesso del mistero ecclesia­le ed è la vocazione a cui tutti siamo chia­mati ». I santi infatti «non sono un orna­mento che riveste la Chiesa dall’esterno, ma sono come i fiori di un albero che ri­velano la inesauribile vitalità della linfa che lo percorre».
Nonostante il carattere proprio della vo­cazione di ciascuno, ha poi osservato Be­nedetto XVI, «non siamo separati tra di noi; siamo invece solidali in comunione all’interno di un unico organismo spiri­tuale ». Cristo, ha detto ancora, ha «con­quistato la nostra vita». E tuttavia, «non sopprime le qualità caratteristiche della persona». Al contrario, ha concluso, «le e­leva, le nobilita e, facendole sue, le chia­ma a servire il suo mistero e la sua ope­ra ».UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA COMUNITA’ DEL PONTIFICO COLLEGIO ETIOPICO